Il lutto è in assoluto l’esperienza più disgregante, quella che ci fa percepire di essere puzzle in mille pezzi, frammentati, rotti…. vuoti.
Quando si perde una persona cara, un familiare o un amico, ci sono specifiche fasi che si devono attraversare per elaborare quella perdita, superare il dolore del lutto e ricominciare a vivere.
E’ importante conoscere queste fasi, soprattutto per chi sta vicino a chi sta attraversando un lutto e cerca di comprendere ciò che l’altro sta vivendo.
SCHEMA DEL LUTTO
La “normalità” nell’esperienza del lutto sta nel manifestare ed esprimere queste fasi, al contrario di un lutto patologico che si verifica quando le emozioni sotto elencate vengono represse e dissociate.
STORDIMENTO
La prima fase è quella dello stordimento, dello shock e dell’incredulità di fronte alla notizia della perdita.
La prima parola che la bocca esprime solitamente è un “No!” che comunica chiaramente la negazione di quell’evento da parte del nostro inconscio. In questa prima fase la difficoltà riguarda l’accettare emotivamente e razionalmente la perdita.
Questo stordimento porta la persona ad alternare fasi di calma innaturale a momenti di espressione intensa di sentimenti di dolore. Può capitare di vedere chi ha subìto il lutto, come anestetizzato, poco “connesso” con la realtà.
COLLERA
Questa è una fase detta anche di “ricerca e di struggimento“. Ora sono molto più frequenti i vissuti di angoscia e irrequietezza incessanti. E’ come se ci fosse una tensione conscia o inconscia orientata alla ricerca della persona perduta. In questo momento la persona comincia a manifestare rabbia e collera e sembra voler ricercare eventuali responsabilità. Si pensa e si rimugina sull’evento della perdita, ne si parla continuamente e, quando non ne si parla, il film si ripete silenzioso nella propria mente.
La rabbia è la manifestazione del fatto che non è stata ancora accettata l’idea della perdita definitiva. Il dolore e la tristezza coesistono dentro di sé e non si riesce a trovare pace, tanto che lo psicologo Bowlby conia l’espressione di “dolore senza scampo”. La persona si sforza di tenere insieme impulsi incompatibili: da un lato deve ammettere l’impossibilità del ritorno del defunto e dall’altro vive il desiderio incessante del ricongiungimento.
DISORGANIZZAZIONE E DISPERAZIONE
La terza fase, la più lunga, corrisponde al culmine della sofferenza emotiva e alla disperazione. E’ in questo momento, infatti, che si riesce ad ammettere e ad accettare gradualmente la perdita della persona cara, come evento ineluttabile e permanente. Non si potrà mai tornare indietro.
Chi rimane si chiude in se stesso, isolandosi dagli amici, diventa indifferente verso le situazioni della vita, sembra non provare alcuna emozione e alcun interesse per la realtà. La persona non pensa di riuscire a vivere in questa nuova condizione, è totalmente disorganizzata e confusa.
Lo psicologo Bowlby sosteneva che questa fase di “stand-by” ha come fine ultimo quello di consentire a chi rimane di resettare il sistema per poi, in un secondo momento, prendere atto che la propria vita deve subire una ristrutturazione. Non è possibile andare avanti come prima, c’è bisogno di cambiare qualcosa. E il cambiamento riguarda l’acquisizione di un progressivo senso di fiducia attraverso l’assunzione di nuovi ruoli e la scoperta di nuove capacità personali.
RIORGANIZZAZIONE
Lentamente, ma in maniera via via sempre più forte, si giunge a una riogranizzazione emozionale che consente la ripresa graduale della propria vita, delle proprie attività e degli interessi che erano stati abbandonati.
Vengono mantenuti alcuni elementi legati alla precedente vita con la persona defunta perché ciò consente di provare un senso di vicinanza con la persona mancata, come se fosse ancora presente.
Il legame con chi è venuto a mancare persiste nel tempo, non si dissolve, ma chi rimane riesce ora ad assumere delle iniziative in maniera indipendente e libera. L’assenza esterna, fisica, del defunto, si trasforma in presenza interna, viva nella memoria.
Nell’ottica del lutto nella coppia, questa sicurezza interiore consente al coniuge rimasto di provare un senso di continuità e coerenza tra le esperienze del passato e la condizione attuale.
LUTTO ELABORATO E LUTTO PATOLOGICO
Nel lutto che è stato ben elaborato, le quattro fasi descritte poche volte vengono vissute in maniera lineare ma si possono verificare dei salti e dei ritorni fra le fasi, lungo il tempo. La fase della collera, ad esempio, non presenta solo la manifestazione della rabbia come emozione ma anche della disperazione e dello stordimento. Ciò che conta è riuscire, gradualmente, ad arrivare alla quarta e ultima fase, quella in cui il dolore si è attenuato e la persona cara, di cui si è accettata la perdita, diventata una presenza interna solida e stabile.
Si parla di lutto patologico, o mal elaborato, quando non si riesce ad arrivare all’ultimo step, congelando nella rabbia oppure della disperazione angosciante della seconda fase. In alcuni casi, si rimane persino alla prima fase, quella della negazione del lutto e stordimento, ad esempio quando, dopo anni dalla perdita, la persona continua ad apparecchiare la tavola anche per il defunto.
Questo blocco e congelamento che il lutto crea, non permette alla persona di ricostruirsi una vita. Forse, sottostante a questa difficoltà, c’è anche la paura di ricominciare in un nuovo modo, che richiede il mettersi in gioco e l’assumersi le responsabilità della nuova vita, incluso il diritto di tornare ad essere felice.
Se stai vivendo un lutto e me ne vuoi parlare, scrivimi pure.
a cura di Ilaria Cadorin, psicologa psicoterapeuta
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Consiglio bibliografico: Maura Sgarro, “Il lutto in psicologia clinica e psicoterapia”
Sto vivendo un lutto molto doloroso e la mia vita si è bloccata. Non riesco ad andare avanti e ne sta risentendo tutta la mia sfera affettiva e professionale, Come riuscire ad arrivare all’ultIma fase?