“Due cose ci salvano nella vita: amare e ridere. Se ne avete una va bene. Se le avete tutte e due siete invincibili” afferma lo scrittore indiano Tarun Tejpal a proposito dell’amore. Cosa ci spinge ad avvicinarci a quella persona e viceversa? Amore o necessità? Qual è la differenza tra l’amore e la dipendenza? È un confine sottilissimo che a volte si potrebbe persino confondere.
Abraham Maslow, altro grande psicologo statunitense, partendo dagli studi di Erich Fromm divide l’amore in due tipologie: D-Love (Deficiency love) e il B-Love (Being-Love): da questa distinzione nascono quindi due cognizioni, che dai punti di partenza traggono la definizione: cognizione B e cognizione D. La cognizione D che nasce dal D-Love è quella che chiude l’individuo in se stesso e lo lega ai propri bisogni. Il primo è più un rapporto di dipendenza per l’appagamento dei propri bisogni mentre il secondo è un amore libero e non egoistico. E l’amore vero, quello sano è proprio quest’ultimo. Il D-Love diventa quindi la rappresentazione dell’ansia del possesso e dell’avere.
Nelle relazioni sane i partner si completano vicendevolmente
Ogni membro della coppia gioca un ruolo indispensabile nella vita dell’altro pur mantenendo attivi gli interessi individuali. L’equilibrio tra sentirsi necessari ed essere indipendenti può essere difficile da ottenere, ma può anche mascherare alcune modalità in cui i membri di una coppia dipendono l’uno dall’altro. In altre parole non sempre è semplice capire le dinamiche in cui esigenze e bisogni sono in armonia.
Nonostante certi atteggiamenti sembrino palesare espressioni di amore, in realtà può nascondere una realtà molto triste
Si facilita la vita all’altra persona, ci si fa carico dei problemi, gli si dà supporto nelle situazioni difficili ci si sforza affinché l’altro non debba affrontare esperienze spiacevoli. Tuttavia, questa disposizione non è gratuita, si paga con la limitazione dell’autonomia e della libertà.
Come ho già accennato, parliamo di un sottile confine che spesso può portare alla paura di perdere l’altro. E se ciò dovesse accadere, inconsciamente si avrebbe la convinzione di perdere anche se stessi. Tale è ormai l’impersonificazione! La relazione non va avanti per voglia di condivisione con l’altro ma solo per la paura devastante della solitudine. Non è affatto contemplata la possibilità di ricostruire la propria vita senza l’altra persona e tanto meno compiere scelte proprie.
Come si riconosce una relazione di dipendenza
Seppur considerando l’amore come fusione totale in tutto e per tutto, è bene capire quando fusione è sintomo di dipendenza affettiva invece che consolidamento del rapporto di coppia in maniera sana. E’ vero che ci si deve sentire un tutt’uno con il partner ma come alleati e complici l’uno dell’altro. Il nostro partner dovrà comprenderci, sostenerci, difenderci ma ognuno dovrà mantenere la propria individualità…..quella che è la propria sfera di pensiero e di azione. Come sapere se si soffre di dipendenza affettiva? Prendiamo noi stessi come criterio per capirlo e cerchiamo di rispondere ad alcune domande
1. Se in una relazione dopo, un inizio quasi fiabesco, in cui ci è venuto naturale sentirci quasi in simbiosi con l’altra persona (fase normale dell’innamoramento) c’è qualcosa, nel progredire della storia che non ti fa sentire libero/a di riprendere in mano i tuoi interessi abituali o la rete di relazioni familiari e amicali che ti appartengono, chiediti perché…
2. Se hai spesso la sensazione di essere forzato/a a scegliere costantemente tra eventi e persone importanti della tua vita o il tuo partner, come se dando attenzione ai primi facessi un torto al secondo, chiediti perché…
3. Se nell’affrontare discussioni con il partner hai spesso l’impressione di girare a vuoto e di non riuscire a far capire il tuo punto di vista, non arrivando mai a una mediazione se non cedendo sempre tu, (e rimanendo comunque confuso e disorientato) chiediti come mai…
4. Se nell’esprimere il tuo disaccordo su qualcosa, le reazioni del tuo partner al tuo dissenso sono eccessive e offensive (insulti gratuiti, svalutazione di tutta la tua persona, denigrazione dei tuoi risultati ed obiettivi) e fanno sentire comunque te in torto, chiediti perché…
5. Se le reazioni del partner sono state di frequente quelle descritte sopra e poi a queste succede una fase di disperata ricerca di perdono da parte sua, adducendo motivi esterni temporanei (stress lavorativo, problemi di salute, ecc.) e promettendo che non succederà più, ma alla successiva discussione tutto ritorna come prima – scuse disperate comprese- chiediti come mai…
6. Se a seguito delle reazioni di rabbia e di offese del partner nei tuoi confronti, ti senti anche dire che è colpa tua se si è comportato/a così , perché sei tu che sei proprio “cattivo/a” e/o “sbagliato/a” e/o ingrato/a”, dopo tutto quello che lui/lei fa per te, chiediti come mai…
7. Se via via che la tua storia evolve, sei sempre più in imbarazzo con il partner in presenza di amici e familiari per l’atteggiamento sprezzante o svalutante che lui/lei dimostra nei tuoi confronti e ti sorprendi spesso a giustificarlo/a ai suoi occhi, così come sei abituato/a ormai a farlo, (aspettandoti che i tuoi cari si adattino al suo modo di fare come hai fatto tu, invece di pensare che anche lui debba adattarsi agli altri) chiediti perché…
8. Se prima le sue attenzioni o la sua gelosia ti faceva sentire amato/a e ora ti fa sentire soffocato/a – e provare questo ti fa, però, sentire in colpa perché l’altro/a si occupa/preoccupa di te, mentre tu non riusciamo ad apprezzarlo/a, chiediti come mai …
9. Se sentendoti senza via d’uscita pensi a una separazione ma paventi, anche al solo pensiero, le reazioni dell’altro/a e per questo non riesci ad allontanarlo/a, chiediti perché
10. Se per gestire le emozioni che si generano all’interno del rapporto sentimentale, cominci ad avere contraccolpi anche nella vita lavorativa e nella salute ( es. somatizzazioni dello stress), e al contempo, ti senti sempre più stanco/a, demotivato/a, imbarazzato/a di fronte all’esterno, tanto da desiderare di isolarti, chiediti perché…
La risposta naturale a questi “perché” è la seguente : stiamo vivendo una relazione “ammalata”!
Perché è facile scambiare la dipendenza affettiva con l’amore
Chi è orfano di affetto, attenzioni e amore fin dalla più tenera età può facilmente incappare in meccanismi malsani. Parliamo di quei bambini che provengono da contesti familiari problematici, nei quali i genitori, focalizzati sulle proprie sofferenze, non hanno trovato risorse ed energie per occuparsi dei propri figli, finendo così per trascurarli da un punto di vista emotivo.
Un bambino o una bambina che cresce in un simile contesto diventa emotivamente dipendente. Tende a pensare di non essere degno/a d’amore o magari di potersi guadagnare l’affetto solo facendo il bravo o la brava e prendendosi cura degli altri. Diventa, con il tempo, un individuo disabituato a prendersi cura di sé. Si convince che l’amore significa annullarsi per il partner, mette così da parte i bisogni personali di fronte alle richieste altrui, trascura il proprio benessere fisico e psicologico pur di non deludere l’altro.
Ci sono delle frasi che dovrebbero suonare come un campanello d’allarme:
1. “Ho bisogno di un uomo/una donna nella mia vita per stare bene”, o “Senza di te non sono nulla” in questi casi la coppia sovrasta la vita del singolo partner. Sono chiari segnali di poca autostima
2. “Dove sei, con chi, cosa fai, cosa pensi?” il desiderio di ricevere costantemente affetto, contatto fisico o a distanza, come ad esempio con le chiamata o i messaggi sul cellulare, anche a costo d’interrompere le attività quotidiane.
3. “Stiamo così bene noi due da soli che non abbiamo bisogno di nient’altro” in questo caso si manifesta una tendenza a vivere una relazione esclusiva, tagliando fuori gli amici e le relazioni sociali. In questo modo si crea una sorta di barriera entro la quale vive solo la coppia
4. “Quello che vuoi amore”, “Facciamo come dico io tesoro”: la relazione si basa sul binomio potere-paura, dove uno comanda e l’altro esegue, può generarsi questa situazione anche in modo inconsapevole
5. “Per favore, non andartene, se mi lasci muoio”: la paura di restare soli, di vivere l’abbandono, il distacco dal partner si vive come una catastrofe, come la fine della propria esistenza. In questo caso la coppia non fa altro che lasciarsi e riprendersi
6. “Sono molto sfortunato/a, incontro sempre lo stesso tipo di persona”. Molte volte le diverse relazioni che si vivono hanno un profilo simile. Dopo la rottura si vive risentimento, disprezzo proprio come accadeva con un ex precedente.
C’è un accordo implicito nelle relazioni?
Quando ti sei innamorato, avevi bisogno di qualcosa nella tua vita. Magari volevi allontanarti dai tuoi genitori, costruire la tua stabilità, volevi un figlio o semplicemente desideravi sentirti stimato e amato oppure volevi sentirti importante per qualcuno perché non riesci a esserlo per te stesso. Anche se non ne parli mai apertamente e forse non riesci a sintonizzarti con ciò che senti, determinati bisogni dominano la tua vita e anche le tue scelte affettive. Il partner che hai accanto, non l’hai certo scelto sulla base di criteri di compatibilità ma sulla base dei tuoi bisogni inespressi.
Nella coppia, la cosa non viene palesata ma c’è un accordo implicito che recita più o meno così: io soddisferò i tuoi bisogni inconsci e tu soddisferai i miei. Questo accordo non dovrebbe esserci ma è ciò che capita a tantissime coppie. Nell’ideale, ognuno dovrebbe soddisfare da sé i propri bisogni e con l’altro, persegue unicamente il desiderio di condivisione e unione. Solo così è possibile il vero appagamento perché solo in questo modo sarà possibile perseguire i due scopi fondamentali della vita: appartenere (e quindi coltivare vicinanza affettiva con l’altro) e affermarsi (e quindi coltivare la propria autonomia emotiva).
Allora cosa fare?
La verità è che non possiamo amare altre persone se prima non amiamo noi stessi. L’amore non risiede dove vi è assenza di amor proprio. Non possiamo amare finché non ci amiamo nel profondo. E amare se stessi incondizionatamente significa avere il coraggio di dire No quando serve. Significa anche avere il coraggio di dire Sì, e osare vincendo la paura di essere feriti. Significa accettare le nostre debolezze e i nostri punti di forza. Perché quando ci accettiamo per come siamo veramente non abbiamo più bisogno di mentire o sforzarci di essere diversi….E questo apre la strada al vero amore.
Prima di gettarti a capofitto in una relazione in cui trasmigrare tutte le tue insicurezze verso il partner e “respirare” solo della sua presenza impara ad amarti e ad avere in primis stima in te stessa/o. Sei pronta/o ad accogliere l’amore più bello della tua vita? Amati senza riserve e tieni sempre a portata di mano questo pensiero: non c’è persona al mondo che ti amerà più di quanto tu non ami te stessa/o….tu sei l’unica compagnia che non perderai mai.
Impara a osservare le relazioni che stringi e soprattutto, impara a sintonizzarti con il tuo mondo interiore, su quelli che sono i tuoi bisogni inconsci che cerchi di appagare mediante gli altri ma che potresti benissimo soddisfare da te! Semplicemente, nessuno ti ha mostrato ancora come si fa. Quando veniamo al mondo, ci insegnano a leggere e a scrivere, ci insegnano la matematica, la storia, tutti apprendimenti importanti, per carità… ma si dimenticano di fornirci una buona educazione psicoaffettiva, che è il presupposto necessario per crearsi una vita felice. Se ti va di fare un “corso di recupero accelerato”, ti consiglio la lettura del mio libro «d’Amore ci si Ammala, d’Amore si Guarisce» (disponibile in tutte le librerie e su amazon a questo indirizzo), troverai un bel po’ di risposte su come funziona il tuo mondo interiore e finalmente riuscirai a perseguire i due scopi fondamentali della vita: coltivare intimità e vicinanza e, al contempo, affermare la tua identità e autonomia.
A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
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