Ammettere i propri errori: perché non tutti ci riescono?

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

Gli errori pesano ma è impossibile evitarli; nessuno è perfetto. E di errori ne facciamo più spesso di quanto siamo disposti ad ammettere. Alcuni errori sono piccoli e insignificanti, come mettersi alla guida convinti di avere le chiavi in borsa!

Altri errori sono più importanti, come dimenticare un anniversario, un compleanno. E poi ci sono quegli errori che  possono segnarci o invalidare la nostra esistenza come per esempio mandare avanti una relazione che ormai non offre più nulla.

Tre modi di affrontare gli errori

A nessuno piace sbagliare, non lo facciamo apposta. Di solito viviamo gli errori come esperienze emotive spiacevoli. Ciò che è veramente importante non è l’errore in sé ma il modo in cui reagiamo quando ci rendiamo conto di esserci sbagliati. Cosa facciamo quando siamo in ritardo per il colloquio di lavoro e perdiamo l’occasione?

Alcuni ammettono semplicemente di aver sbagliato: “ho dimenticato l’orario dell’appuntamento, la prossima volta dovrò annotarlo nella mia agenda”. Questa è la reazione più matura perché implica non solo il riconoscimento della responsabilità, ma anche l’adozione di misure affinché non accada di nuovo. Ammettere e imparare dai nostri errori ci consente di entrare in una spirale di crescita.

Altri ammettono di aver commesso un errore, ma non lo riconoscono apertamente: “se non fosse stato per il traffico, sarei arrivato in tempo. La prossima volta dovrò partire prima.” In questo caso, sebbene non ci si assuma direttamente la responsabilità, almeno si impara la lezione. Non è perfetto ma è già qualcosa.

Altri, tuttavia, si rifiutano categoricamente di riconoscere il loro errore e addirittura ritengono responsabili gli altri: “gli intervistatori devono prevedere possibili ritardi, è inaudito che non mi abbiano dato una seconda possibilità!” In questo caso non si rifiuta solo la responsabilità personale , ma si accusa qualcun altro di ciò che è successo e si può giungere persino a negare i fatti o distorcerli per adattarli alla propria visione personale. Perché alcune persone reagiscono in questo modo?

Per l’ego fragile, gli errori sono minacce

L’errore ha una connotazione negativa che si imprime a fuoco nella nostra mente fin dai primi anni di vita. Un’educazione basata sul premio per i successi raggiunti e sulla punizione per gli errori crea un precedente negativo, facendo sì che alcune persone provino ad evitare gli errori con tutti i mezzi possibili – e impossibili.

Queste persone sono convinte che gli errori li rendano inutili e li espongano all’umiliazione o alla disapprovazione sociale. In effetti, uno studio condotto presso la Stanford University ha rivelato che il dolore sociale attiva gli stessi circuiti cerebrali del dolore fisico. Di conseguenza, il cervello interpreta qualsiasi attacco all’ego, dalle lievi critiche al rifiuto diretto, come un dolore fisico. La paura della reazione sociale, quindi, genererebbe resistenza al riconoscimento degli errori.

Tuttavia, chi teme la reazione sociale è perché ha un ego fragile. Le persone che non si sentono sicure e dipendono dall’approvazione degli altri, vedono spesso gli errori come qualcosa di minaccioso, in modo tale che il loro ego non li tollera e li nega. Per quelle persone, accettare di avere torto è un duro colpo alla loro autostima, quindi mettono in atto un meccanismo di difesa che li porta a distorcere la realtà perché si adatti alle loro idee.

Spesso si tratta anche di persone molto rigide, che non rinunciano mai alle loro idee e non riconoscono di aver commesso errori anche di fronte all’evidenza. Questa rigidità psicologica non è sinonimo di forza, come amano credere, ma di debolezza. Queste persone non si attaccano alla loro visione dei fatti per convinzione, ma per proteggere il loro ego. Chi non riconosce i propri errori, quindi, è una persona psicologicamente fragile.

Circolo vizioso o spirale di crescita? Decidi tu…

Ammettere che abbiamo torto può essere un duro colpo per qualsiasi ego. È necessario avere molta forza emotiva e una solida autostima per riconoscere i nostri errori e assumerci le nostre responsabilità. Ma se non siamo in grado di riconoscere i nostri errori, non possiamo correggerli. Di conseguenza, ci immergeremo in un circolo vizioso condannati ad inciampare indefinitamente sulla la stessa pietra. E questo è ancor peggio.

I neuroscienziati della Michigan State University hanno scoperto che quando commettiamo un errore, si generano due segnali veloci nel nostro cervello. Una risposta iniziale indica che qualcosa è andato storto. Una seconda risposta più lunga indica che stiamo cercando di correggere l’errore. La cosa interessante è che il cervello delle persone che pensano di poter imparare dai propri errori reagisce in modo diverso.

Il secondo segnale è molto più intenso, il che significa che il loro cervello sta lavorando duramente per correggere l’errore, prestando maggiore attenzione. Le persone che avevano una mentalità rigida e non riconoscevano i loro errori, tuttavia, non mostravano quel livello di attivazione, il che significa che non stavano correggendo l’errore. Di conseguenza, la loro prestazione fu peggiore perché sbagliavano continuamente.

Riconoscere gli errori non è una sensazione piacevole. Potremmo sentirci male, ma forse è proprio questa la chiave. I neuroscienziati della Ohio State University hanno scoperto che le persone che pensano solo al fallimento tendono a cercare scuse ai loro fallimenti e non si sforzano di più di fronte a una situazione simile.

Queste persone cercano di giustificare il pensiero che l’errore non sia colpa loro o che le conseguenze non siano così serie come sembra. Sviluppano pensieri autoprotettivi come “non è stata colpa mia” o “non avrei potuto fare di meglio, anche se ci avessi provato”.

Invece, le persone che si concentrano sulle proprie emozioni dopo un fallimento, si impegnano di più di fronte a una situazione simile. Queste persone mostrano pensieri di miglioramento come “la prossima volta mi impegnerò a fare meglio”. Ciò significa che possiamo usare le emozioni a nostro favore, come indicatori che ci aiutino a imparare dai nostri errori e a sforzarci di evitarli in futuro.

In effetti, l’unico grande errore che possiamo fare è rifiutare in modo rigido e persistente di riconoscere i nostri errori pensando che sia un segnale di forza perché in realtà è l’opposto: un segnale d’immaturità e fragilità.

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