Cosa puoi scoprire su te stesso, osservando i tuoi ex partner

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor

L’idea che le nostre storie d’amore passate possano rivelare alcune caratteristiche della tua vita psicoaffettiva, potrebbe non piacerti. Eppure, le persone con cui scegliamo di accompagnarci (e poi di disfarci) possono dirci molto su chi siamo. Se è vero che la tua storia è finita per un motivo, è altrettanto vero che è iniziata per qualche motivo riconducibile a chi sei e come ti senti (o come ti sei sentito in particolari periodi della tua vita).

Ripensa ai tuoi ex, cosa ti raccontano di te?

Se ci pensi, non è così difficile da capire. Deve esserci stato qualcosa in quell’ex che ha fatto scattare l’attrazione, certo, se la storia è finita molto male si trattava di un abbaglio, ma se siete stati insieme, un motivo c’è stato. Qualcosa ha guidato i tuoi sentimenti verso di lui/lei. Insieme, proveremo a indagare quel “qualcosa” e magari, definendolo bene, possiamo scoprire cosa può dirci su dite.

Tutte le relazioni che stringiamo possono raccontarci molto su chi siamo e quali bisogni stiamo cercando di soddisfare. Analizzandole, abbiamo anche la possibilità di imparare dal nostro passato, individuare e migliorare i nostri modelli relazionali. I legami che stringi possono dirci il modo in cui concettualizzi la tua identità.

Quando incontriamo qualcuno/a, cogliamo sempre in lui/lei degli elementi che – intuitivamente – possono avvicinarsi ai nostri bisogni. I bisogni che tentiamo di soddisfare, però, a volte non emergono nel presente e non rimandano alla nostra vita affettiva adulta (bisogno di condivisione, di appagamento emotivo), bensì, rimandano a bisogni rimasti insoddisfatti durante l’infanzia.

Chi non ha sviluppato una sana autonomia emotiva e non riesce ad affermare pienamente la propria identità, finirà per stringere rapporti per ribellarsi alle proprie figure genitoriali o per replicare il modello genitoriale.

La replica del modello genitoriale

I comportamenti del tuo partner, in qualche misura, ricordano quelli di un tuo genitore? Nell’equilibrio di coppia, la tua posizione, ricorda quella assunta da uno dei tuoi genitori nel loro legame coniugale? Il potere decisionale era sbilanciato? A favore di chi? Riesci a fare delle sovrapposizioni?

Quando tentiamo di replicare il modello genitoriale dobbiamo riflettere su:

  • Il legame che i nostri genitori avevano tra di loro quando eravamo bambini
  • la relazione che noi abbiamo stretto con i genitori

Quando ci sono vissuti irrisolti, questi possono indurti a ricercare nel partner un riflesso dei comportamenti genitoriali. Se da bambino/a hai vissuto una forte trascuratezza emotiva, tenderai a stringere legami con partner poco attenti ai tuoi bisogni.

Cosa ci dice la tradizione psicoanalitica

La teoria psicoanalitica che può meglio spiegare la scelta del partner è quella della «coazione a ripetere», un complesso meccanismo per il quale tendiamo a metterci, in modo del tutto inconsapevole, in situazioni dolorose, senza renderci conto di averle attivamente determinate, né del fatto che si tratta della ripetizione di vecchie esperienze.

Nel libro «d’Amore ci si ammala, d’Amore si Guarisce», la scelta del partner viene spiegata in termini neurochimici. Le più moderne neuroscienze, infatti, hanno dato una spiegazione più completa a quella che gli psicoanalisti chiamavano «coazione a ripetere». La coazione a ripetere esiste eccome e, se non riusciamo a essere pienamente consapevoli dei meccanismi che ci guidano, rischiamo di vivere in un eterno passato. Condannati a saltare da una sofferenza all’altra, intervallate da fugaci momenti di apparente benessere. Sì, apparente, perché il benessere vero è duraturo, permane nel tempo e funge da fattore protettivo alle avversità che inevitabilmente ci pone avanti la vita.

Volendo semplificare la «coazione a ripetere» e applicarla alla tua vita, rifletti sul tuo partner e sul legami che avevi con il genitore al quale eri più legato da bambino.

  • Se hai avuto un genitore svalutante e giudicante, tenderai a legare con chi ti maltratta e ti sminuisce. Un partner presuntuoso, molto concentrato su se stesso, potrebbe far scoccare l’attrazione.
  • Se sei cresciuto con un genitore freddo e anaffettivo, troverai un partner severo, evitante, che dà poco spazio alla vita amorosa ed è molto più concentrato su quelli che possono essere hobby (collezionismo, accudimento di animali domestici…) o lavori (sarà molto centrato sulla carriera).
  • Se hai avuto un genitore iperprotettivo, potresti cercare un partner controllante, che ama gestire e prendere decisioni.

La scelta del partner come ribellione al potere genitoriale

La disapprovazione dei genitori, talvolta, non arriva in modo trasparente ma giunge al figlio in modo subdolo. All’apparenza, il figlio è sommerso di amore e attenzioni, tuttavia, si tratta di forme d’amore molto superficiali o morbose, basate sul controllo oppressivo e non sulla libertà di scelta. Quando le conflittualità sono nascoste, il partner scelto potrebbe incarnare la persona meno adatta per i genitori.

Il bisogno di autonomia del figlio, negato fin dalle esperienze precoci, finirà per essere assopito, al suo posto insorgerà rabbia e frustrazione. Rabbia e frustrazione sfociano in comportamenti disfunzionali che spesso si traducono in vendette trasversale da attuare per ribellarsi a quell’emancipazione mai concessa. La scelta di un partner difficile da accettare, diventa il mezzo per punire un genitore ingombrante (ipercontrollante, invadente e opprimente). La scelta del partner come vendetta trasversale, può cadere su soggetti bisognosi sia economicamente, come persone senza lavoro, sia fisicamente come persone ipocondriache o effettivamente malate. Tali persone non solo hanno più chance di essere disapprovate dai genitori ma sarebbero anche più semplici da vincolare a sé così il figlio potrà assicurarsi un ulteriore legame di dipendenza (così come lui dipende ancora dal genitore, ci sarà qualcuno a dipendere da lui).

L’esempio più comune che si rifà allo stereotipo della “moglie perfetta”

I modelli relazionali che hai oggi sono soltanto la conseguenza dei tuoi vissuti di ieri. Una donna che vive con la credenza di dover rinunciare a se stessa per essere una buona madre e moglie (perché lo ha visto fare prima a sua madre), se ha sviluppato un sano modello affettivo, dovrebbe cercare disconferme di questo nel compagno, da cui dovrebbe aspettarsi una divisione di responsabilità. Nell’ideale, dovrebbe scegliere un partner che la sollevi dall’occuparsi dei figli a tempo pieno, così che lei possa finalmente dedicarsi a qualcosa che le piace o alla sua carriera. D’altro canto, il compagno che le dice che lui sarebbe contento se lei potesse occuparsi di se stessa e delle sue passioni, dovrebbe sperare in cuor suo di sentire che ciò che lui le dà sia abbastanza per lei (cosa che disconfermerebbe la sua credenza di non fare abbastanza per renderla felice e orgogliosa).

Quanto descritto dovrebbe verificarsi in uno scenario ideale. Ma come visto, a causa della tendenza alla coazione a ripetere, se la donna ha già vissuto esperienze dolorose nei legami affettivi (e la relazione con il genitore non le ha consentito di sviluppare una sana autonomia emotiva), continuerà a collezionare relazioni non appaganti.

Una storia d’amore sana può correggere quelle credenze non funzionali su noi stessi, sugli altri e sulla realtà, sviluppate sin dall’infanzia sulla base dei legami disfunzionali che i nostri genitori hanno instaurato con noi. Tuttavia, se non siamo in grado di scegliere un partner sicuro e risolto, entriamo in un circolo vizioso dal quale è difficile uscire.

Quindi siamo condannati?

Certo che no! È stato osservato come partner con modelli affettivi disfunzionali possono trasformare se stessi acquistando quell’autonomia emotiva che consentirà loro di scegliere il partner in base a bisogni più adulti e non sulla base di bisogni insoddisfatti durante l’infanzia.

Nel manuale di psicologia «d’Amore ci si Ammala, d’Amore si Guarisce», è possibile iniziare a lavorare su se stessi per conquistare quell’emancipazione e affermazione di sé che ci è stata negata durante l’infanzia. Si tratta del testo più consigliato dagli psicoterapeuti. È disponibile su amazon (a questo indirizzo) e in tutte le librerie.

Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in psicobiologia
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