Quando si parla di sofferenza pensiamo a qualcosa di astratto, tuttavia la sofferenza è concreta. Lo è nelle sensazioni che provoca e nei suoi effetti. Inoltre, vorrei farti riflettere subito su una cosa: riesci a sperimentare le tue emozioni -sofferenza compresa- perché queste sono corporee. Le emozioni emergono nel corpo come variazioni psicofisiologiche. La sensazione soggettiva provata e le variazioni biochimiche che si verificano nell’organismo, sono aspetti invisibili dall’esterno ma che, a lungo andare, possono far insorgere qualcosa di ben visibile come affezioni del corpo (problemi posturali, infiammazioni, tensioni muscolari, malattie autoimmuni…) e schemi comportamentali rigidi. Il nostro comportamento, infatti, parla di noi, di ciò che abbiamo vissuto e provato, di come ci siamo adattati all’ambiente in cui siamo cresciuti e, dunque, come abbiamo imparato a reagire agli stimoli esterni.
Gli insegnamenti di una famiglia disfunzionale
La sofferenza è una condizione che fa riferimento a un complesso mix di emozioni: insicurezza, paura, solitudine, tristezza, sconforto, sfiducia, apatia, disistima, rancore per ciò che non è stato, delusione, rabbia… Una miscela eterogenea che, in casi estremi, entra a far parte di noi, accompagnandoci nel quotidiano.
Chi è cresciuto con genitori non supportivi e poco attenti, conosce benissimo tutte le sfaccettature della sofferenza e ne sperimenta ancora gli effetti nella sua vita da adulto. Le famiglia disfunzionali si caratterizzano per un fattore: lì le cose non cambiano mai, sono sempre le stesse! Mentre il mondo gira e cambia, mentre le persone crescono e maturano, la famiglia disfunzionale resta ferma. Lì i ruoli sono rigidi e imperturbabili. Che tu abbia 2, 10, 30 o 40 anni, il genitore disfunzionale ti tratterà sempre come suo subordinato e vivrai incessantemente i soliti scenari. Le liti in casa saranno sempre le stesse, l’oggetto della disputa potrà cambiare ma ciò che rimarrà inalterato saranno le dinamiche, spesso caratterizzate da disprezzo e potere (un genitore che accusa e condanna l’altro, una pecora nera da additare…).
Quando cresci in una famiglia disfunzionale non riesci a fare delle esperienze. Per esempio, non avrai mai conosciuto l’amore incondizionato, perché nel contesto disfunzionale tutto prevede una contropartita. In genere lo scambio è: io genitore ti do “questo” (attenzioni, falso amore, supporto, lusinghe, compagnia….) e tu mi dai te stesso e la tua sudditanza eterna. Lo scambio avviene nel modo del tutto tacito, invisibile. Si verifica in modo graduale e costante, fin dai primi giorni della tua vita… Allora, finisci per normalizzarlo e per te quella è l’unica dimensione d’amore. La mancanza dell’esperienza di amore incondizionato è solo una delle tante, indubbiamente la più devastante perché ha ricadute sull’autostima, la percezione di sé, lo sviluppo dell’identità, dell’indipendenza, dell’autonomia (…).
Il nostro comportamento è un riflesso dell’ambiente in cui siamo cresciuti. Osservandolo, possiamo capire cosa ci è mancato e come ci siamo dovuti adattare per andare avanti. Tu sai come ti sei adattato all’ambiente in cui sei cresciuto? Per aiutarti a rispondere, ti descrivo i comportamenti tipici di chi è cresciuto in una famiglia disfunzionale.
Non posso contare su nessuno
Il mondo è un posto ostile. E questo è il peggiore degli insegnamenti che potessero trasmetterti. Un insegnamento che ti rende cieco dinanzi alle immense bellezze del mondo, dinanzi al calore e all’amore che potresti raccogliere. Tale approccio alla vita, ti depriverà di tantissime gioie, ti renderà inquieto ed esiliato… solo. Il mondo non è così. Ma tu come potresti crederci? Nelle tue esperienze, le persone che più di tutte avrebbero dovuto amarti e proteggerti, ti hanno ferito. Allora come potresti fidarti degli altri?
Questo stile comportamentale verte o ambisce all’assoluta autosufficienza. La persona ha imparato che è inutile chiedere aiuto, pertanto non si appoggerà mai a nessuno se non a se stesso. Ha imparato questo perché, nella sua famiglia d’origine, il supporto di cui aveva bisogno non gli è mai stato concesso. Anzi, i suoi bisogni -anche quando espressi con forza- venivano costantemente ignorati.
Sono felice se sei felice
Il «bravo bambino» di casa, da adulto inizia ad accumulare malessere quando si stufa di essere sempre il buono della situazione. Si diventa troppo disponibili, generosi e responsabili, quando l’ambiente in cui cresci ti fa sentire di peso. Alcuni bambini crescono pensando che possono provare ed esprimere liberamente le proprie emozioni, crescono con la libertà di essere se stessi. Altri, invece, crescono con il peso di dover essere ciò che l’altro vuole. Allora impara a non esprimere le emozioni che fanno arrabbiare mamma e papà. Escogita modi per sentirsi utile perché pensa che solo così potrà essere accettato.
La sua priorità è non turbare gli altri. Allora diventa ipervigile sui bisogni altrui, sviluppa empatia ed elevate capacità di accudimento. Peccato che, nel farlo, dimentica completamente di sintonizzarsi con i suoi bisogni. Qualunque sia la situazione, incolpa se stesso. Mette a tacere i suoi bisogni pur di proteggere il legame con gli altri. È questo ciò che ha imparato a fare nella sua famiglia d’origine: mettersi da parte. Allora, questa persona, riuscirà a essere felice mediante l’appagamento che riesce a procurare all’altro. Peccato che non sia capace di scegliere persone capaci di amore incondizionato: non avendolo mai conosciuto, finirà con persone che -proprio come i suoi genitori- metteranno se stesse al primo posto.
Stai lontano da me
Sentirsi emotivamente vicini a i propri affetti, può essere un’esperienza di condivisione molto piacevole, che trasmette un forte senso di appartenenza e appagamento. Una profonda intimità che alcune persone non riusciranno a sperimentare -finché non decideranno di lavorare su se stesse-. Ogni legame viene percepito come “troppo stretto”. La vicinanza è… troppo, qualcosa da evitare.
Come premesso, chi ha imparato a contare solo su se stesso ambisce all’indipendenza ma riesce a stringere legami profondi (anche se non appaganti e con un’elevata dose di ambivalenza). Al contrario, le persone «stai lontano da me» tengono tutti a una certa distanza, instaurano legami solo superficiali, sia in amicizia, sia nei rapporti sentimentali.
Devo controllare tutto
Queste persone hanno sperimentato un’elevata dose di insicurezza e impotenza. Nel passato, qualsiasi cosa facessero, risultava inutile per cambiare la situazione, anzi, era controproducente! Qualsiasi iniziativa, infatti, poteva avere delle ripercussioni negative: i suoi tentativi e approcci verso l’amore genitoriale, venivano ignorati, ammoniti o puniti. Sono cresciuti con genitori immaturi e capricciosi, che avevano reazioni inaspettate e smisurate. Ecco allora che quei bambini, crescendo, hanno imparato a moltiplicare gli sforzi per gestire le situazioni. Qualsiasi evenienza della vita, anche quella più piacevole, diventa qualcosa da programmare e controllare!
Nella loro mente c’è un’idea rigida di come dovrebbero andare le cose, purtroppo non viviamo in un mondo ideale, le variabili in gioco sono tantissime, pertanto la realtà trova sempre il modo di deludere le aspettative. Anche il partner o l’amido di turno, possono diventare persone da gestire!
Le persone «devo controllare tutto io» hanno imparato che il mondo può essere estremamente imprevedibile, allora non possono e non vogliono abbassare la guardia. Tendono ad accumulare un’elevata dose di stress per poi esplodere. Sono frequenti scatti d’ira e sbalzi d’umore se qualcosa non va come previsto.
Tutto è inutile
La famiglia disfunzionale in cui è cresciuta la persona «tutto è inutile» non è molto differente da quella vista per le persone «devo controllare tutto io». La differenza? Ad un certo punto, quel bambino si è arreso, ha gettato la spugna, ha smesso di provarci. Dato che tutti i suoi sforzi erano inutili, sistematicamente ammoniti, la persona ha imparato a non provarci più fino a inibire completamente le sue iniziative. All’apparenza sembrano persone con pochi interessi e pochi stimoli, pronte ad accontentarsi. Purtroppo, con questo approccio passivo, si stanno deprivando di tantissime opportunità e gioie.
Comprendere il tuo tipo di adattamento
La prossima volta che stai per dire «sono fatto così», ripensa a questo articolo e correggi il tiro! Tu non «sei fatto così» ma «hai imparato a comportarti e sentirti» in un certo modo. Per fortuna, facendo nuove esperienze puoi sperimentare nuovi modi di essere, di sentire e… in definitiva, di esistere! Se vuoi lavorare sul tuo modello comportamentale e capire come le tue esperienze infantili stanno ancora influenzando la tua vita da adulto, ti suggerisco la lettura del mio nuovo libro dal titolo «Il mondo con i tuoi occhi». Un testo innovativo che ti fornisce un elevato numero di strumenti psicoaffettivi che puoi applicare ovunque: dalla tua vita di coppia a tutte le relazioni interpersonali.
Si tratta dell’attesissimo libro incentrato sull’affermazione personale, cinque capitoli che ti porteranno alla scoperta di quel potenziale che, da troppo tempo, è assopito dentro di te e non chiede altro di esplodere! Per immergerti nella lettura e farne tesoro, dovrai aspettare un pochino: il libro è ora in pre-order (puoi ordinarlo qui su Amazon) e sarà disponibile in tutte le librerie a partire dal 29 ottobre.
Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in psicobiologia
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