Se hai avuto un’infanzia difficile, hai capito presto che dovevi cavartela da solo e sei arrivato dove sei adesso, solo con le tue forze. Sei sopravvissuto a ricatti morali, sensi di colpa e vincoli affettivi e questo ti ha reso sicuramente più forte e anche più sensibile, ma lo ha fatto a caro prezzo. Come hai pagato tutta questa forza? Con il dolore che ti porti dentro, con la solitudine e la fiducia spezzata. Già, perché chi ha avuto un’infanzia difficile, solo all’apparenza riesce a fidarsi, in profondità, invece, si fida solo di se stesso. Se ti rispecchi in queste parole, probabilmente hai subito un trauma relazionale. Più avanti ti descriverò degli indicatori utili e nozioni che potrebbero farti riflettere.
Sentirsi soli e diversi
I sentimenti di profonda solitudine sono molto comuni tra gli adulti che hanno vissuto un’infanzia difficile. Eppure, solo raramente questi adulti sono davvero consapevoli delle ardue sfide che hanno dovuto superare da bambini. Chi ha avuto un’infanzia difficile, anche se non è consapevole della drammaticità degli eventi che ha dovuto fronteggiare, si ritroverà con tutti i sintomi di quello che è definito «trauma relazionale». In particolare, chi ha avuto un’infanzia difficile può trovare questi vissuti molto familiari:
- Senso di solitudine
- Difficoltà a stare da solo
- Bisogno costante di stimoli o di qualcosa per distrarsi (musica, scrolling, tv…)
- Difficoltà a comprendere profondamente te stesso e i tuoi bisogni emotivi
- Profonda sensazione di vuoto che può manifestarsi anche come “noia” o sensazione che manchi qualcosa
- Difficoltà nel regolare la distanza tra te e gli altri (o troppo distaccato o troppo appiccicoso)
- Senso di vergogna
- Facilità nel nutrire sensi di colpa
- Ti senti come se non fossi abbastanza o fatalmente imperfetto
- Difficoltà a comprendere e regolare le emozioni
Ma che cos’è un trauma relazionale? Un trauma relazionale è qualcosa di invisibile ma i cui effetti, come hai potuto constatare nell’elenco precedente, sono molto tangibili. Il termine “relazionale” sta a indicare che il trauma è avvenuto all’interno di una relazione intima, in particolare, in una relazione precoce genitore-figlio.
Il trauma relazionale sortisce, in una certa misura, effetti paragonabili a quelli dei grandi traumi (abusi sessuali, violenze fisiche, essere sopravvissuto a una calamità…) solo che, per sua natura, passa completamente inosservato. Chi lo subisce, tende a normalizzare i suoi vissuti: il trauma relazionale entrare a far perde di noi. Un trauma relazionale può innescare anche un forte senso di inutilità e impotenza appresa.
Molteplici ricerche hanno messo a fuoco quanto le condizioni di carente e/o di perverso accudimento dei bambini siano diffuse e quanto possano produrre danni incalcolabili nella costruzione della loro personalità, con effetti che si distendono per tutto l’arco della vita, sul piano fisico, psichico e comportamentale.
Gli effetti di un’infanzia difficile
Tutto ciò che sappiamo sulla fiducia, sul rispetto, sull’intimità, la condivisione, la vicinanza affettiva, la sensibilità, il sostegno reciproco, la tenerezza, la ricerca di amore (…), è legato alle cure primarie che abbiamo ricevuto da bambini, è legato alla relazione che i nostri genitori hanno stretto con noi dal momento della nascita.
Se non siamo stati accolti, amati e validati, se la nostra fiducia è stata tradita e le nostre fisiologiche aspettative di accettazione infrante, allora tutta la nostra educazione emotiva sarà compromessa. Ognuno dei temi salienti della nostra esistenza (ambizioni, percezione di sé, percezione dell’altro, amore…) sarà viziato dallo spettro del rifiuto, dal possesso, dalla ricerca asfissiante da un lato e dalle distanze abissali dall’altro.
Il legame traumatico che più ti ha segnato, puoi sentirlo eccome! Puoi sentire dentro di te una matassa di sentimenti ambivalenti (discordanti tra loro), difficili da comprendere e difficili da chiarire finanche con te stesso. Molti adulti che hanno subito un trauma relazionale, infatti, da un lato sentono il bisogno di liberarsi dalla propria madre (o padre) e, allo stesso tempo, provano un forte senso di colpa o un vincolo morale ineluttabili che trattine proprio come farebbero delle catene in “carne e ossa”. Ancora più difficile è la situazione degli adulti che, pur avendo subito un trauma relazionale, continuano a incolpare se stessi per tutto, rifiutandosi di guardare con occhio razionale alla propria infanzia.
L’adultizzazione infantile
Quando un genitore non supporta in modo adeguato lo sviluppo di un bambino, questo, dovrà crescere in fretta, diventando, in un certo senso, un piccolo adulto. Se anche tu sei cresciuto in fretta, probabilmente quando eri piccino non ti sei mai potuto concedere il lusso di essere davvero te stesso. Se sei cresciuto in un ambiente di sviluppo non supportivo, infatti, hai dovuto guadagnarti l’amore genitoriale a caro prezzo.
Quel prezzo consisteva nel rinunciare a te stesso e crescere in fretta, per accontentare mamma e papà e salvaguardare la relazione genitoriale. Ti sei ritrovato, quindi, a rinnegare i tuoi stati emotivi, a invalidare la tua tristezza, la rabbia, il rancore e il dolore intenso per guadagnarti l’accettazione, per ottenere un po’ di amore condizionato.
Durante la nostra infanzia attraversiamo le prime tappe dello sviluppo psico-affettivo, è qui che si forma la personalità che ci accompagna da adulti. Le emozioni che rimangono inespresse, purtroppo, vanno a forgiare una personalità non in linea con i propri bisogni ma realizzata sulla base di qualcosa che è esterno da sé: le aspettative, i bisogni e le pretese genitoriali!
L’amore di un genitore dovrebbe essere incondizionato e non richiedere nessuno scotto al figlio, tuttavia, i genitori che a loro volta hanno ottenuto amore condizionato, tendono a riproporre questo modello educativo fatto di rigide aspettative. In caso di adultizzazione infantile, il rapporto con il genitore è frastagliato anche da adulti. In particolare:
- I tuoi genitori continuano a trattarti come un bambino, anche se sei un adulto
- Nella famiglia non c’è stata alcuna evoluzione, da anni, si ripetono gli stessi copioni
- I tuoi genitori ti manipolano sfruttando il denaro
- Quando affronti determinati argomenti con i tuoi genitori, la cosa ti sovraccarica sia emotivamente che fisicamente
- I tuoi genitori continuano a controllarti mediante sensi di colpa e senso del dovere
L’uso del denaro per manipolare una persona è molto frequente e non solo nella relazione genitore-figlio. Basterà pensare ai matrimoni dove una persona è economicamente dipendente dall’altra. In questi contesto, lo scenario è estremamente delicato e… drammatico. Il denaro diventa uno strumento di potere e controllo a causa del quale, l’altro, è indotto a non deludere mai chi detiene il potere.
La solitudine genera altra solitudine
La solitudine che provi, non è un sentimento nuovo. Forse non lo ricordi ma, ogni volta che hai avuto bisogno di qualcuno e quel qualcuno non c’era… è così che ti sentivi, solo e abbandonato. È lì che va ricercato il seme della solitudine che sperimenti oggi. Infatti, probabilmente ti senti solo anche quando circondato da affetti e tutto questo può inquinare la tua vita e farti sentire ancora più solo. I periodi peggiori, per te, potrebbero essere quelle festività dove l’unione è tutto (il tuo compleanno, il Natale…).
Adesso smetterò di dirti cose che hai già sperimentato per darti una buona notizia. Considerato i vissuti che ti porti alle spalle, sei abbastanza forte per superare i sentimenti di solitudine. In che modo? Continuando a superare difficili sfide, come quella di guardare dentro te stesso e imparare a conoscerti.
Scopri chi sei
Se hai la sensazione di non sentirti apprezzato, di non essere mai abbastanza, ciò avviene perché invalidi tutte le tue emozioni. Fin da bambino, hai imparato a farti piccolo piccolo e metterti da parte, mettendo sempre da parte i tuoi bisogni, hai finito poi per precluderti molte possibilità anche quella di conoscerti ed esprimere pienamente te stesso. Ti sei invalidato, dopo che i tuoi genitori ti hanno insegnato (spesso involontariamente) a farlo. Quello di invalidazione è un concetto importante in psicologia. L’invalidazione comunica chiaramente che i tuoi stati d’animo, i tuoi pensieri e le tue azioni non hanno senso, sono stupidi o eccessivi, che non valgono l’interesse, il rispetto e che quindi, non meritino un tempo e uno spazio. Eppure tu meriti un tempo e uno spazio.
Non puoi riscattarti per quello che in passato ti è stato negato, ma puoi fare in modo che adesso nessuno (neanche te stesso!) te ne sottragga dell’altro. Tu meriti un posto in questo mondo e con te, anche le tue emozioni più ingombranti, anche i tuoi pensieri più scomodi. Fa tutto parte del “pacchetto” e tu hai bisogno di accogliere tutto per essere pienamente te stesso.
Il farsi piccoli piccoli per non dar fastidio, per non essere feriti, per non essere giudicati, ti preclude molte opportunità, prima tra tutte, quella di sperimentare te stesso in contesti diversi. Riflettici. Per rispettare le aspettative altrui e non deludere, quante volte hai detto «sì» perché non sei riuscito a opporti alla volontà del tuo interlocutore? Quanti compromessi scomodi hai accettato? Eppure tu hai un valore intrinseco tutto da scoprire, invece di pensare a non deludere gli altri, hai bisogno di imparare ad ascoltare e gratificare te stesso. Impara a scoprire le tue emozioni, sono queste che ti orienteranno nella direzione giusta.
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A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
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