Cosa si nasconde dietro al disordine secondo la psicologia

| |

Author Details
Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

In casa o in camera nostra regna il disordine totale? La casa è piena di oggetti superflui e alcuni del tutto inutili? Vecchi giornali, vecchie collezioni impolverate, armadi che straripano di abiti che non indossiamo più, ingressi intasati da ombrelli e cappotti per non parlare di come riusciamo a intasare camera nostra. Spesso la casa, ossia l’organizzazione interna di essa, può rappresentare e coincidere con il mondo interiore del soggetto, nel senso che può essere la proiezione dello stato d’animo confusionale della persona. Se questa è afflitta da alcuni pensieri oppure sta trascorrendo una fase di confusione rispetto a decisioni che deve prendere, ecco che il disordine diventa la spia di tale scombussolamento.

Rendersene conto aiuta, ma qualche volta sentirselo ripetere continuamente riesce solo a deprimerci

Ci si rende conto di non essere in condizioni di trovare la forza fisica e mentale per ricominciare a mettere ordine nella propria casa: anche nella propria vita, dato che spesso questi due aspetti coincidono. Ovviamente un concetto valido per le persone abitualmente ordinate; per le persone cronicamente disordinate il discorso cambia. Ma andiamo per ordine….

Disordinati cronici. L’input per mettere ordine

Solo qualche evento positivo può dare l’input a riporre le cose al proprio posto.
Ciò succede perché a livello inconscio scatta la positività che incoraggia il sentire di potercela fare e supporta l’aver pazienza. In definitiva, si stabilisce un circolo virtuoso che spinge a non stare fermi e statici. Poco alla volta gli oggetti tornano nei cassetti, nelle scatole, e banalmente comprando nuovi contenitori, il soggetto è incoraggiato nell’impresa di far ordine in Sé e nella propria casa. Si perché i contenitori rappresentano nella psicoanalisi la speranza, l’ottimismo (ma solo in questo caso).

Confusione esistenziale. Il “ Clutter” o meglio disorganizzazione comportamentale

Va da sé che una casa disordinata corrisponde a un inconcludente approccio esistenziale! Questo tipo di ingombri, in inglese prende il nome di “clutter”, ovvero tutte quelle cose che conserviamo pur senza una ragione valida e che non intasano soltanto la nostra abitazione, ma anche la nostra vita.

Le motivazioni dell’accumulo. Psicologia dell’opportunità

Gli oggetti accumulati, rappresentano potenzialmente una speciale occasione o opportunità, ovvero sono oggetti “non si sa mai”, come definiti da Frost e Steketee: potrebbero in un lontano futuro servire, potrebbero essere importanti per risolvere qualche problema futuro, potrebbero acquistare valore. Questo naturalmente vale anche per gli oggetti che si acquisiscono, non solo nel conservare: per esempio, acquisti di cose che non servono ma “rappresentano un’occasione imperdibile e potrebbero tornare utile ai figli da adulti”.

Perché la casa è così fortemente rappresentativa di un mondo interiore del soggetto?

La casa è solitamente intesa come un contenitore protettivo, una sorta di nido che contiene e dovrebbe proteggere. Si stabilisce tra il soggetto e la propria casa la proiezione dei propri stati d’animo. Stando alla psicoanalisi, il disordine è un meccanismo di difesa, una forma di evitamento del dolore. Mediante questo meccanismo inconscio (del tutto inconsapevole) la persona impara fin da piccola a sottrarsi alle scelte proteggendo la propria identità dal timore che il passo compiuto possa causare una perdita.

Il non fare, diventa protettivo. Il lasciare tutto lì dov’è, senza investimento di energia nell’organizzazione, protegge da eventuali delusioni, rimorsi e colpe. Il fare nasconde l’aspettativa dell’appagamento, appagamento che per l’individuo disordinato va conquistato solo con gratificazioni immediate e mai con progettualità e reale investimento affettivo-cognitivo.

Generalmente il disordinato ha un passato molto difficile. E’ dovuto maturare troppo in fretta e non ha potuto concedersi il giusto spazio per la strutturazione del sé. La costruzione della propria identità è stata lasciata al caso e questo ha duplici risvolti da risolvere: da un lato, la persona non si conosce profondamente e non sempre riesce a capire davvero ciò che vuole e a muoversi in modo lineare verso i suoi bisogni. Dall’altro la persona disordinata può essere paralizzata all’idea di auto-affermarsi perché in passato ogni suo tentativo è stato prontamente ammonito da diverse avversità (un ambiente screditante o non supportivo).

Profilo psicoanalitico di un soggetto disordinato

Secondo la psicoanalisi l’attitudine al disordine nasconde l’incapacità di prendere delle decisioni e di conseguenza di assumersi precise responsabilità, dando l’impressione di essere disponibili a ogni tipo di compromesso: “una maniera per evitare di guardarsi dentro e quindi di riconoscere chiaramente i propri limiti”. Proprio per questo si tende a lasciare le situazioni in sospeso, senza soluzione, o si rinviano le decisioni, proprio come si lasciano gli oggetti sparsi per casa.

Normalmente il disordinato evita di avere progetti o considera le diverse situazioni a distanza, a grandi linee e senza aderirvi completamente. Secondo gli esperti, il disordine è una modalità di evitamento, un meccanismo di difesa inconscio grazie al quale si impara fin da piccoli a sottrarsi alle scelte proteggendo la propria personalità dal timore che il passo compiuto possa portare ad una perdita.

Ma ci sono anche dei vantaggi: le persone così riescono sempre a trovare ciò che cercano immerso nel proprio caos perché seguono una logica creativa, basata sulla memoria visiva, i raggruppamenti di oggetti.

Profilo psicoanalitico di un soggetto ordinato

Fare ordine significa invece prendere delle decisioni, valorizzare alcune situazioni a discapito di altre, aver il coraggio di esporsi in prima persona e subirne le conseguenze. L’ordinato ha anch’egli le sue piccole e moderate gioie personali. Ad esempio giudica negativamente e con senso di superiorità i disordinati.

La vittoria maggiore la ottiene quando riesce a mettere le mani nel caos di costoro: dal momento che mentalmente considera l’ordine un bene e il disordine un male, pretende di far pulizia ovunque, classificando, impilando, raccogliendo e cestinando ad esempio il materiale sulla scrivania del collega, perseguendo convinto questa specie di crociata personale. Portato all’estremo, il carattere dell’ordinato è permaloso, rigido nei giudizi, poco propenso a comprendere scherzi e battute, nei casi estremi un soggetto esageratamente ordinato ha difficoltà ad amare e a lasciarsi andare.

…E sempre riguardo al disordine

Uno studio pubblicato sul New York Times, afferma che un ambiente leggermente disordinato permette alla mente di liberarsi dalle convenzioni e di sentirsi più libera di muoversi in tutte le direzioni alla ricerca di nuove risposte e nuove idee. Pertanto, una stanza disordinata non necessariamente riflette una persona irresponsabile o dalla vita caotica. Così come chi si preoccupa moltissimo di controllare e tenere in ordine i suoi spazi e le sue cose non soffre di nessun disturbo mentale e non deve per forza essere accusata di essere ossessiva.

In sintesi….

Ognuno di noi ha il diritto di vivere e gestire i suoi spazi personali come preferisce e in libertà. Ogni angolo della nostra casa riflette le nostre abitudini e non per questo dobbiamo ricevere critiche o essere etichettati. L’importante è avere un certo controllo sul disordine senza farsi sopraffare.

Lessico psicoanalitico (dal mio punto di vista)

  • Comprare scatole nuove per mettere ordine significa ottimismo, voglia di cabiamento nella vita
  • Non riuscire a buttare le confezioni esterne (Scatoline medicinali, profumi ecc) in molti casi è un soggetto che ha vissuto un passato abbandonico. La stessa cosa vale per chi non riesce a buttare le etichette. Ma in questi casi è mancata più la figura del padre.
  • Chi ha la mania di conservare ogni tipo di scatola è in genere un soggetto ansioso o introverso. Caratterialmente è un soggetto gelosissimo delle proprie cose e non ama la condivisione.
  • Chi nel fare ordine tende a buttare le cose più che ordinarle sta reagendo a un conflitto interiore sentimentale.
  • Chi nel fare ordine tende a conservare cose molto inutili sta subendo un conflitto sentimentale.

Prova a fare ordine tra le tue cose

Senza voler assecondare alcun cliché, mettere ordine tra le tue cose potrebbe realmente aprire le porte a nuove modalità d’essere. Non solo per le influenze ambientali viste prima (scelte più sane), ma per lo sforzo cognitivo che richiede, giorno dopo giorno. L’ordine, infatti, non è un qualcosa che si fa una tantum ma è un qualcosa che va conquistata con investimenti quotidiani.

Fare ordine significa prendere decisioni. Sapere cosa conservare e cosa gettare via, valorizzare alcune situazioni a scapito di altre. Mettere in ordine significa avere il coraggio (e quindi la sicurezza, l’auto-affermazione) di esporsi in prima persona e non aver paura di deludere o rimanere deluso.

Fare ordine significa anche liberarsi dalle vecchi etichette che ti sei attribuito (o che ti hanno attribuito) nel tempo. Le etichette sono estremamente auto-limitanti perché ogni giorno possiamo essere diversi dal precedente. In questo, c’è più monotonia nel disordine che nell’ordine.

Se c’è qualcosa che ora puoi fare per te è… rinnovare alcune nozioni!

Puoi guardare a te stesso come farebbe un genitore fiero e orgoglioso di ciò che sta diventando il suo bambino. Puoi e anzi, meriti di essere considerato, stimato e amato. L’unico inconveniente è che gli altri inizieranno a notarti solo quanto tu noterai te stesso. Gli altri, inizieranno ad amarti davvero solo quando tu inizierai ad amarti. Ma come si fa ad amarsi? Ecco un’altra cosa semplice, proprio come camminare e parlare. Ti spiego come compiere questa grande impresa nel mio libro «d’Amore ci si Ammala, d’Amore si Guarisce». Ti prometto che, quando avrai letto l’ultima pagina, avrai la considerazione di cui hai bisogno. Mollerai la presa e smetterai di affannarti dietro a persone o cose che ti tormentano. Puoi trovare il mio libro in qualsiasi libreria d’Italia o su Amazon, a questo indirizzo.

A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
Se ti piace quello che scrivo, seguimi sul mio profilo Instagram: @anamaria.sepe.
Se ti piacciono i nostri contenuti, seguici sull’account ufficiale IG: @Psicoadvisor
Puoi leggere altri miei articoli cliccando su *questa pagina*