Come insegnare l’autodisciplina ai bambini

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor
Le minacce e le punizioni sono i metodi più distruttivi per lo sviluppo del bambino che ha bisogno di punti di riferimento e di sicurezza.

Uno dei regali più belli che i genitori possono fare ai figli è educarli all’autodisciplina. Molti genitori adottano modelli educativi disfunzionali; credono ancora che la disciplina vada imposta con le minacce. Frasi come “se non obbedisci il lupo ti mangia” o “Se continui a comportarti in questo modo ti butto i giocattoli” sono all’ordine del giorno.

I genitori hanno di fronte delle persone che meritano di essere ascoltati. Disciplinare un bambino significa instaurare un dialogo costruttivo. Non si deve pensare che siano troppo piccoli per le spiegazioni. I bambini assorbono tutto. Capiscono lo stato d’animo dei grandi. La mimica facciale, o il tono della voce li aiutano a comprendere che il genitore è comprensivo o è troppo arrabbiato con loro.

Perché le minacce producono un effetto opposto a quello desiderato?

Se ti chiedo di “non pensare a un pappagallo verde” succede che istantaneamente il tuo cervello crea l’immagine del pappagallo verde per poi reagire all’ordine e cancellare quell’immagine, sostituendola con altre. Questa facoltà di creare immagini, processare informazioni, per poi cancellare le immagini, si sviluppa durante la crescita. I bambini non sono dei “piccoli uomini”, hanno un sistema nervoso immaturo con una capacità limitata di processare informazioni. Pertanto, i bambini non riescono a processare e cancellare immagini a “comando”. Le raccomandazioni che iniziano con un “NON”, per esempio “NON correre…” attecchiscono con molta difficoltà.

Se diciamo ad un bimbo, appunto, “NON correre, ‘ché cadi”, il suo cervello registrerà solamente la parte “CORRERE”, in quanto incapace di cancellare il comando inviato con la parola “NON”. Quindi il bambino correrà. E’ scientifico. Provare per credere.

Inoltre le minacce aumentano agli occhi del minacciato il valore di ciò che viene “proibito”, rendendo la tentazione ancor più forte. In pratica, evidenziare le conseguenze negative dell’infrangere le regole ha un effetto boomerang, diventa una sfida che stimola la curiosità infantile.

Un bambino abituato alle minacce o alle punizioni non diventa migliore!

Una minaccia fa sentire meglio chi la dice, dato che scarica tutta la tensione accumulata fino a quel momento. La maestra di fronte a una classe rumorosa che non ascolta non fa la cosa giusta se si arrabbia o decide che nessuno uscirà in cortile per la pausa. Un genitore che minaccia il poccolo o gli stoglie i giocattoli per mandarlo a letto a suon di sberle (magari perché stressato), non fa altro che generare malumore.

Anche le punizioni, dunque, vanno dosate! Il bambino deve sapere che il suo comportamento, se sbagliato, avrà delle conseguenze…Ma meglio aggiungere un compito anziché togliere al bambino qualcosa. Preferire sempre la“punizione educativa”, a quella punitiva, che mortifica il bambino e lo irrita ulteriormente. (Nel prossimo articolo approfondirò l’argomento “Punizioni educative”)

Come sviluppare l’autodisciplina nei bambini?

Ogni bambino ha bisogno di approvazione e lodi ma anche di regole, limitazioni, divieti. Senza L’AUTODISCIPLINA rischia di crescere allo stato brado, convinto di poter agire e fare tutto ciò che vuole; e quando la vita lo porrà di fronte alle difficoltà, potrebbe sentirsi impreparato e incapace davanti agli ostacoli.

Insegnare ai bambini ad “autodisciplinarsi” è un’arte, un compito delicato e complesso che richiede attenzione, sensibilità, capacità creativa. Significa aiutare un figlio a sviluppare le sue potenzialità e a diventare indipendente. Vuol dire adoperarsi per far emergere la personalità del bambino rispettando le sue caratteristiche. Come fare? Ecco alcune strategie per aiutare i bambini a sviluppare l’autodisciplina.

Usare termini positivi

Ai bambini bisogna sempre parlare con termini diretti, attivi e positivi. Vanno evitate tutte le espressioni poste in termini negativi (“Non fare questo…., non fare quello…., non fare quest’altro….”). Per esempio è più produttivo dire al bambino “Vai piano” piuttosto che “Non correre“. Il suo cervello registrerà: “piano”. O anche “Cerca di essere gentile ed educato” invece di “non fare dispetti“.

I bambini non hanno la facoltà “fisica” di eseguire i “NON…..” e quindi le loro azioni e reazioni dipendono in grandissima parte dalle parole che i genitori -in primis- rivolgono a loro.

Chiedere loro il permesso

Altra chiave molto importante per rivolgersi ai più piccoli è quella di chiedere loro il permesso. Per esempio: “Mi permetti di abbracciarti forte forte?” Un bambino è naturalmente generoso e tenderà ad acconsentire ad ogni richiesta che lo metta nella condizione di dare un consenso, di esprimere la sua importanza come persona. Altro esempio: “Mi aiuteresti ad apparecchiare la tavola, per cortesia?” Funziona molto meglio di: “Aiutami ad apparecchiare la tavola!”.

Fare in modo che tengano a mente l’obiettivo

L’obiettivo non è che il bambino segua rigorosamente una serie di regole che i genitori gli hanno imposto, ma essere in grado di regolare il proprio comportamento, discernendo tra ciò che è buono e ciò che non lo è. Pertanto, una regola non dovrebbe essere un semplice divieto, ma deve essere compresa e assimilata, in modo tale che il bambino capisca che cosa ci si aspetta da lui.

Mostrare le conseguenze

Il fatto che non si dovrebbero usare minacce non significa che i genitori non dovrebbero rendere esplicite le conseguenze. In realtà, i bambini hanno spesso difficoltà a capire la portata delle loro azioni, per questo è necessario che gli adulti mostrino loro le conseguenze. In questo caso, cerchiamo di essere il più chiari possibile, per esempio, invece di dire “se fai male a tuo fratello ti punisco” diciamo piuttosto “Fai attenzione al tuo fratellino,  potresti fargli del male e io starei molto male”.

Parlare con un tono neutro

Quando a un comportamento non viene prestata attenzione questo finisce per perdere valenza. Allo stesso modo, quando il bambino riceve delle minacce e nota un certo grado di eccitazione nei genitori, la sua attenzione si sposta verso ciò che gli viene proibito. Pertanto, è consigliabile non accentuare emotivamente la proibizione, cercando di mantenere un tono fermo ma neutro, che non riveli nervosismo o aggressività.

Creare delle esperienze dirette creando delle reazioni

Nulla di ciò che dicono i genitori si perde, ma tutto viene immagazzinato e riutilizzato dai bambini in un secondo momento, associando le indicazioni ricevute all’esperienza diretta.  E’ completamente sbagliato pretendere che un bambino ci ascolti semplicemente ripetendo una, due, tre volte lo stesso comando; è invece più efficace provare a scatenare in loro una reazione. La cosa migliore è fare in modo che le azioni che vengono chieste non richiedano uno sforzo mentale particolare, ma un confronto pratico con la realtà.

Esempio: “Metti il cappotto altrimenti ti ammali? Frasi del genere non possono rivelarsi mai efficaci; in questo caso il bambino non ha alcun confronto immediato per poter elaborare il concetto “mi ammalo”. Bisogna insomma dire una frase del tipo “So che non vuoi prendere e indossare il tuo cappotto adesso, ma quando tra cinque minuti avrai freddo, ricordati che potrai trovarlo nella tua cameretta“. Cinque minuti senza cappotto, specialmente in certe serate d’inverno, possono scatenare un raffreddore. Ma il cammino verso la crescita vale almeno qualche starnuto.

Vorrei concludere citando una frase di Oscar Wilde: “Il modo migliore per garantire che i bambini siano buoni, è renderli felici”.

A cura di Ana Maria Sepe, psicoanalista
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