Come i social cambiano il nostro cervello

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

Nonostante siano un fenomeno nuovo e le conseguenze sul lungo periodo siano ignote, gli esperti cominciano a capire come Facebook, Instagram e i social in generale stiano influenzando il nostro cervello. Per cercare di comprenderne meglio le ripercussioni sulla mente umana, infatti, gli scienziati hanno iniziato a studiare gli effetti che i social hanno sul nostro modo di pensare e ragionare.

Le ipotesi sono tante e vasto è il campo di indagine. Recenti studi psicologici, psichiatrici, pedagogici e di neuroimaging hanno esaminato diverse ipotesi chiave su come Internet potrebbe cambiare e influenzare la nostra cognizione

L’era degli iperconnessi

Nell’era dei social, degli smartphone e dei tablet, l’epoca dell’essere connessi sempre e ovunque, qualcosa sta cambiando nel nostro cervello: alcune aree cerebrali risulterebbero potenziate mentre altre facoltà si starebbero indebolendo. Nello specifico sta influenzando la nostra capacità di attenzione, minacciata dalle continue notifiche, ma anche la memoria e come gestiamo le interazioni sociali: ecco cosa c’è da sapere sugli effetti di internet sul nostro cervello.

Gli effetti dei social sul cervello

Un terzo della popolazione mondiale condivide pezzi di vita su Facebook, Twitter, Instagram: quali conseguenze hanno il tempo speso online e le interazioni social sul nostro cervello e comportamento? Secondo gli scienziati, la prima conseguenza dell’uso prolungato di Internet è la frammentazione dell’attenzione. Che significa?

Una cosa banalissima: la distrazione continua, data dall’arrivo di notifiche sul cellulare, il controllare costantemente i social network, aprire la casella di posta elettronica ogni tre per due: sono tutti elementi che costringono a interrompere continuamente l’attività, lavorativa e non solo, nella quale si è impegnati, generando, così, non solo la perdita di concentrazione ma soprattutto situazioni di stress e nervosismo.

Si attiva così un complesso multitasking che porta a rallentamenti, cambi di rotta, intervalli, perdita del filo. Mente, chi dice di non essere multitasking per giustificare la propria incapacità di portare avanti più di un’attività, se poi naviga costantemente in rete. Chi si distrae continuamente da quello che sta facendo, ottiene risultati peggiori e in tempi più lunghi. In questo, l’esposizione a Internet non è una buona cosa.

In pratica, affidiamo a queste piattaforme il compito di ricordare per noi, quindi la corteccia cerebrale è meno spessa, più stanca e meno allenata, e questo compromette le nostre capacità di apprendere. Una ricerca condotta dall’Università del Sussex su un campione di 75 persone di 25 anni sul multitasking, abilità e capacità acquisita dalle ultime generazioni, ha mostrato che la quantità di materia grigia era minore su 40 di loro dopo una risonanza magnetica. Insomma essere multitasking non sarebbe sinonimo di maggiore intelligenza, anzi sembrerebbe il contrario.

L’effetto internet sulla memoria

L’effetto social riguarda anche la memoria: quella a lungo termine diventa più difficile da recuperare quando la disponibilità di informazioni in rete è pressoché infinita. Dunque quella individuale si impigrisce se per le informazioni si dipende da un “archivio” esterno alla nostra mente.

La connettività funzionale di aree del cervello, come il giro temporale, coinvolto nella formazione della memoria a lungo termine, si riduce così come diminuisce anche la sincronizzazione di alcune aree cerebrali, sempre coinvolte nella formazione della memoria.

L’esposizione digitale del cervello agisce anche sull’amigdala: piccola formazione a forma di mandorla situata vicino al lobo temporale e implicata nelle emozioni e nelle relazioni sociali. Esiste una correlazione tra le dimensioni dell’amigdala e l’ampiezza delle relazioni sociali di un individuo. Questa correlazione, si è visto, vale anche per le “relazioni” attraverso i social network.

Sindrome da vibrazione fantasma

Aspetta, mi è vibrato il cellulare! Ah no, me lo sono sognato“: è una frase che vi capita di pronunciare, o sentire, sempre più spesso? In effetti uno studio ha dimostrato che l’89% degli intervistati prova questa sensazione una volta ogni 15 giorni.

Il fenomeno, in aumento, sembrerebbe dovuto al fatto che i smartphone e tablet, complice l’utilizzo dei social, ci seguono ormai dappertutto e sono divenuti appendici di mani e tasche. Vengono così interpretati come “arti fantasma” dalle aree del cervello che analizzano le sensazioni tattili (come la corteccia somato sensoriale). Finiscono così per interferire con le nostre percezioni tattili

Dipendenza da social

Il 5-10% degli utenti online è incapace di controllare il tempo trascorso sui social. Le scansioni cerebrali di queste persone rivelano danni nelle stesse aree colpite nel cervello di chi fa abuso di droghe: si nota una degradazione della sostanza bianca nelle regioni che controllano le emozioni, l’attenzione e i processi decisionali. La ragione è da ricercare nell’appagamento immediato, con poco sforzo, offerto dai social media, che fa sì che il cervello sviluppi dipendenza dagli stimoli da essi offerti.

Ma come i social diventano una droga?

La responsabile è la dopamina, la stessa molecola coinvolta nelle dipendenza da nicotina e cocaina. Raggiungendo piccoli obiettivi, un certo numero di like o di follower per esempio, il cervello rilascia dopamina, l’ormone del piacere e dell’appagamento.

Questo genera un ciclo compulsivo, che spinge il nostro corpo a volerne sempre di più. L’ottenere una ricompensa immediata senza eccessivo sforzo induce il cervello a desiderare fortemente queste eccitazioni neurologiche date da una interazione o da un like.

Si sopravvive ai social?

Ogni volta che mettiamo il piede fuori casa nel nostro cervello scatta la paranoia: “ma ci sarà il wi-fi nel locale?”. Tutte le volte che un imprevisto ci fa stare fuori casa abbiamo solo una preoccupazione: “ma la batteria resisterà? Forse dovrei togliere il traffico dati così da avere più energie per candy crush”; insomma oggi siamo dipendenti da internet e dai social, non ne possiamo fare a meno. Alcune ricerche hanno svelato che c’è un legame tra l’uso dei social e il nostro cervello, che rischia di trasformarsi e cambiare il suo apparato interno.

Correlazione tra social e disturbo del comportamento alimentare

Uno studio del 2013 su ragazze tra i 13 e i 15 anni di età ha riscontrato che l’utilizzo costante di Internet e dei social aumenta le difficoltà di accettazione del proprio corpo (Tiggemanni, 2013). Ancora di più, è stata riscontrata l’importanza di esporre immagini del proprio corpo online che risultassero all’altezza della realtà virtuale, aumentando in tal senso il livello di ansia e frustrazione (Meier & Gray, 2014).

Secondo Russo (2019) vi sono dei collegamenti tra l’uso di social media come Instagram e l’aumento di DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare) in adolescenti e persone che utilizzano i social per vedere foto e informazioni sull’aspetto fisico. Le immagini sui social media, molte delle quali sono alterate, giocano un ruolo nel modo in cui si cerca la validazione, spesso legando il proprio valore a quanti “mi piace” e commenti si ricevono.

Attenzione speciale per i bambini

Più a rischio di tutti sono i bambini, il cui cervello è in fase di sviluppo, gli esperti a questo proposito consigliano infatti di non esporre i più piccoli, tra i 2 e i 5 anni, ad internet se non per meno di un’ora al giorno. Per i più giovani, sono maggiori le probabilità di andare incontro a problemi a causa dell’utilizzo di internet: nel loro caso infatti dobbiamo considerare che sono più esposti, ad esempio, al cyberbullismo, ma anche allo sviluppo di comportamenti dipendenti.

Questo non significa dovremo smettere di seguire i social  però è bene sapere che alcune ricerche hanno dimostrato che il progredire delle tecnologie sta compromettendo alcune facoltà del nostro cervello

A cura di Ana Maria Sepe, psicoanalista
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