Ci sono momenti nella vita in cui sembra che tutto il mondo sia contro di te. Non parliamo solo dei grandi crolli, dei lutti, dei licenziamenti, delle rotture dolorose. Parliamo di quel senso di fatica sottile che si insinua nelle giornate ordinarie, quando ti alzi e ti sembra che nulla abbia senso, che i tuoi sforzi non portino frutti, che tu stia correndo senza arrivare mai da nessuna parte.
In quei momenti, la vera battaglia non è fuori: è dentro. Lo scoraggiamento non è solo una sensazione, è un dialogo interiore che ti ferisce. Una voce che sussurra: “non sei abbastanza”, “non ce la farai”, “hai sbagliato tutto”.
Eppure, se c’è qualcosa che può cambiare radicalmente il tuo stato d’animo, è proprio il modo in cui ti parli. Le parole non sono mai neutre: hanno il potere di accendere o spegnere i circuiti del cervello, di attivare o calmare il sistema nervoso, di costruire o distruggere la tua immagine di te. Per questo imparare a rivolgersi frasi compassionevoli, reali e non banali, può diventare una forma di cura psicologica quotidiana.
Lo scoraggiamento non nasce dal nulla
Quando ti senti scoraggiato, spesso non è solo per ciò che stai vivendo oggi. A volte quella stanchezza ha radici molto più antiche. Può essere il ricordo implicito di momenti in cui, da bambino, ti sei sentito solo di fronte a una difficoltà troppo grande per la tua età. Può essere il peso invisibile di frasi ricevute allora — “non sei capace”, “smettila di lamentarti”, “gli altri fanno meglio di te” — che hanno continuato a lavorare dentro di te come un eco.
Le neuroscienze mostrano che le esperienze infantili non si cancellano: restano depositate nella memoria implicita e si riattivano ogni volta che vivi una situazione simile. È per questo che un piccolo fallimento di oggi può farti sentire sproporzionatamente abbattuto: perché non stai solo affrontando il presente, ma anche le ombre del passato.
Cosa dirti quando ti senti scoraggiato
In psicoanalisi si direbbe che lo scoraggiamento è spesso una ripetizione: la mente rievoca inconsciamente il dolore antico e lo sovrappone alla realtà attuale. Riconoscerlo è fondamentale: significa che non sei “debole” oggi, ma che stai portando dentro di te un fardello che non ti appartiene più. E proprio per questo, imparare a parlarti con frasi nuove diventa un modo per riscrivere la tua storia emotiva.
1. “Questo è un momento, non la mia intera vita”
Quando ti senti abbattuto, la mente tende a trasformare il presente in destino. Se oggi non vedi risultati, ti sembra che non ne vedrai mai; se una persona ti ha deluso, ti sembra che lo faranno tutti. È un meccanismo di difesa della mente: per anticipare i rischi, generalizza.
Questa frase ti aiuta a ridare dimensione temporale allo scoraggiamento: lo colloca nel “qui e ora” invece che estenderlo al “sempre”. È come dire al cervello: “questo dolore non definisce tutta la mia storia”.
Dal punto di vista psicoanalitico, significa spezzare il legame inconscio con esperienze infantili in cui un dolore veniva vissuto come eterno (la mancanza della madre, un abbandono improvviso). Dal punto di vista neuroscientifico, significa ridurre l’attività dell’amigdala e ricordare all’ippocampo che le emozioni sono transitorie.
Un esercizio utile: quando ti senti travolto, immagina di guardare la tua vita dall’alto, come se fosse un libro. La pagina che stai leggendo è pesante, sì, ma il libro ha molte altre pagine ancora da scrivere.
2. “Posso fermarmi senza perdermi”
Nella cultura in cui viviamo, la pausa è percepita come un lusso o peggio: come una colpa. Fermarsi significa “perdere tempo”, “rallentare rispetto agli altri”. Ma questa logica alimenta lo scoraggiamento: più ti sforzi di spingere, più la tua mente e il tuo corpo si ribellano.
Ripeterti che puoi fermarti senza perderti è un atto di libertà. Significa riconoscere che il valore non si misura dalla velocità, ma dalla presenza. È un messaggio al tuo sistema nervoso: puoi passare dalla modalità “lotta e fuga” a quella di riposo e digestione.
La psicoanalisi ci ricorda che molti di noi hanno interiorizzato un genitore esigente dentro di sé, quella voce che dice: “non fermarti, non sei mai abbastanza”. Questa frase diventa allora una risposta interna: “ho il diritto di riposare senza smettere di essere me stesso”.
Prova a praticare micro-pause: anche cinque minuti in cui chiudi gli occhi e respiri profondamente. Il tuo cervello rilascerà neurotrasmettitori calmanti che ti restituiranno lucidità.
3. “Non devo avere tutte le risposte adesso”
Lo scoraggiamento nasce spesso dal vuoto: non sapere quale direzione prendere, sentirsi senza bussola. L’ansia più grande non è il dolore, ma l’incertezza. La mente ci spinge a voler definire tutto subito, perché l’incertezza attiva lo stesso allarme biologico del pericolo.
Questa frase è un balsamo: ti ricorda che puoi restare nel dubbio senza crollare. Non avere risposte immediate non significa essere incapace, significa essere umano. Dal punto di vista neurobiologico, concederti di aspettare riduce lo stress sulla corteccia prefrontale, che sotto pressione diventa meno efficace.
Dal punto di vista psicologico, significa anche accettare la dimensione inconscia del vivere: molte risposte maturano senza che tu te ne accorga, emergono all’improvviso dopo un periodo di sospensione.
Pensa alle volte in cui hai trovato una soluzione “all’improvviso”: non è stato un caso, ma il risultato di un tempo di incubazione interiore.
4. “Ho superato altre difficoltà, posso farcela ancora”
Quando sei scoraggiato, perdi la memoria della tua forza. È come se il dolore presente cancellasse tutte le prove che hai già superato. Ma dentro di te esiste una storia di resistenza che non puoi ignorare.
Questa frase ti riporta a quella memoria. Ogni tempesta passata è una testimonianza che hai più risorse di quelle che pensi. Dal punto di vista neuroscientifico, rievocare esperienze positive attiva i circuiti dopaminergici e rinforza l’autoefficacia: la convinzione profonda di poter riuscire di nuovo.
In chiave psicoanalitica, è come riscrivere la narrazione interiore: non sei solo vittima degli eventi, sei anche colui che ha trovato strategie, colui che ha imparato, colui che ha già attraversato dolori.
Puoi persino scrivere una lista: “le volte in cui ce l’ho fatta”. Rileggendola, vedrai che il tuo scoraggiamento non è tutta la verità.
5. “Il mio valore non dipende da ciò che realizzo”
Questa è forse la frase più difficile da credere, soprattutto se sei cresciuto in un contesto in cui venivi elogiato solo per i voti, per i successi, per l’obbedienza. Lo scoraggiamento nasce spesso quando i risultati non arrivano, perché allora sembra che non valga la pena esistere.
Dirti che il tuo valore non dipende da ciò che realizzi è un gesto rivoluzionario. Significa separare l’essere dal fare. Significa dare a te stesso quello che forse non ti è stato dato: amore incondizionato.
A livello biologico, questa frase abbassa il livello di cortisolo tipico delle situazioni in cui ti senti giudicato e aumenta l’attivazione dei circuiti della sicurezza. A livello psicoanalitico, è come “ri-madrearti”: offrire a te stesso la cura che un tempo forse ti è mancata.
Ogni giorno, prova a scrivere tre cose che valgono di te indipendentemente da ciò che hai fatto: un tratto, una qualità, un gesto verso qualcuno.
6. “Anche adesso, posso fare un piccolo gesto di cura per me”
Lo scoraggiamento porta con sé l’immobilità: ti convince che non ha senso fare nulla, che tanto non cambierà niente. Ma la verità è che basta un gesto minimo per invertire la rotta.
Questa frase è una chiamata all’azione gentile. Non ti chiede di cambiare la tua vita in un giorno, ma di compiere un atto di cura: bere acqua, stendere il corpo, scrivere un pensiero. Piccoli gesti che mandano un messaggio al cervello: “sto tornando a occuparmi di me”.
Dal punto di vista neuroscientifico, anche il più piccolo atto di auto-cura rilascia dopamina e serotonina, rinforzando i circuiti della motivazione e del benessere. Dal punto di vista psicologico, è un atto simbolico: significa che non sei totalmente in balia dello scoraggiamento, che una parte di te ha ancora potere di scelta.
Non sottovalutare i gesti semplici: a volte una passeggiata breve ha più potere di mille ragionamenti.
Parlati come parleresti a chi ami
Lo scoraggiamento è una delle emozioni più universali: tutti, almeno una volta, hanno conosciuto la sensazione di non farcela, di sentirsi troppo piccoli di fronte alla vita. Ma c’è una grande differenza tra chi si lascia definire da quel dolore e chi impara a trasformarlo in occasione di crescita.
La differenza sta spesso nel dialogo interiore. Le parole che usi con te stesso possono diventare catene o chiavi. Una voce critica, che continua a dirti che non vali abbastanza, ti lascerà fermo nello stesso punto, senza energia. Una voce gentile, invece, è come una mano che ti solleva piano: non ti porta fuori dalle difficoltà in un istante, ma ti ricorda che sei ancora vivo, che c’è ancora spazio per sperare, che non sei finito qui.
Imparare a parlarsi in questo modo non è un gesto di debolezza, ma un atto di forza. È smettere di punirti per ciò che non sei riuscito a fare e cominciare ad accompagnarti, come faresti con un bambino che ha bisogno di incoraggiamento. È riconoscere che dentro di te ci sono parti ferite che chiedono accoglienza, non giudizio.
Quando ti dirai con sincerità che questo momento passerà, che non sei definito dai tuoi risultati, che anche adesso puoi prenderti cura di te, starai facendo molto più che consolarti: starai insegnando al tuo cervello a creare nuove connessioni, starai guarendo vecchie ferite che ti hanno convinto di non valere.
E questo è il cuore di ogni percorso di crescita autentica: riconoscere il passato, ma non lasciarsi più governare da esso. Dare voce a parole nuove significa liberarsi da quelle antiche che ti hanno ferito.
Se vuoi andare ancora più in profondità in questo viaggio — imparando non solo a cambiare il tuo dialogo interiore, ma a costruire una felicità che non dipenda più dalle aspettative altrui — ti invito a leggere il mio libro “Il mondo con i tuoi occhi”. È un cammino che ti aiuta a guardare dentro di te con onestà, a smascherare i costrutti che ti hanno reso prigioniero e a scoprire che esiste un modo diverso di vivere: più libero, più tuo, più fedele a chi sei davvero.
Lo scoraggiamento, allora, non sarà più una condanna ma un segnale: il richiamo gentile che ti invita a fermarti, a riascoltarti e a ricordarti che, anche nei giorni più bui, puoi sempre ricominciare. Il mio libro è disponibile in libreria e qui su Amazon
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Ti aspetto lì per continuare il viaggio