Come cambia la vita dopo la morte dei genitori

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

Nella vita spesso si vivono vari momenti di impotenza, che inducono stati di sofferenza e disagio. Quando ci si confronta in particolare con il lutto e la morte, tutto diventa più difficile da affrontare e spesso da superare e capire. Ecco perché è importante sapere cosa ci si deve aspettare quando si viene travolti dalla morte, una cosa più forte di noi, che arriva improvvisamente e che invade i nostri pensieri ricolmandoli di paura e sofferenza.

La morte dei genitori è uno degli eventi più dolorosi che accadono durante la vita

Il 23 Ottobre 1896 morì il padre di Sigmund Freud, Jacob. Nella notte seguente al funerale, Sigmund sognò di trovarsi in un locale e di aver letto su un cartello: ‘si prega di chiudere gli occhi’. Vi era nel sogno, raccontato nella Interpretazione dei sogni (1899) una connotazione di auto-rimprovero, molto probabilmente perché Sigmund nutriva dei forti sensi di colpa nei confronti della figura paterna.

I genitori sono speciali e speciale è la nostra relazione con loro

Ci sono sempre stati, sono le prime persone che abbiamo incontrato, il primo affetto. Dalla nascita ciascuno di noi è figlio poiché sin da subito qualcun altro si è preso cura di noi, che altrimenti non saremmo stati in grado di sopravvivere. Questi caregiver nella maggior parte dei casi vengono identificati con i genitori. Ne consegue che nasciamo come figli e questo ruolo ci appartiene finché sono in vita le figure genitoriali. Una volta che viene a mancare il genitore viene così a mancare il figlio, infatti questi ruoli sono complementari e non ci può essere l’uno senza l’altro.

Il lutto per la morte di un genitore è un fatto travolgente in qualunque momento della vita avvenga, anche se la capacità di gestire la perdita varia in base all’età anagrafica e alla maturità emotiva di ogni persona. Dopo la morte di un genitore, nulla sarà come prima. La morte di una persona cara rientra nell’ordine naturale degli eventi pur lasciando una impronta profonda nella nostra psiche. C’è la convinzione che, trattandosi del corso naturale delle generazioni, la morte dei propri genitori debba essere superata con più facilità e costituisca un lutto di portata meno drammatica rispetto ad altri. In realtà, la perdita dei genitori ha delle caratteristiche peculiari e uniche che la rendono particolarmente destabilizzante

I primi cambiamenti avvengono nella stessa famiglia: quando uno dei due genitori viene a mancare si modifica il rapporto con l’altro, ci troviamo a instaurare una relazione con il singolo e non più con la coppia genitoriale, modificando radicalmente gli equilibri. In questo contesto si può rafforzare il rapporto con il genitore ancora in vita oppure possono aumentare le distanze.

Il lutto per la morte di un genitore è un evento travolgente, a prescindere dal momento delle vita in cui avviene e a prescindere dall’età anagrafica del figlio. I sentimenti sperimentati da un figlio che sta affrontando la perdita di un genitore sono contraddittori: si può passare da un dolore profondo alla tristezza, dalla rabbia legata al senso di impotenza al senso di colpa. Da adulti perdere un genitore può far rileggere per la prima volta il proprio passato in maniera inedita, può portare a galla tematiche seppellite che se affrontate possono davvero aiutare a ridefinire un’economia psichica orientata in senso difensivo e permettere una maturazione.

La strada per l’accettazione è molto lunga e talvolta ha anche risolvi psicosomatici

Non è raro che a seguito della perdita di un genitori, nel figlio possano comparire disturbi fisici come nausea protratta (con o senza vomito), emicranie costanti, spossatezza… Sul fronte emotivo si percepisce un senso di vuoto mentre cambia in modo d’approcciare alla vita: il nostro mondo è cambiato perché chi ci ha generato non c’è più.

Il dolore del lutto si affianca a un nuovo pensiero che si insinua nel nostro inconscio: con la morte dei genitori siamo noi i più vecchi e anche la nostra morte diventa più vicina di quanto l’avvertissimo prima. Questa paura è, di solito, inconsapevole e contribuisce a quel senso di confusione durante il quale è difficile riconoscere le emozioni dato che qualsiasi stato emotivo è contornato da un profondo senso di perdita.

Queste sensazioni comuni lasciano spazio a diverse variabili: il modo di accettare una perdita dipende fortemente da come è avvenuta la perdita. Una morte per le cosiddette “cause naturali” è dolorosa, ma lo è ancora di più per un incidente  dove possono prevalere sensazioni di rabbia, frustrazione e ingiustizia. Se la morte è preceduta da una lunga malattia, la situazione è molto diversa rispetto a un decesso improvviso anche se, per quanto tempo abbiamo a disposizione, è impossibile prepararci ad affrontare la morte di una persona amata.

L’importanza degli affetti

La perdita di genitori in età adulta è dura ma può essere affrontata sfruttando la propria rete di affetti e le ben consolidate strutture mentali. Circondarsi delle persone care può farci sentire meno soli e con il tempo ci aiuterà a superare il dolore.

Un bambino non ha altre reti d’affetto se non quella fornita dai propri genitori, ecco perché la perdita dei genitori in età infantile è una situazione così travolgente da poter causare veri e propri traumi. Inoltre i bambini vedono i genitori come persone invincibili, forti… quindi la loro perdita innesca un senso di insicurezza costante che si apre come una crepa nella percezione del mondo.

Mancata consapevolezza

In psicologia, qualsiasi cambiamento deve passare per la consapevolezza. Così, in teoria, per accettare la perdita di un genitore dovremmo capire la morte stessa… niente di più difficile dato che si tratta di uno dei grandi misteri che caratterizza la nostra esistenza.

Ci ritroviamo costretti a dover razionalizzare perché la morte è l’esito naturale della nostra vita e dobbiamo accettarla anche se non abbiamo detto addio, anche se non abbiamo passato abbastanza tempo con la persona amata. I genitori sono il nostro primo amore. Non importa quanti conflitti o quante divergente abbiamo affrontato con o contro di loro: sono i nostri genitori, unici e insostituibili all’interno del nostro mondo emotivo.

Anche se ormai siamo autonomi e indipendenti, possiamo essere colpiti da un senso di colpa nei confronti del genitore deceduto. Questo meccanismo dovrebbe essere affrontato perché molto dannoso per un figlio, soprattutto se il rapporto era basato su un legame di dipendenza emotiva (caso molto frequente).

I meccanismi di difesa: non vivere la perdita

In alcuni casi possono esserci reazioni contrastanti che oscillano tra rabbia acuta e tristezza profonda, vi è una non accettazione della perdita che posticipa il lutto più avanti nel tempo. In casi più rari s’innesca un meccanismo di difesa che non consente di affrontare il dolore.

Alcune persone si rifiutano di dare alla morte di un genitore l’importanza che merita, si tratta di un rifiuto inconscio e non desiderato; un meccanismo di difesa o una negazione nascosta. Tuttavia, quei dolori irrisolti tornano sotto forma di malattia psicosomatiche, paure, ansie, sensazioni di fatica, di irritabilità o di sintomi depressivi.

In alcuni contesti si verifica un appiattimento emotivo e chi dovrebbe affrontare sensazioni di lutto non riesce a provare nulla. L’appiattimento emotivo s’innesca quando l’individuo è reticente a provare qualsiasi sensazione dolorosa ma porta svariate conseguenze come la mancata elaborazione del lutto, sensi di colpa e una dissonanza tangibile.

La reazione alla perdita dipende da moltissimi fattori, inclusa la personalità

Quello che devi sapere prima di tutto è che questo processo ha bisogno di tempo. Qualunque sia la tua esperienza, in questo momento è importante essere paziente con te stesso e non giudicarti o attaccarti per ciò che provi.

Il tuo dolore è tuo e nessun altro può dirti quando è il momento giusto per andare avanti

Permetti a te stesso di sentire le tue emozioni senza giudicarti: è ok essere arrabbiati, è ok non aver voglia di parlare, è ok piangere oppure non piangere. Anche se gli altri non saranno in grado di comprenderti fino in fondo e ti potranno far sentire giudicato, questo è il tuo dolore e puoi permetterti di viverlo come vuoi (evitando di far del male a te stesso o ad altri, sia chiaro).

Ricordati anche che i momenti di serenità non equivalgono al fatto che ora non ti importa più: le memorie e l’amore che hai per i tuoi cari resteranno per sempre. Evita di sentirti in colpa se trovi momenti di maggiore tranquillità, te lo devi.

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A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
Autore del libro Bestseller “Riscrivi le pagine della tua vita” Edito Rizzoli
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