Quando qualcuno ci ferisce fino a farci soffrire, è inevitabile covare del risentimento. Allora s’innesca una reazione a catena che se non ben elaborata e gestita, può invalidarci la vita e indurci a credere di amare qualcuno che, in realtà, non amiamo affatto… ne siamo solo “attaccati” per uno strano mix emotivo! Ti spiego bene: dove c’è sofferenza per un torto subito c’è rancore e dove c’è rancore c’è rabbia. Ecco una buona notizia, la rabbia, così come la sofferenza, non sono emozioni negative. In realtà, le emozioni negative non esistono perché ogni emozione ha il suo scopo. La rabbia, per esempio, predispone all’azione. Ti dà modo di agire quando subisci un torto. La sofferenza ti dà informazioni preziose sull’ambiente in cui ti trovi (che sia un legame affettivo, un posto di lavoro… ti dice che lì non stai bene e che magari hai bisogno di fare qualche passo indietro o avanti, hai bisogno di cambiare qualcosa!).
Il risentimento è qualcosa di molto più complesso. Te lo spiego così possiamo dare “un nome alle cose”, perché nella confusione, quando si provano emozioni intense, ci si sente spesso confusi. La voglia di riscatto viene confusa con la voglia dell’altro, una cattiva gestione cognitiva (pensieri ricorrenti di lui/lei, ricordi, rimuginii), vengono confusi e interpretati come nostalgia. In pratica confondiamo:
- attaccamento con amore,
- volontà di riscatto con amore,
- pensieri ossessivi con amore,
- rancore con amore…
Quando non riusciamo a dimenticare chi ci ha fatto del male non è perché lo amiamo. È semplicemente perché “sentiamo che c’è qualcosa in sospeso” che “non abbiamo chiuso il cerchio” e questa sensazione di riscatto è legata a ciò che proviamo: il rancore. Il rancore è un sentimento di risentimento profondo, non manifestato apertamente, ma tenuto nascosto dentro e che è emerso a seguito di un’offesa, un’ingiustizia o un torto subito. Il rancore non è un’emozione passeggera come la sofferenza o la rabbia ma un sentimento persistente che non passerà da un giorno all’altro. Emerge quando non hai lasciato andare chi o cosa avresti dovuto lasciar andar via!
Cosa non fanno le persone che vogliono dimenticare chi le ha fatte soffrire
Chiarito un po’ “come funzionano” le emozioni, c’è un’altra grande idea da sfatare: non è «lei/lui» speciale. Quello che ti lega ancora alla persona che non riesci a lasciar andare, sappi che non riguarda affatto l’altro ma soltanto te. Questo «dipende da te» non ha lo scopo di farti stare male con te stesso ma di aprirti gli occhi sul tuo potere. Perché se il lasciar andare può dipendere da te, allora vuol dire che non sei destinato a essere succube del tuo rancore, del tuo “attaccamento”, vuol dire che puoi fare qualcosa per te stesso. Solo che non sai ancora che cosa. Per ora. Per aiutarti a uscirne, ti segnalerò alcune cose da evitare.
Non sfuggono alle emozioni
Quando vuoi evitare qualcosa, scappi ma riflettici: se questo non funziona per i fantasmi di Pac-Man, figuriamoci per le tue emozioni. Più tenti di allontanarle e più le subirai. Prendi atto che c’è una parte di te ancora proiettata a chi ti ha ferito. Ogni volta che quella parte di te si fa sentire in qualche modo, che ti fa sentire sopraffatta o in balia delle tue emozioni, invece di sopprimerla, prova ad accoglierla. Connettiti con questa parte di te, prova a sentire la sua paura, il suo dolore. Ricorda che quella parte di te, non rappresenta la complessità del tuo essere, non sei tu ma è solo un frammento della tua interezza. Non identificarti completamente con ciò che sente e che pensa, ma osservala e accoglila come se fosse un piccolo cucciolo indifeso, da proteggere e coccolare. Tu sarai, da oggi, il suo saggio guardiano.
Non si auto-criticano ne’ incolpano
Non arrabbiarti con te stesso se non riesci ad andare oltre. Ogni volta che sei troppo severo con te stesso, prova a sostituire quella voce con parole gentili e rassicuranti. Quando trascorri una vita a parlare con te stesso in modo aspro, conosci solo quella realtà. Ti aspetti severità e giudizio da tutti ma non deve andare necessariamente così. Prova a ripensare a quando eri bambino, quando eri molto triste e spaventato, quale parole ti rassicuravano? Ricordi che ci fosse qualcuno con te a rassicurarti? Cosa ti diceva? Considerando il guardiano saggio di cui parlavo prima, riusciresti a garantirti la stessa rassicurazione?
Non fanno chiodo-schiaccia-chiodo
Se pensi di non avere un’identità puoi farlo. Puoi passare da una relazione all’altra. Puoi rendere la tua vita sentimentale l’unico cardine della tua intera vita. Ma se pensi di avere un’identità tua, se pensi di essere una persona completa e degna di stima, allora passare da una relazione all’altra non ti serve. Ti occorre semplicemente curare la relazione che hai con te stesso. Ti sei messo da parte troppo spesso, lanciarti a capofitto in un’altra storia non farà altro che renderti meno protagonista della tua stessa vita.
Non si aggrappano al passato
Dire addio è difficile non solo perché ti sembrerà di rinunciare a qualcuno che ami, lo è perché implicitamente, stai rinunciando all’idea di lui/lei che avevi costruito nella tua mente. Il partner amorevole (o il genitore accudente), spesso sono soltanto bugie rassicuranti che ci siamo raccontanti per tanto, troppo tempo. Perché, nella realtà, l’amore che meritavamo e di cui avevamo bisogno, non ci è mai stato concesso. Allora, per quanto triste, dire addio diventa l’unico lieto fine possibile.
Quell’addio, così temuto, ci restituirà a noi stessi, non più prigionieri di un’idea, non più intrappolati in un amore desiderato ma mai concesso. Sarà terribilmente doloroso ma anche meravigliosamente liberatorio.
Non vedono nel partner un’opportunità di riscattarsi
Talvolta, quell’addio diventa così difficile perché nel pronunciarlo al partner di oggi, dobbiamo elaborare anche dolori del passato. Il partner diventa il mezzo con il quale “speriamo inconsciamente” di riscattarci dall’amore che non c’è stato concesso e dai tutti i torti subiti. L’innamoramento, infatti, altro non è che una regressione inconscia all’età infantile. Non è qualcosa di magico ma qualcosa di fisiologico che ha il suo decorso e che solo raramente può trasformarsi in amore.
L’innamoramento, quando esistono ferite, si trasforma spesso in un incastro emotivo. Per esempio, se nell’infanzia ci siamo sentiti spesso rifiutati, il partner può aver risvegliato in noi la ferita del rifiuto e nel “non dimenticarlo” serbiamo la speranza di riscattarci da tutto il dolore vissuto e mai elaborato nell’infanzia. In effetti, sono poche le persone che riescono a tramutare l’innamoramento in vero amore. Perché, fidati, il vero amore non ferisce, non fa soffrire, non fa sentire inadatti o abbandonati.
Cosa puoi fare per te stesso?
A questo punto della lettura, probabilmente avrai capito che le emozioni che senti ti inducono a pensare che ami quella persona ma che questo è solo un inganno. Avrai capito che c’è una parte di te che vuole quella persona perché in passato ha sofferto troppo e che ora, lì bloccata, aspetta un sua consolazione, un suo riscatto.
Ciò che hai ancora bisogno di capire è che quella piccola parte di te ferita e spaventata, non ha bisogno di alcun riscatto. Ha solo bisogno di essere amata e può essere amata da te. Non meriti di andare a letto la sera sentendoti solo, deluso o abbandonato. Meriti di essere felice e tu puoi imparare a dartela quella felicità, puoi concedertela! Sai, nel mio libro «d’Amore si guarisce», ti spiego proprio come concederti quell’amore che per tanto, troppo tempo, ti è mancato. In realtà, il titolo completo del libro è «d’amore ci si ammala, d’amore si guarisce» ma se stai soffrendo, voglio dedicare a te solo la seconda affermazione: D’amore si guarisce e l’amore che fa sentire completi e non più soli è proprio il tuo. Il libro è un bestseller, per le sue cadute sul benessere psicoaffettivo è il più consigliato dagli psicoterapeuti e puoi trovarlo su amazon a questa pagina o in qualsiasi libreria.
Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in psicobiologia
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