Quante volte abbiamo pensato “questa storia va chiusa”, “non lo amo più, ma non riesco a lasciarlo andare”? Tutti quanti sognano sin da piccoli di trovare “l’amore vero”: c’è chi davvero trova la persona giusta poi c’è chi si accontenta. E poi c’è chi sa benissimo che la persona che ha trovato non è quella giusta, ma non riesce a chiudere. Ci si convince di voler chiudere la relazione ma poi non lo si fa mai. Affrontare la situazione ci spaventa, quindi trasciniamo le storie all’infinito.
É faticoso pensare che sia così complesso il motivo per cui non riusciamo ad andarcene ma la prova è che le spiegazioni semplici e i buoni consigli non hanno alcun effetto. La situazione è complicata perché è complesso il motivo che ci tiene lì. Alcuni chiamano questa condizione “dipendenza affettiva”, altri “masochismo erogeno”, altri ancora “amore malato”, ma la sostanza è sempre quella: ci si trova incastrati in una relazione che genera sofferenza e malessere, si comprende che non è la persona giusta, ma non si riesce ad uscirne. Ma perché è così difficile dire addio?
I bisogni infantili insoddisfatti si riaffacciano alla coscienza
In una relazione di coppia, le ferite relazionali dell’infanzia vengono riportate in superficie, nella coscienza, assieme ai bisogni, ugualmente inconsci e dimenticati, di essere curati, rassicurati, amati, protetti. E posso garantirti che ciascuno di noi ha un’infinità di desideri e di bisogni infantili inappagati e repressi, anche le persone più “dure e pure” che fanno mostra di essere indipendenti, forti e autonome.
Il punto è che molto spesso ci ritroviamo a vivere una relazione più per sentirci accettati, per far tacere quell’urlo di solitudine che ci strazia da dentro, o semplicemente per sentirci meno sfigati e disperati. Non c’è niente di male nel dire e nell’ammettere di avere all’interno della psiche inconscia dei bisogni infantili insoddisfatti. Fa semplicemente parte dell’essere umani e dell’enorme sensibilità che caratterizza la nostra specie, unita allo stato di grande vulnerabilità e di totale dipendenza con cui veniamo al mondo.
Il potere dell’incertezza
L’idea di poter chiudere la relazione fa nascere in noi tanti dubbi, tante domande: dinamiche che scatenano ansia, al sol pensiero di un cambiamento. Ci si arriva a chiedere se sia davvero la scelta giusta, se ci pentiremo di questa decisione, se ci mancherà, se avremo nostalgia di quello che si era insieme. Insomma, tanti perché e nessuna certezza e nell’incertezza che si fa? Si resta con quella persona.
Restare in una relazione disfunzionale, le cause più comuni
Le relazioni sono estremamente importanti nella nostra vita e sono lo specchio di chi noi crediamo di essere, di quanto valiamo, di come ci sentiamo con noi stessi, di quanto ci sentiamo accettati nel mondo. Ecco perché è fondamentale avere relazioni sane e costruttive, relazioni che ti fanno stare bene, che ti facciano sentire a posto. Spesso ci ritroviamo a intrattenere relazioni che limitano il nostro essere, ci snaturano o non ci soddisfano. Ecco allora che si parla di relazione soffocante, quel rapporto che ci limita, che ci incatena a compromessi duri, che non tiene conto di chi siamo e ci appesantisce la vita, anziché rendertela grandiosa. In breve possiamo riconoscere tre forme di pensiero tipico che ci incastrano in una relazione disfunzionale.
1.“senza l’altro/a, non ce la posso fare”
La presenza del partner e la sua vicinanza vengono visti come condizioni necessarie per la sopravvivenza stessa e la felicità personale. Ognuno in genere può temere di non riuscire in qualcosa per se importante. L’idea di non essere in grado di raggiungere i propri obiettivi di vita potrebbe infatti manifestarsi con la spiacevole sensazione di essere inadeguati a portare a termine quanto nel momento potrebbe essere più rilevante.
Delle volte è il riuscire a mantenere la stessa routine di vita che si riusciva a mantenere insieme al partner. L’assenza di una spalla su cui fare affidamento, infatti, può portare a vivere spiacevoli vissuti che andrebbero ad impattare negativamente con le attività per noi più importanti, siano esse connesse con l’ambito dello studio, del lavoro o delle relazioni. Spaventa l’idea di ritrovarsi improvvisamente soli, specialmente in momenti particolarmente critici, quali sono le sessioni d’esame , i periodi di ristrettezza economiche, i problemi medici e così via.
2. “Se ho sopportato fin qui, non mollerò adesso”
Le sofferenze e i tentativi compiuti finora giustificano quelli che saranno fatti in seguito. Questo vale soprattutto per le relazioni che vanno avanti da molto e hanno visto grossi investimenti emotivi. Tutti noi umani incorriamo in un errore cognitivo che gli studiosi definiscono «sung cost fallacy», la fallacia dei costi irrecuperabili. Si tratta di un meccanismo che ci fa insistere in imprese fallimentari solo perché ormai abbiamo investito molto e ritirarsi significherebbe ammettere un fallimento, accettare le dolorosissime perdite di tempo, risorse emotive e opportunità. Si creano altri rimorsi, per non accettare un rimorso più grande: la relazione nella quale stai investendo, è un errore.
Chi ha letto «Il Piccolo Principe» sa che questo è un libro ricco di significati psicologici. Un aforisma che con semplicità ed efficacia può esprimere questo errore cognitivo è l’insegnamento della volpe sul valore della rosa. «È il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante». Il valore di quella rosa non è intrinseco ma dipende da tutti i sacrifici che abbiamo fatto per lei, dipende dai nostri investimenti emotivi. Quando infatti si decide di interrompere un rapporto, in genere, è perché si crede che faccia più male mantenersi in tale relazione piuttosto che porre ad essa termine. Semplice logica del costi e benefici.
3. “Cambierà per amore, ci riuscirò”
Esiste un’aspettativa magica e irrealistica, che il partner a un certo punto vedrà nella nostra insistenza il nostro amore e che quindi passerà dal rifiutare al corrispondere i nostri sentimenti. Vediamo in ogni sfumatura del comportamento del partner il sintomo che finalmente la relazione sta migliorando. Ma la maggior parte delle volte, ciò è frutto solo di una illusione, di una distorsione della realtà e di un meccanismo chiamato idealizzazione. Questo ci porta a vivere con la perenne speranza che domani sarà diverso. Aspettare che lui/lei cambi effettivamente è più comodo che cambiare noi stessi e il proprio modo di vivere.
Il lavoro di guarigione dai nostri “vuoti” non deve essere addossato al nostro partner dobbiamo farlo noi. Solo così saremo pronti ad amare la persona che fa per noi
I motivi che possono entrare in gioco, quando si fatica a lasciar andare il partner, sono davvero tanti e di diversa natura. Ma, alla base di tutto, sembra esserci sempre una cosa: la scarsa consapevolezza di chi siamo e di cosa sia migliore per noi e per la nostra vita.
Certo, il dolore di una storia d’amore finita ci consuma, ma la vera forza sta nel modo che abbiamo di reagire. dopo che abbiamo pianto tutto quello che vi era da piangere, dobbiamo reagire se vogliamo provare ad assaporare tutte le cose belle della vita.
Se il tuo partner ha smesso di amarti, o non ti ha mai amata/o, è un problema suo, non tuo. Ciascuno di noi deve prima di tutto amare se stesso, poi gli altri. Chi non è capace di amare gli altri, non ama se stesso. Sembrerà un cliché ma funziona proprio così. Quindi, se sei stata/o lasciata/o, pensa che non vorresti una persona al tuo fianco che non ti desidera, tu vuoi un partner che ti metta al primo posto. Ecco perché la tua perdita, in fondo, alla lunga non si rivelerà una grande perdita.
Se pensi che la felicità ti venga da qualcuno o da qualcosa (come un rapporto di coppia) stai preparando la strada ad altri amori malati. E non puoi liberarti degli amori malati, perché tu stessa/o li trattieni e li rafforzi.
Ricordati sempre che tutte le cose brutte hanno una fine e così anche il dolore che stai provando. So che è difficile rendersene conto ora che la ferita è ancora aperta, tuttavia questi momenti presto saranno solo un ricordo. Darsi un tempo in cui permettersi di soffrire, piangere e disperarsi può essere un elemento facilitante per la ripresa. Perciò dedica pure un’intera settimana a piangere. Poi basta: indossa il tuo migliore sorriso e riparti.
Salvati dal tuo passato
La tua mente, nel presente, può rimuginare sugli imprevisti del futuro, sulle preoccupazioni, su cosa andrà storto, sulle ingiustizie che potrai subire (…). Già, perché il modo in cui tu ricordi il tuo passato si riflette sul modo in cui tu pensi e ti proietti al futuro.
Ecco come si scandisce il tuo destino: lo costruisci tu pensiero dopo pensiero, o peggio, timore dopo timore. Se sei insicura/o, ingabbiata/o nel dolore (a causa dei tuoi vissuti passati) ti traccerai involontariamente una traiettoria fatta di altra sofferenza, altra instabilità e insicurezza
Inizia a riconoscere che non sei stata/o tu l’artefice delle tue sventure ma puoi essere tu l’artefice di qualcosa di bello, che parla davvero di te, dei tuoi bisogni, delle tue priorità. Perché sentirsi immeritevoli d’amore comporta non conoscersi affatto e precludersi il bello della vita: stare bene con se stessi. E quando ti sentirai degna/o di amore, troverai l’amore che cerchi, quello vero, fatto di stima, rispetto, complicità e comprensione.
Perché gli addii definitivi ci fanno così paura?
La risposta è scontata, pensiamo che da soli non valiamo abbastanza, che se ci rifiutano, allora non siamo degni, se tradiscono la nostra fiducia, siamo stati stupidi, dovevamo prevederlo… È tutta una questione di stima di sé. Abbiamo la stessa stima di noi stessi che un allevatore industriale ha di una mucca: fin quando produce latte, la tiene, ma poi, non esiterà a mandarla al macello se non gli dà più ciò che vuole. Insomma, anche tu, proprio come chi ti ha deluso, hai imparato ad accettarti con la condizionale, solo a patto che… A patto di raggiungere un determinato peso, uno specifico standard, una carriera, una laurea, a patto di… A patto di essere accettati e amati da qualcun altro perché, da soli, proprio non sappiamo come fare. Allora l’altro è diventato un espediente mediante il quale tentiamo di accettarci. Altrimenti ci sentiamo soltanto carne da macello. Lo so, la metafora è cruenta, ma è perché parliamo di emozioni talmente forti e talmente antiche, che si sono stratificate in te, che sono entrate a far parte di chi sei.
La vita è unica e non è fatta per essere sopportata, non ci dobbiamo accontentare in amore, dobbiamo piuttosto imparare ad accogliere l’amore che meritiamo. Nel mio nuovo libro «d’Amore ci si Ammala, d’Amore si Guarisce», ti parlo di relazioni ma, ancora di più, ti parto di te e di cosa puoi fare per te stesso per costruirti una storia d’amore appagante, lavorando sui carichi emotivi che ti porti dal passato. Ecco! Io, il libro che tanto cercavi l’ho scritto. Il resto sta a te ❤ Il libro lo trovi in libreria, su Amazon a questo indirizzo e su tutti gli store online.
A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
Autore del libro Bestseller “Riscrivi le pagine della tua vita” Edito Rizzoli
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