Avere un rapporto conflittuale con la famiglia d’origine è del tutto normale, soprattutto durante il periodo dell’adolescenza. Poi si diventa adulti e quel rapporto disfunzionale con i genitori diventa una costante. Ci si muove faticosamente nei meandri della vita… tutto diventa più difficile: interagire con gli amici, instaurare una relazione sentimentale, crearsi un’indipendenza economica…..
Come se fossimo costretti a trascinare dei pesi invisibili collegati alle nostre braccia e alle nostre gambe senza, riuscire a liberarcene. Così potrebbe essere descritto quello schiacciante carico emotivo che si prova quando ci si sente imprigionati in una famiglia sbagliata.
Come riconoscere una famiglia tossica e oppressiva
Chi vive in una famiglia tossica in genere ne è consapevole? Purtroppo la risposta è Sì, anche se non si ha il coraggio di ammetterlo. Chi vive in una famiglia che lo opprime, fatta di legami tossici, negativi, lo sa da sempre ma allo stesso tempo è incapace di uscirne.
Quando si ha a che fare con una famiglia tossica il senso d’indipendenza è praticamente assente, non è mai riuscito a svilupparsi. È come se ad un certo punto della propria vita tutto si sia fermato: si è cresciuti ma si continua a vivere nel proprio ruolo originario (figlio, genitore, fratello/sorella succube).
Spesso nelle famiglie tossiche vigono legami impostati sul dispotismo e sensi di colpa. Sono famiglie nelle quali non esistono legami basati esclusivamente sull’affetto, tutto è comunque legato al potere alienante del genitore, può essere il padre o la madre. Vige insomma la legge del più dispotico ad alienare su tutti.
Ogni cosa, attività, abitudine è imposta da qualcun altro, non vi è potere decisionale se non quello di chi detiene il potere. Da sottolineare che il potere può concentrarsi anche nelle mani di più persone; possono essere entrambi i genitori oppure un genitore e un figlio, quello prediletto, anche se anch’esso vittima inconsapevole della manipolazione del genitore.
Un bimbo di per sé non è sbagliato, è l’ambiente che lo circonda che alcune volte lo plasma in modo errato. Quando un neonato viene alla luce è come un foglio bianco, immacolato, dipende dai genitori far sì che questo foglio bianco si riempia di buone nozioni, di insegnamenti profondi e che il piccolo non cresca solo dal punto di vista fisico ma anche sul piano emotivo.
Famiglia tossica: le conseguenze di un legame disfunzionale
Vivere in una famiglia tossica non è affatto semplice! È come accettare di farsi tarpare le ali, di farsi sovrastare dagli altri. La famiglia può essere considerata come un microcosmo che ricrea situazioni che potrebbero verificarsi anche con il mondo esterno (la scuola, il lavoro, gli hobbies…).
Questo significa che se continuiamo a subire un’atteggiamento così disfunzionale molto probabilmente rifletteremo la medesima situazione anche in altri contesti. Tenderemo a ricreare lo stesso scenario e mantenere lo stesso ruolo… in pratica, saremo oppressi per sempre! Continuare a frequentare e a convivere in una famiglia tossica significa:
- Non sviluppare mai senso d’indipendenza.
- Alimentare ansie e paure in ogni sfera della propria vita (emotiva, relazionale, professionale etc.).
- Non realizzarsi mai nella vita.
- Accettare il proprio ruolo marginale e senza alcun potere (in ogni contesto).
- Non scoprire mai il proprio vero io.
- Frenare costantemente la propria crescita personale ed emotiva
Famiglia tossica, i modelli ricorrenti
Ecco quattro dinamiche molto diffuse.
1. L’effetto Pigmalione e la sua influenza
L’effetto Pigmalione, detto anche effetto Rosenthal, è il nome che si dà all’effetto psicologico della “profezia che si autoavvera”. Se siamo convinti che una persona valga di più, inconsciamente la tratteremo in modo da stimolarne il potenziale di sviluppo. Questo vale anche al contrario: se siamo convinti che un bambino abbia un potenziale inferiore, finiremo per inibirlo e fargli conseguire risultati inferiori. Per questo motivo, qualsiasi etichetta che i genitori affibbiano ai loro figli, come, “sei uno scansafatiche”, “hai un pessimo carattere”, possono provocare un forte impatto su di loro… quel bambino finirà davvero per diventare uno scansafatiche. La famiglia non è consapevole di quanto possa influenzare i minori. Non sa che qualsiasi etichetta può condizionare fortemente quel bambino anche nella vita adulta.
Forse non sempre ce ne rendiamo conto, ma i nostri comportamenti possono essere influenzati sia dai nostri pensieri, sia da ciò che gli altri pensano di noi. Ciò significa che, se nella vita non pensiamo di valere, non saremo mai spinti a fare qualcosa di meglio, qualcosa in grado di auto-gratificarci, questo perché siamo sempre ancorati al modello disfunzionale appreso nella famiglia tossica di origine.
2. Amori che uccidono
C’è una frase che molti genitori ripetono ai bambini: “Nessuno ti ama come noi”. Questa frase può innescare un’implosione emozionale davvero grave, soprattutto se detta in situazioni e contesti disfunzionali.
Se il bambino assimila letteralmente questa frase, è possibile che si senta vincolato a provare gratitudine: il bambino perde il diritto di lamentarsi anche se non si sente apprezzato dai suoi familiari. Il bambino non riuscirà a mettere a fuoco le ingiustizie subite. A livello inconscio si innescherà questo ragionamento disfunzionale: “lo hanno fatto per il mio bene”. Di conseguenza, il bambino diventa incapace di agire dinanzi a situazioni più estreme come maltrattamenti o abusi emotivi, ingoiando qualsiasi rospo.
È importante sapere che l’amore della famiglia può essere insano e per questo motivo bisogna metterlo in discussione. La famiglia non sempre è buona per il solo vincolo di sangue, a volte è tossica ed è importante osservarne gli atteggiamenti dall’esterno, mantenendo un punto di vista critico e razionale. Purtroppo i bambini alienati, anche da adulti, spesso perdono la capacità di vedere e riconoscere determinate ingiustizie subite dai genitori o dai fratelli.
3. L’iperprotezione
Essere iperprotettivi con i figli non è un bene, anzi, può avere effetti nefasti sulla crescita di un individuo. Il genitore, sostituendosi ai suoi compiti durante l’infanzia e precludendogli determinate esperienze (non uscire fuori! Non sudare! Non correre…) avrà impedito al bambino di sperimentare ed esplorare se stesso e il mondo circostante. Un genitore iperprotettivo non darà modo al bambino di sviluppare la giusta autonomia: “io valgo”, “io posso”. Questo bambino, da adulto non si sentirà all’altezza di nulla e sarà pieno di insicurezze.
4. Frustrazione
Quante volte in una crisi di coppia ci vanno di mezzo i bambini? Anche se molti genitori non lo vogliono ammettere, i problemi di coppia hanno forti ripercussioni sui più piccoli di casa. Non solo da un punto di vista di cure (i genitori, troppo presi dalle loro liti, possono trascurare le necessità di un bambino) ma anche educativo: i bambini, comportandosi come delle spugne, finiscono per assorbire l’astio percepito in famiglia.
Molte famiglie, inoltre, riversano le loro frustrazioni e insicurezze sui bambini, sottoponendoli a una forte pressione che non meritano. I bambini non hanno colpa dei problemi degli adulti. Quante volte una mamma, presa dall’ira, ha affermato “è colpa tua se non lascio papà…” oppure “se non fesse per i nostri figli, sarei già andata via…”. Il bambino, in questo caso, non può che auto-colpevolizzarsi e sentirsi responsabile dell’infelicità del genitore.
Tutte queste situazioni familiari possono degenerare in depressione, disturbi della personalità, in situazioni di dipendenza e molte altre psicopatologie che renderanno la fase adulta molto complicata e dura.
5. Ambivalenza
L’ambivalenza è tra le condizioni disfunzionali più destabilizzanti. Un genitore ambivalente oscilla tra atteggiamenti amorevoli e anaffettivi. Il bambino vive tutto in modo assolutistico e, a causa degli atteggiamenti amorevoli, tenderà a idealizzare la mamma e vederla come completamente buona. Quando il genitore, oscillando, assumerà atteggiamenti anaffettivi o denigranti nei suoi confronti, il bambino si sentirà devastato e si percepirà come sbagliato. Il bambino non ha la capacità di comprendere che un genitore può sbagliare o “essere cattivo” ma proietta tutto il male su se stesso e finisce per sentirsi inappropriato e non meritevole di affetto. Questo senso di non valere caratterizzerà anche la vita di adulto. Non è un caso che bambini cresciuti con genitori ambivalenti possano sviluppare diversi disturbi di personalità, primo tra tutti il disturbo borderline di personalità.
Come sfuggire a una famiglia tossica
Lasciare la famiglia d’origine e affrontare il futuro da soli, in piena autonomia, diventa l’unica via di fuga se vogliamo costruire una maggiore sicurezza e pianificare la vita in completa libertà.
Allontanarsi da una famiglia tossica non è semplice, prima ancora di fare i conti con i fattori economici, bisogna fronteggiare sensi di colpa, ansia da separazione, obblighi morali intrinseci, inesistenti doveri di figlio e tanto altro ancora. Occorre buonsenso, buona capacità di giudizio e l’intuizione giusta per fare le scelte migliori per se stessi. Se non vogliamo più dipendere dalla nostra famiglia dobbiamo assumerci la piena responsabilità delle nostre azioni.
Anche se siamo legati alla famiglia d’origine da un vincolo di sangue, ciò non significa che siamo obbligati a convivere e condividere gli stessi spazi. E’ possibile un distacco senza necessariamente viverlo in modo assolutistico: è possibile provare affetto per i familiari anche mantenendo le distanze. Il distacco, quando è la famiglia di origine a fomentare malessere interiore, non solo è consigliato ma anche indispensabile.
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Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in neuropsicobiologia
Autore del libro best seller “Riscrivi le pagine della tua vita” edito Rizzoli
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