In famiglia impariamo ad amare, perché riceviamo calore, attenzioni affettive che aprono la strada agli scambi emotivi con l’altro. Se l’amore che abbiamo sperimentato è stato in qualche modo insoddisfacente, traumatico, o vissuto come tale, le conseguenti ferite possono adombrare e ripercuotersi sula vita affettiva futura. Il problema delle esperienze “difficili”, se non affrontate ed elaborate, è che tendono a riprodursi nel tempo, poiché la mente, attraverso il meccanismo della ripetizione, tenta di affrontare, simbolizzare e “mettere ordine” in ciò che è accaduto.
La relazione tra la prima infanzia e la vita adulta
Mentre è vero che l’esperienza dell’infanzia è diversa da bambino a bambino … ci sono comunque conseguenze ampie e documentate che possono essere fatte sull’effetto delle esperienze vissute da ciascun bambino. Gli anni della prima infanzia sono un periodo di rapido cambiamento nel cervello dei piccoli. In questo periodo si formano connessioni di rete complesse a ritmi sempre più veloci. La formazione dei neuroni del cervello, un processo noto come mielinizzazione, è completata all’80% dall’età di quattro anni. In altre parole, il cervello del futuro adulto è completato quasi interamente.
La famiglia è, per tutti, la prima palestra di sopravvivenza
Crescere un bambino è un intervento delicato e complesso che richiede non solo conoscenze tecniche, ma soprattutto attenzione, sensibilità, capacità creativa. Significa aiutare un figlio a sviluppare le sue potenzialità e a diventare indipendente. E’ difficile ammettere di non sapere fare il genitore. Eppure è una cosa che succede molto più spesso di quanto dovrebbe. Ed è sufficiente guardare un bambino non amato per individuare quelle tracce indelebili lasciate dalla mancanza d’affetto.
Ecco che, in questi contesti, il bambino nasce e cresce non sentendo intorno a sé e verso di sé quell’amore gratuito, quel “ti amo soltanto perché sei tu, così come sei, senza dovermi dare nulla in cambio“. Ed è in questo modo che il bambino diventerà adulto con la convinzione di non essere amabile, degno di quell’amore gratuito che solo una mamma e un papà possono dare. Accade così che le persone che hanno dentro di sé questa ferita si sentano inadeguate, sbagliate, fuori posto. Sempre!
E’ importante comprendere che le ferite non sono avvenimenti straordinari che colpiscono solo i più sfortunati, come per esempio la morte prematura e tragica di un genitore, o un padre violentatore, o la madre alcoolizzata. Ferita è tutto ciò che in famiglia accade non in sintonia con la sensibilità del bambino. E’ proprio indagando sulle proprie ferite che si scopre, per esempio, che ci sono molti modi e molte gradazioni e sfumature nell’abusare di un bambino o nell’usargli violenza, magari i più tanti di noi hanno subìto soprusi velati, forse così reiterati nel tempo dall’abitudine, da diventare la normalità.
La mancanza di affetto da bambino ti ha fatto diventare l’adulto che sei oggi
Le conseguenze della mancanza di affetto sono innumerevoli e diverse da individuo a individuo anche per aspetti individuali che possono incrementarle o ridurle, tuttavia sicuramente l’assenza di amore nelle sue diverse forme, lascia un segno e compromette l’immagine di sé, l’autostima e le relazioni nel corso della vita.
Ogni bambino che è cresciuto senza le cure dei genitori ha sviluppato le sue strategie per “evitare” e ha imparato a zittire i suoi bisogni fino a ignorarli completamente. E’ mancata anche una sana identificazione… è chiaro che le ripercussioni sono eclatanti e si fanno sentire in ogni ambito della vita.
Crescere in una famiglia disfunzionale significa non imparare a conoscersi, non poter sviluppare un vero sé perché ciò che sei diventato è il frutto di rappresentazioni mentali che nel tuo contesto famigliare di origine funzionavano ma non funzionano oggi, nella tua vita da adulto; non funzionano perché nelle relazioni non possono garantirti un rapporto gratificante. Ecco la decisione, TUTTA TUA, che ti marchia come “colpevole ed immeritevole d’amore” ma che ti porta ad avere fame di amore…quella fame che ti tormenta e ti spinge a soddisfarla in qualsiasi momento.
Aspettative nella relazione di coppia
Tutti noi abbiamo un nostro modo in cui amiamo che molto spesso coincide con il modo in cui vorremmo essere amati. Quando nasce un amore, il suo percorso, la sua accelerazione o i suoi svariati intoppi o possibili decessi non possono essere disgiunti dalla storia affettiva ed emotiva di entrambi i protagonisti della coppia. La coppia è molto di più della semplice somma delle sue parti. L’incontro tra due persone è un alchemico percorso, frutto del passato di ognuno di loro, del loro presente individuale e di coppia e delle loro più segrete aspettative di vita futura.
È il modo che conosciamo, che ci è familiare, che recepiamo istintivamente: lo applichiamo alle altre persone importanti della nostra vita e in qualche modo ci aspetteremmo, il più delle volte inconsciamente, che anche gli altri lo applicassero con noi. Non per scelta o perché lo reputiamo il modo migliore in assoluto, ma perché è l’unico che concepiamo, che abbiamo direttamente o indirettamente vissuto, che funziona per e con noi.
Il caso clinico di Maria…per rendere meglio il concetto
Maria non è stata mai amata dai genitori. Ha fatto di tutto per richiamare la loro attenzione: ha urlato, distrutto i mobili della sua camera, ha preso brutti voti a scuola, li ha presi belli, ha ricevuto un premio per il miglior tema. Nulla ha scalfito l’indifferenza dei suoi genitori. Erano sempre concentrati a parlare di soldi, a lavorare, a litigare, a fare le loro cose… Maria si sentiva un soprammobile, un oggetto abbandonato. La mancanza d’amore dei genitori di Maria non potrà mai essere cancellata. Tale ferita si è tradotta in bisogno esasperato di amore senza condizioni. Oggi, Maria sposta questa sua richiesta sulla figura di riferimento più vicina: il partner di turno!
Maria è adulta ormai, ma le sembra di rivivere sempre lo stesso copione esistenziale; si sente bisognosa, dipendente… si sforza continuamente di ricevere amore, non soltanto da papà e mamma, ma da ogni persona che riveste una qualche importanza. Agisce verso se stessa e nei confronti di quelli che ama, con quello che ha imparato: il disamore. Ha difficoltà a relazionarsi, a empatizzare; la sua frustrazione maggiore è proprio quella di avere un bisogno e non sapere qual è. Proprio cosi! Perché un bambino che ha sperimentato l’assenza d’amore, da adulto non sarà mai capace di “amarsi”, “amare” e, soprattutto, “lasciarsi amare”.
Maria rappresenta tutti quei “bambini non amati”, quei bambini cresciuti senza un solido legame affettivo. Non occorre intenzionalità malevola da parte del genitore perché il bambino non si senta amato. Può sentirsi trascurato perché il papà e la mamma sono troppo impegnati col lavoro o, peggio, con il circolo del bridge…..La mancanza di affetto vuol dire anche avere avere genitori poco attenti o disponibili.
“Non mi amo e penso di non saper amare”
Non sentirsi amati è qualcosa di diverso da non essere amati. A chi prova la dolorosa sensazione di non sentirsi amato, non è sufficiente sapere che chi ha intorno lo stima, tiene a lui, gli vuole bene. Al centro di questo disagio emotivo non c’è nessuna alterazione della realtà: chi non si sente amato sa di essere ben voluto. Però, non si sente speciale per nessuno.
È una forma di dolore psicologico bruciante, perché riguarda uno dei bisogni più intimi dell’essere umano. Ed è bruciante perché il non sentirsi amati fa percepire se stessi incapaci a suscitare l’amore altrui e immeritevoli d’amore! «Se scomparissi, nessuno se ne accorgerebbe.». «Qualcuno all’inizio se ne dispiacerebbe, ma poi tutti se ne farebbero una ragione…» È una convinzione che molte persone senza una relazione stabile finiscono per crearsi.
Non siamo tutti uguali di fronte all’attitudine ad amare e amarci
Alcune persone non hanno neppure bisogno di fare una simile affermazione, il loro atteggiamento parla al posto loro. Alcuni imprinting precoci legati alla carenza di affetto possono accompagnarci per molto tempo se non abbiamo la possibilità di liberarcene. Ma divenuti adulti possiamo metterci in gioco per sanare ferite, migliorarci e fare concreti passi avanti nel riuscire ad amare di più e meglio.
E’ importante che ciascuno ripercorra la sua storia, tornando in quel luogo e in quello spazio interiore in cui …. il bambino ha addosso i calzoncini, sta mangiando pane e cioccolata, guarda i cartoni in tv e la mamma arriva coi bigodini in testa e lo sgrida…. Tanto più sappiamo aprirci alla particolarità del vissuto, tanto più la nostra guarigione sarà effettiva perché sarà un’esperienza, non una nozione o un concetto o una costruzione. Infatti, così come la ferita è un’esperienza, altrettanto la guarigione deve essere un’esperienza.
Ci sono confini negoziabili e altri assolutamente non negoziabili
Occorre avere ben chiaro cosa accettare, perdonare e a cosa rinunciare nella relazione, e cosa invece considerare come intollerabile e indicativo della necessità di riconsiderare gli equilibri, i ruoli o la continuazione del rapporto.
I compromessi sono una buona cosa, quando non portano a violare la propria dignità, i bisogni fondamentali e i valori personali per accontentare le richieste dell’altro. Tollerare l’intollerabile con la speranza che l’altro cambi, capisca o ci resti accanto a tutti i costi non è un compromesso sano, anzi insegna all’altro che si è disposti a tollerare sempre di più mancanze di rispetto, considerazione o peggio.
Chi non ti rispetta non ha a cuore te
Per imparare a prendere le distanze occorre rispettare il proprio sentimento e le proprie emozioni tanto quanto i propri reali desideri e bisogni, dire “no” quando è NO che sentiamo: ad esempio non accondiscendere a incontri o intimità solo “per far andare bene le cose”.
Anche se hai paura di perdere la persona che ti piace o che ami chiedendole di essere all’altezza dei tuoi standard, la verità è che rendere chiare le tue necessità e non accettare compromessi, è l’unico modo per essere rispettato e avere delle relazioni felici.
Se non chiedi, niente ti sarà dato. Se non agisci, niente cambierà
La tua persona continuerà a pensare che a te sta bene la situazione e continuerà a comportarsi come ha sempre fatto. Sei tu che decidi cosa vuoi e sei solo tu ad avere la possibilità di dire no agli atteggiamenti degli altri. Devi solo conoscere il tuo valore e capire che chi non ti da la giusta importanza, chi non ti rispetta, non è una persona da tenere nella tua vita.
È dentro di te che troverai l’ascolto, la comprensione, l’amore, la considerazione e la stima mancati
È con i tuoi occhi che potrai dire «wow». Non ci sarà nessuno da stupire, le bellezze che ti porti dentro non dovranno essere “scoperte” da nessuno se non da te stesso! Se hai voglia di iniziare questo cammino, ti consiglio la lettura di due manuali di psicologia.
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Sono i libri che io stessa avrei voluto leggere ancor prima di laurearmi in psicologia. Manuali perfetti per imparare a conoscersi e guardarsi per ciò che si è e non più per come ti hanno fatto sentire.
A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
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