Come reagisce il cervello quando ascoltiamo musica

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

Nel 1928 venne prodotto il film “Light of New York”, oggi considerato il primo film “parlato” della storia. Prima di questa data, nella cinematografia i film erano muti e l’unico contributo auditivo disponibile erano delle tracce musicali che accompagnavano la sequenza delle immagini. Nella maggior parte dei casi, queste tracce venivano composte appositamente per ciascun film e l’idea alla base della composizione era che dovessero in qualche modo riprodurre acusticamente le sensazioni che le immagini volevano trasmettere.

Per questo motivo, scene di azione erano accompagnate da ritmi incalzanti e tamburi mentre le scene romantiche venivano affiancate da arpe e violini in melodie dolci. I musicisti che si approcciavano a questo lavoro disponevano di una vera e propria lista in cui ogni emozione che si desiderava suscitare era associata ad una serie di musiche, stili e strumenti e da cui prendere spunto. L’avvento del dialogo non ha comunque sostituito la musica: il fatto che venga assegnato un Oscar alla miglior colonna sonora testimonia l’importanza che ancora oggi la musica ha nei film.

Perché il motivetto di “Psycho” o la colonna sonora de “Lo Squalo” ci rendono inevitabilmente ansiosi e impauriti? Perché non troveremo mai composizioni con bassi dissonanti e striduli in un cartone animato per bambini? Tutte queste domande sono figlie di una domanda più grande. Perché la musica è capace di influenzare così profondamente le nostre emozioni?

Come si comporta il nostro cervello quando ascoltiamo una canzone

Per capire quale può essere l’influenza della musica dobbiamo fare un breve viaggio alla scoperta del nostro cervello e del suo funzionamento. Il suono è un fenomeno fisico, è la sensazione prodotta dalla vibrazione di un corpo in oscillazione che si propaga nell’aria.

Non esiste un centro cerebrale della musica

L’informazione è elaborata in diverse aree, a partire dalla corteccia uditiva primaria che
permette allo stimolo di arrivare alla coscienza. In contemporanea si attivano:

  • le regioni del linguaggio
  • la corteccia motoria e il cervelletto, legati al movimento
  • l’ipotalamo e l’amigdala,
    coinvolti nelle emozioni legate
    all’ascolto
  • l’ippocampo, centro della
    memoria.

Quando ascoltiamo una canzone, la fase dell’ascolto si divide in due parti. Inizialmente si attiva la fase dell’udire che è un fenomeno periferico legato all’orecchio e al nervo acustico.

Secondariamente, passando attraverso il talamo, il suono raggiunge il lobo temporale e da qui coinvolge il nostro sistema nervoso con le funzioni psichiche che gli sono proprie. A questo punto si dice che il suono musicale è stato “intellettualizzato”.

Il nostro sistema nervoso è costituito da cellule, i neuroni, che comunicano fra loro attraverso dei neurotrasmettitori, piccole vescicole che restano inerti all’interno dei neuroni finché non sopraggiunge un impulso emotivo. A questo punto vengono rilasciate e vanno ad interagire con i neuroni limitrofi trasformando l’impulso nervoso iniziale in una risposta cellulare specifica.

Ora il nostro cervello è in grado di distinguere il linguaggio dalla musica così che, durante l’ascolto, agisce servendosi di due sistemi neurali separati per il riconoscimento della melodia e per il significato delle parole.

Quando ascoltiamo un brano, si attivano i due emisferi del cervello

Quello sinistro (che si occupa della parte logica) si concentra sul linguaggio, quello destro (che gestisce le funzioni più intuitive) sulla parte musicale, creando connessioni fra loro. La parte destra del cervello attiva l’immaginazione dando vita alle emozioni più diverse, mentre la parte sinistra analizza aspetti quali la struttura del brano e le parole della canzone.

Interessante notare come alcuni studi hanno rilevato che i musicisti percepiscono la musica in due modi differenti a seconda delle intenzioni che guidano il loro ascolto. Se vogliono lasciarsi trasportare dal suono ascolteranno, in modo inconscio, con l’emisfero destro. Se invece vogliono analizzare la melodia da un punto di vista tecnico, l’emisfero sinistro prenderà il sopravvento.

Entrambi gli emisferi traggono benefici dalla musica

Se ci concentreremo maggiormente sulla parte sinistra, questi si manifesteranno in miglioramento della memoria, della motricità, del senso del ritmo, della coordinazione corporea. Se invece ci concentreremo maggiormente sulla parte destra, otterremo un maggiore sviluppo dell’immaginazione, un miglioramento della creatività e una maggiore armonia.

Cosa succede nel nostro cervello. Lo studio

Alcuni neuroscienziati francesi hanno scoperto con l’utilizzo dell’elettroencefalogramma, che quando si verificano i brividi causati dalla musica, questi si legano a diverse regioni del cervello che generano meccanismi di ricompensa e piacere. Lo studio pubblicato su Frontiers in Neuroscience, ha coinvolto diversi studiosi dell’Université de Bourgogne e dell’Université de Franche-Comté i quali hanno scansionato il cervello di 18 partecipanti che provavano regolarmente brividi ascoltando la musica preferita.

I partecipanti hanno ascoltato 15 minuti di estratti da 90 secondi dei loro brani musicali preferiti e durante l’esperimento è stato chiesto loro di valutare in modo soggettivo il piacere che provavano, indicando soprattutto quando provavano brividi. I 18 volontari, tra cui 11 donne e 7 uomini, hanno segnalato ben 305 brividi, per una durata media di poco meno di 9 secondi.

Quando i partecipanti avevano i brividi, nella corteccia orbitofrontale, la regione che si occupa dell’elaborazione cognitiva del processo decisionale e delle scelte emotive, nell’aerea motoria supplementare e nel lobo temporale destro, la regione che coinvolge l’elaborazione uditiva, appariva una maggiore attività elettrica.

Queste regioni del cervello, il quale pare essere in grado di rigenerarsi, durante l’ascolto lavoravano insieme per attivare i sistemi di ricompensa del cervello i quali rilasciavano dopamina, l’ormone e neurotrasmettitore che produce, a grandi linee, benessere e piacere. La reazione che avviene, dunque, causa quei brividi sperimentati all’ascolto della traccia preferita.

Come il ritmo agisce su cuore e cervello

L’effetto prodotto dalla musica non è solo sulle emozioni, bensì è stato dimostrato come sia in grado di influenzare anche il sistema cardio vascolare, il battito cardiaco e la pressione sanguigna.

Ad esempio, capita spesso di vedere degli sportivi che si isolano ascoltando musica con le cuffie prima di scendere in campo per cimentarsi nella loro performance. In questo caso l’ascolto ha lo scopo di migliorare la loro concentrazione, ma anche di far acquisire forza ed energia.

Al contrario, in altre situazioni, la musica può essere utilizzata per rilassarsi. I diversi generi e stili musicali, infatti, sono in grado di provocare effetti molto diversi in chi li ascolta. Se una musica rilassante è in grado di ridurre i livelli di cortisolo (l’ormone dello stress) nel sangue, il crescendo di un’orchestra può determinare una vasocostrizione della pelle del viso con l’aumento della pressione sanguigna.

In generale possiamo dire che la musica classica e meditativa funziona nella riduzione di stress e dolore, mentre una musica ritmata ha effetti benefici nell’aumentare la concentrazione, le motivazioni e nel migliorare l’umore.

Inoltre, alcuni brani possono concretizzare specifici stati d’animo come calma e serenità, condizioni che permettono al potenziale del nostro cervello di essere sfruttato al massimo.

Oltre un discorso generale bisogna anche tenere in considerazione gli aspetti più soggettivi

Ossia i gusti personali in conseguenza dei quali, ad esempio, un soggetto può essere infastidito dall’ascolto della musica classica ed avere più benefici in termini di rilassamento dall’ascolto della musica new age.

Ascoltando musiche allegre o sentimentali, esaltanti o rilassanti: modifiche del sistema nervoso vegetativo che regola la pressione arteriosa, il ritmo cardiaco, la respirazione, la sudorazione e altre reazioni fisiologiche.

Altri tipi di musica possono, invece, provocare soprattutto risposte respiratorie o cardiovascolari: il respiro rallenta e il cuore riduce la sua frequenza. (Sistema Nervoso Vegetativo)

Brani musicali come i ballabili o le marce per orchestra provocano isposte soprattutto di tipo motorio: quei momenti che ci portano, quasi nostro malgrado, a segnare il tempo con il piede o con l’oscillazione delle spalle. (Sistema Motorio)

Poiché la musica è una forma di comunicazione strutturata, dotata di un suo linguaggio, gran parte della sua decodifica avviene nell’emisfero sinistro, preposto ai processi logici, mentre il destro ne coglie i processi emotivi (Sistema Cognitivo&Comportamentale)

Va detto che la risposta che il nostro cervello fornisce agli stimoli musicali non dipende unicamente dai suoni stessi ma anche da un bagaglio di conoscenze che abbiamo acquisito. La reazione infatti sarà condizionata anche dalle nostre competenze musicali, da quello che avremo ascoltato in precedenza e che è stato immagazzinato nei nostri ricordi, dalle emozioni che abbiamo provato.

A cura di Ana Maria Sepe, psicoanalista
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