E’ di fatto che non sempre gli amori sono semplici e genuini! Esistono anche gli amori difficili, quelli sbagliati caratterizzati da una grande intensità emotiva che manca di solito nelle relazioni più normali. Le relazioni possono assumere una connotazione patologica, diventando frequentemente problematica e tormentata. Queste relazioni danno vita a un malessere crescente; spesso, infatti, terminano in maniera molto dolorosa, lasciandosi alle spalle rancore, domande senza risposta, silenzio o uno strascico difficile da gestire.
Si tratta di un argomento che suscita curiosità ed interesse poiché riguarda un aspetto molto importante della vita e della salute psicologica di ogni individuo: la capacità cioè di costruire legami sani e gratificanti. L’importanza delle relazioni interpersonali – e di quelle sentimentali in particolare – è grande: Maslow infatti, nella sua piramide dei bisogni (1954), colloca i bisogni che possono essere soddisfatti nell’ambito della vita relazionale e di coppia (definendoli bisogni di Sicurezza, di Appartenenza e di Stima) subito al di sopra di quelli fisiologici.
J. Bowlby (Bowlby, 1989) fu il primo ad occuparsi sistematicamente dell’indissolubile legame che esiste tra relazioni di affetto e amore e dipendenza, studiando la prima e più importante relazione amorosa che gli esseri umani sperimentano: il legame del bambino con le figure di riferimento (la madre in particolar modo), che sviluppa dalla nascita ai primi anni di vita.
Questo legame è di fondamentale importanza (Guidano, 1987; 1991), (Simpson, 1990), (Bretherton & Munholland, 1999), poiché struttura il sistema di riferimento cognitivo, emotivo e comportamentale (definito Modello Operativo Interno- MOI) che guiderà l’individuo adulto nelle interazioni e negli scambi affettivi e relazionali con le altre persone.
Che cosa sono i modelli operativi interni?
Possiamo definirli come una “bussola cognitiva” che ci guida nel mondo influenzando comportamenti, scelte e aspettative. Le precoci esperienze del bambino vengono interiorizzate in un modello cognitivo, una sorta di mappa che guida il comportamento del bambino prima e dell’adulto poi, e che genera aspettative riguardo al mondo.
I modelli operativi interni, dunque, non solo “regolano” il comportamento ma influenzano anche il modo in cui vediamo il mondo. I modelli operativi interni sono rappresentazioni mentali che lavorano a livello inconscio e che ci guidano nella vita. Questi modelli ci forniscono tutte le informazioni sull’immagine del mondo che abbiamo costruito nel tempo. L’influenza delle prime relazioni di attaccamento su quelle successive è spiegata proprio tramite questi modelli che guidano anche in termini di serenità e sicurezza di una persona.
La gran parte delle informazioni che abbiamo su chi siamo, come funziona la vita, come funzionano i rapporti sociali e i legami, sono state codificate mediante le prime relazioni d’attaccamento. Esso inoltre, è in grado di influenzare lo sviluppo della personalità futura dell’individuo. Molte ricerche infatti, hanno mostrato una correlazione significativa tra condizioni sfavorevoli di accudimento genitoriale, stili di attaccamento disfunzionali e successivo sviluppo di disturbi della personalità. Se le prime esperienze con le figure di riferimento sono state positive ed il bambino si è sentito riconosciuto ed accolto, questi svilupperà un sano senso di sé ed una fondamentale fiducia negli altri e nelle relazioni interpersonali.
Viceversa, se il bambino ha sperimentato un vissuto doloroso di rifiuto o abbandono nelle sue prime esperienze di attaccamento (Stili di Attaccamento Ambivalente, Insicuro, Disorganizzato), si troverà a provare emozioni ambivalenti di amore/dolore/rabbia per l’amore non ricevuto e la sensazione di non valere abbastanza da essere amato, che porta con sé la convinzione di dover dimostrare sempre in ogni modo, di essere meritevole di amore e accoglimento. In quest’ultimo caso si andranno a creare i presupposti affinché l’individuo sviluppi una modalità relazionale contraddistinta da dipendenza affettiva.
Quando si è coinvolti in una relazione caratterizzata da dipendenza affettiva, si verificano alcuni sintomi inconfondibili:
- Forte AMBIVALENZA nei confronti del partner: rancore e rabbia si susseguono e sovrappongono ad amore e desiderio
- SENSO DI COLPA
- PAURA DI ESSERE LASCIATI dal partner, abbandonati
- Si vivono ALLONTANAMENTO E DISTANZA CON PAURA, dolore ed disagio soverchianti
- Si teme di mostrare le proprie debolezze per PAURA DI NON ESSERE ACCETTATI
- SENSO DI INFERIORITÀ nei confronti del partner: ci si sente meno validi, interessanti, belli ecc.
- Sensazione di non valere molto, SCARSA AUTOSTIMA
- Profonda GELOSIA (legata da una parte alla scarsa autostima e dall’altra al timore dell’abbandono)
- ANNULLAMENTO DI SÉ e dei propri bisogni per favorire ed accondiscendere il partner
- VERGOGNA di sé
Appare quindi chiaramente quanto sia importante ed influente il legame esistente tra gli stili di attaccamento ed il modo in cui si vivono i rapporti di coppia: infatti, una volta appreso e stabilizzato, il MOI tende a definire le caratteristiche e lo stile delle future relazioni interpersonali. Ci si ritroverà a scegliere ripetutamente partner con caratteristiche simili, a vivere dinamiche di coppia che si replicano con partner diversi, a veder finire le storie per le stesse ragioni, a provare gli stessi sentimenti di fondo (insicurezza, scarsa autostima, eccessiva accondiscendenza, paura dell’abbandono, sentimento di bisogno, gelosia, rabbia ed ambivalenza, scarsa fiducia nell’altro ecc.) con partner diversi e così via.
Ad esempio, un bambino cresciuto con una figura di riferimento (es. la madre) incapace di accoglimento, accudimento e cure costanti ed amorevoli, penserà di no valere l’amore degli altri. Imparerà a non fidarsi, a dover fare tutto da solo, a non mostrare i propri bisogni nel tentativo di negarne la portata, oppure a darsi da fare il più possibile nella convinzione di poter essere amato soltanto se farà il meglio e se darà il minor fastidio possibile. Con ogni probabilità, questo bambino diventerà un adulto caratterizzato da uno stile di attaccamento disfunzionale di tipo Insicuro-Evitante o Insicuro-Ambivalente. Nel primo caso, la distanza emotiva, la scarsa fiducia nell’altro, la paura della fusione e della perdita di autonomia caratterizzeranno le sue relazioni.
Nel secondo caso le relazioni saranno invece contrassegnate dalla dipendenza affettiva: controllo, tendenza alla simbiosi, abnegazione o eccessiva accondiscendenza per timore di essere abbandonati, scarsa autostima, sensazione di dover fare di tutto per essere amati, di non potersi prendere cura di sé autonomamente. Si tende insomma a rivivere, in momenti e con partner differenti, uno stesso copione relazionale, caratterizzato da precisi e ripetitivi aspetti cognitivi (il modo in cui si considera ed interpreta se stessi, l’altro e la relazione), aspetti emotivi (le emozioni prevalenti che si vivono nella relazione: spesso si tratta di paura, insicurezza, ambivalenza ecc) ed aspetti comportamentali (le reazioni ed i comportamenti che si mettono in atto all’interno della coppia), senza riuscire a modificarlo.
Come cambiare i MOI?
Imparare cose nuove è molto semplice, soprattutto in tenera età: è molto più difficile dover disimparare qualcosa che ormai fa parte di noi. Per modificare i propri MOI bisogna anzitutto conoscerli ed esplorarsi a fondo: il primo passo da compiere, dunque, consiste in una presa di consapevolezza. Crescendo, tendiamo a idealizzare il legame materno e le figure genitoriali e questo non fa altro che confermare i nostri modelli interni. Ciò rende più difficile sia il lavoro preliminare di conoscenza sia quello di modifica
Aumentare la propria consapevolezza significa acquisire maggiore libertà di scelta. Siamo tutti il frutto del nostro passato, siamo diventati quello che siamo a causa, (o grazie) alle esperienze che abbiamo avuto in famiglia, con gli amici, a scuola, al lavoro, nelle relazioni. Possiamo però non limitarci a “essere la conseguenza di quello che è stato”, ma regalarci la possibilità di essere semplicemente come siamo. Questo avviene quando possiamo finalmente AGIRE e non solo RE-AGIRE alle circostanze. Se possiamo osservare quello che accade senza “l’urgenza di reagire”, si aprono maggiori possibilità perché iniziamo a vedere quello che prima non potevamo vedere, osservare o riconoscere. La consapevolezza non è una conquista una volta per tutte, ma un processo continuo in divenire che ci permette di vivere la vita con una libertà intensa. Un lavoro forse irrinunciabile.
Domande da porsi per vivere bene in coppia e da single
È necessario avere l’abitudine di porsi domande che sollecitano l’introspezione. Le domande giuste hanno infatti il potere di scuotere le nostre certezze e di porre luce sulle motivazioni che stanno dietro le nostre scelte di vita. Inoltre, esse ci aiutano a ristabilire le giuste priorità, facendo capire cosa conta veramente. Per iniziare, puoi riflettere su queste domande all’inizio di ogni giornata, così avrai tutto il giorno per pensarci.
- Quali sono le cose per cui sono grato/a oggi?
- Come mi prendo cura di me e del mio spazio fisico oggi?
- Con chi voglio connettermi durante questa giornata?
- Cosa ho fatto per migliorare il mio umore?
- Di chi mi sono presa cura oggi?
- Cosa mi motiva maggiormente in questo momento della mi vita?
- Quali sono le persone che mi fanno sentire a mi agio?
- Quali sono le persone che dovrei invece allontanare?
- La paura di sbagliare cosa mi ha impedito di compiere?
- Cosa potrei fare per stare meglio con me stesso?
- Cosa dovrei evitare per non stressarmi?
- Quali sono le cose a cui dovrei dedicare più tempo?
- Quali sono i problemi che continuo a rifiutarmi di affrontare?
- Cos’è che nessuno potrà mai togliermi?
- A cosa non dovrei mai rinunciare?
- Qual è il principale cambiamento che ho bisogno di realizzare nella mi vita?
- Qual è la cosa che ho fatto che mi ha fatto stare bene?
- Cos’è che recentemente ho imparato di nuovo su me stesso?
- Cos’è che dovrei portarmi alle spalle?
- Quali sono le attività che attirano la mia attenzione?
- Se potessi tornare indietro nel tempo e dare un consiglio a me stesso più giovane, quale consiglio mi darei?
- Se potessi tornare indietro cosa cambierei?
- Ok non posso tornare indietro ma cosa dovrei smettere di fare?
- E’ peggio sbagliare o non provarci mai?
- Se la vita è così breve, perché trascorro le mie giornate facendo tante cose che non mi piacciono?
- Sto facendo ciò in cui credo o mi sto adeguando a ciò che faccio?
- Come mi comporto quando qualcuno mi critica o penso mi critichi?
- Vale la pena stare male a causa delle critiche altrui?
- Qual è quella cosa che ancora non ho fatto e che vorrei davvero fare? Cosa mi ha impedito di farla finora?
- Sono ancorato a qualcosa che forse dovrei lasciare andare?
- La mia più grande paura si è mai realizzata?
- Vale la pena stare male per qualcosa che magari potrebbe non succedere?
- Cosa farei di diverso se sapessi che nessuno mi sta giudicando?
- Quando è stata l’ultima volta che ho prestato attenzione alle cose intorno a me?
- Sto facendo le mie scelte o sto permettendo ad altri di scegliere per me?
- Mi è mai capitato che una relazione iniziasse a peggiorare per motivi che io non ho compreso?
- Mi è mai capitato che una relazione finisse in modo per me inaspettato?
- Ho bisogno di qualcuno o qualcuna che mi completi?
- Essere single mi da modo di dedicarmi a ciò che più amo?
- Ha senso stare insieme a qualcuno o qualcuna per paura della solitudine?
Il risultato delle domande
Com’è andata? Non è stato semplice, vero? Lavorare su noi stessi è abbastanza complesso e richiede molta concentrazione. Soprattutto quando non si è abituati, rispondere a determinate domande può davvero destabilizzare. Probabilmente alcune domande ti sono risultate antipatiche o scomode, ma ricordati che sei qui per migliorare la tua crescita personale e soprattutto per vivere una vita felice e appagante. Per farlo devi prima conoscere te stesso. Non avere paura e ricordati che l’essere poco capace, poco intelligente, poco attraente è solo un limite che esiste nella tua testa. Tu sei più che abbastanza….tu sei TU con la tua unicità! Ed ora la domanda più importante vorrei io farla a te: Ti vuoi bene? Alla fine di tutto, quello che siamo e non siamo, la sola cosa che conta è l’amore per noi stessi.
Non c’è niente di sbagliato nel dare valore a se stessi e ai propri bisogni. Dobbiamo solo imparare a farlo. Le consapevolezze sono le più belle conquiste che possiamo fare, talvolta arrivano spontaneamente con l’esperienza ma intanto gli anni passano e i rimpianti rischiano di accumularsi. Ecco perché le “nuove consapevolezze”, sono il tema centrale del mio libro «d’Amore ci si Ammala, d’Amore si Guarisce», un manuale di psicologia che ti consentirà di vivere a pieno, acquisendo nuove consapevolezze. Puoi trovare il pluripremiato libro in qualsiasi libreria d’Italia o su Amazon, a questo indirizzo Ecco! Io, il libro che tanto cercavi l’ho scritto. Il resto sta a te ❤
A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
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