Ci sono stanchezze che nessun riposo riesce a curare. Non importa quante ore dormi, quante vacanze ti concedi o quante tisane rilassanti sorseggi. È una stanchezza che ti si incolla addosso, che ti logora piano, in silenzio. È la fatica che si prova quando si ha accanto qualcuno che mente. Ma non stiamo parlando delle classiche bugie occasionali o delle omissioni più o meno innocue. Parliamo di quella menzogna cronica, relazionale, che costruisce un mondo parallelo e ti costringe a viverci dentro senza che tu lo sappia.
Vivere accanto a un bugiardo seriale è un’esperienza invisibilmente logorante
È come nuotare ogni giorno controcorrente, senza rendersi conto che a fiaccarti non è il fiume, ma il fatto che stai cercando di stare a galla in un’acqua che non è mai limpida. E questa fatica, che non ha parole, si manifesta nel corpo, nelle emozioni, nella mente. Ti rende più insicuro, più confuso, più stanco. E soprattutto, più solo.
La psicoanalisi ha da sempre posto una lente attenta sul potere distruttivo della menzogna relazionale. Perché la bugia non è solo un’alterazione della verità, ma un’alterazione della realtà condivisa. Ti toglie il terreno sotto i piedi, ti priva di riferimenti stabili. E così, mentre cerchi di capire, mentre ti interroghi se sei tu ad aver capito male o se sei diventato eccessivamente sospettoso, il bugiardo ti ha già svuotato: di energia, di fiducia, di lucidità.
In questo articolo esploreremo come il bugiardo agisce, quali dinamiche psicologiche e psicoanalitiche mette in moto, e soprattutto perché ci si sente così profondamente esausti dopo aver interagito con una persona che mente. Perché la stanchezza emotiva che provi non è debolezza: è il risultato di una manipolazione sottile ma continua.
La bugia come minaccia alla realtà psichica
Freud ci ha insegnato che la mente umana si struttura attorno alla necessità di dare senso alla realtà. I nostri meccanismi di difesa si attivano per proteggerci da verità troppo dolorose, ma anche per difendere un’immagine coerente di ciò che è reale. Quando viviamo accanto a una persona che mente sistematicamente, si crea una frattura tra ciò che percepiamo e ciò che ci viene raccontato. È una frattura che mina il nostro senso di realtà.
Melanie Klein parlava della confusione tra mondo interno e mondo esterno: quando una figura significativa ci trasmette informazioni contraddittorie, la mente fatica a distinguere ciò che è dentro da ciò che è fuori. Ci sentiamo destabilizzati, cominciamo a dubitare delle nostre percezioni. È qui che si consuma una delle prime grandi perdite energetiche: dubitiamo di noi stessi.
Ogni bugia genera una discrepanza tra ciò che sentiamo e ciò che vediamo. E per ristabilire coerenza, investiamo una quantità immensa di energia psichica nel cercare spiegazioni alternative, nel giustificare, nel capire. Ma questa energia, invece che portarci chiarezza, ci lascia esausti.
L’effetto della menzogna sulla fiducia di base
Erik Erikson, nello studio delle fasi evolutive, ha definito la prima grande sfida della vita come la costruzione della fiducia di base. Nei primi anni di vita impariamo a credere che il mondo sia un posto sicuro grazie alla coerenza e all’affidabilità delle figure di riferimento. Quando da adulti ci leghiamo a qualcuno che mente, questa fiducia originaria può crollare.
È come se la nostra mente tornasse bambina, confrontandosi con un caregiver che un giorno ti accudisce con dolcezza e il giorno dopo ti ignora o ti inganna. Il risultato? Un costante stato di iper-vigilanza. Diventi attento a ogni dettaglio, analitico in modo compulsivo, ti ritrovi a decodificare ogni parola, ogni espressione. Questa iper-vigilanza, che nasce per proteggerci, diventa un lavoro a tempo pieno. E il corpo ne risente: stanchezza cronica, insonnia, disturbi digestivi, tensione muscolare.
La dissonanza cognitiva: sapere che qualcosa non quadra… ma non poterlo dire
La bugia relazionale costringe la persona che la subisce a vivere in uno stato costante di dissonanza cognitiva. Da una parte c’è ciò che intuisci, dall’altra c’è ciò che l’altro afferma. Se ti dice che ti ama, ma i suoi comportamenti tradiscono, ti trovi a vivere in una scissione interiore che ti obbliga a scegliere: credere a ciò che senti o a ciò che ti viene detto?
Il bugiardo, spesso, svaluta le tue intuizioni, ti fa sentire eccessivo, paranoico, geloso. È il classico gaslighting, una tecnica manipolatoria che ha effetti devastanti: mina l’autostima, spezza la fiducia nelle proprie percezioni, rende dipendenti dalla conferma esterna. E intanto la tua energia si consuma a colpi di “forse sono io che…”.
La compulsione alla comprensione
Chi vive accanto a un bugiardo, spesso sviluppa una forma di compulsione alla comprensione. Si passa ore, giorni, settimane a cercare di dare un senso. Ma questo senso non arriva mai, perché il problema non è tuo, ma di chi mente. Tuttavia, chi è dotato di empatia o sensibilità profonda tende a interrogarsi, a voler capire il “perché”. Ecco che la relazione si trasforma in un enigma da decifrare, in una sfida continua che non porta mai alla verità.
Questa dinamica è spiegabile anche attraverso il concetto psicoanalitico di ripetizione coatta (Freud): cerchiamo inconsciamente di risolvere una vecchia ferita relazionale attraverso una nuova relazione, anche se questa ci logora. Se da piccoli siamo stati traditi emotivamente, svilupperemo una tolleranza tossica verso l’ambiguità, una sorta di familiarità con il dolore. E cercheremo di comprenderlo… fino allo sfinimento.
Quando la bugia diventa una forma di vampirismo emotivo
Esistono persone che mentono per strategia, per difesa, per abitudine. Ma in tutti i casi, ciò che accade a chi le subisce è un progressivo svuotamento. Come vampiri emotivi, i bugiardi si nutrono della tua ricerca, della tua attenzione, del tuo perdono, delle tue continue spiegazioni. Ti assorbono energia psichica e affettiva, e quando ti senti esausto, ti rimproverano per la tua “negatività”.
Questo tipo di interazione non è paritaria. Non c’è reciprocità, ma asimmetria: tu ti impegni, l’altro manipola. Tu ti chiedi come fare per migliorare il rapporto, l’altro continua a costruire castelli di sabbia e a farti sentire in colpa se li vedi crollare.
Perché è così difficile andarsene?
Chi subisce una relazione basata sulla menzogna spesso non riesce ad andarsene. Perché, nonostante tutto, spera. Speranza che l’altro cambi, che finalmente dica la verità, che ammetta i propri errori. Questa speranza è alimentata da quei brevi momenti in cui il bugiardo si mostra vulnerabile, affettuoso, presente. Ma sono attimi. E proprio come un’oasi nel deserto, sono l’illusione che ti fa continuare a camminare… anche quando ti stai esaurendo.
In chiave psicoanalitica, si attiva l’illusione riparativa: quella parte di noi che vuole riparare ciò che è rotto, che vuole trasformare il dolore in qualcosa di buono. Ma l’illusione, per definizione, costa energia. E quando si spezza, lascia un vuoto immenso.
Ritrovare la propria verità
Uscire da una relazione con un bugiardo non è solo una scelta pratica: è una scelta identitaria. Significa ritrovare fiducia nelle proprie percezioni, nella propria memoria emotiva, nel proprio sentire. Significa accettare che non tutte le risposte arriveranno, ma che si può comunque smettere di cercarle e iniziare a curare le proprie ferite.
Il processo di guarigione passa attraverso un atto rivoluzionario: credere a se stessi. Dare valore a ciò che si è sentito, anche se l’altro lo ha sminuito. Ricostruire il proprio mondo interiore non come una risposta al bugiardo, ma come un atto d’amore verso di sé.
Meritarsi la verità, creare la propria felicità
La verità non è solo un valore morale. È nutrimento emotivo. È ciò che ci permette di costruire una realtà interna stabile, coerente, vivibile. E quando ci viene sistematicamente sottratta – come accade accanto a chi mente – il prezzo non è solo una delusione momentanea, ma un logoramento profondo della nostra energia vitale. È qui che la bugia si rivela per ciò che è: un veleno silenzioso che svuota la mente, il corpo e il cuore.
Tuttavia, c’è qualcosa di ancora più doloroso della menzogna: la convinzione che, per essere amati, dobbiamo adattarci alla falsità. È il pensiero, spesso inconscio, che la verità sia un lusso che non ci spetta. È qui che nasce la nostra complicità silenziosa, quella che ci spinge a restare, a perdonare, a comprendere all’infinito… consumandoci.
Ma guarire è possibile, e il primo passo è uno: riconoscere che meritiamo molto di più. Meritiamo una realtà che ci assomigli, che parli il nostro linguaggio interiore, che ci nutra senza confonderci.
È proprio da questa consapevolezza che nasce il mio nuovo libro “Il mondo con i tuoi occhi”: un viaggio emotivo e trasformativo che non offre risposte preconfezionate, ma strumenti concreti per svincolarsi dai costrutti sociali che ci insegnano a resistere anche dove ci si spegne.
Nel libro parlo di questo: di quanto siamo stati educati a rincorrere la felicità secondo modelli imposti, anche a costo di perdere noi stessi. Ma la verità è che la felicità non può essere una gabbia dorata né una bugia ben raccontata: la felicità autentica nasce quando smettiamo di rincorrere ciò che gli altri vogliono per noi, e iniziamo a costruire una vita che rifletta chi siamo davvero.
Chi mente ti spegne poco a poco perché ti allontana dalla tua verità. Il mondo con i tuoi occhi è un invito potente e gentile a fare il contrario: riconoscere i tuoi bisogni, recuperare la tua voce, e creare una realtà che non ti consumi ma ti sostenga. Perché non sei nato per abitare le bugie degli altri. Sei nato per fiorire nella tua verità. E allora sì, meriti la verità. Quella che non confonde, non manipola, non svuota. Meriti la libertà di dire: “non mi basta sopravvivere, io voglio vivere bene. Con pienezza. Con autenticità. Con amore.” Per immergerti nella lettura e farne tesoro, puoi ordinarlo qui su Amazon oppure in qualsiasi libreria
A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
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