Ti sei mai chiesto quanto della tua vita adulta sia ancora governato da ciò che hai imparato — o non hai imparato — da bambino? Spesso pensiamo che l’infanzia sia un capitolo ormai chiuso, un tempo che si dissolve nella memoria, lasciando dietro di sé solo fotografie sbiadite e qualche ricordo affettuoso. E invece, ciò che impariamo nei primi anni di vita diventa la base silenziosa su cui costruiamo tutto il resto: le relazioni, l’autostima, la capacità di affrontare le difficoltà, perfino il modo in cui trattiamo noi stessi nei momenti di fragilità.
Eppure, per molti, l’infanzia non è stata un tempo in cui hanno ricevuto lezioni d’amore, di accoglienza e di fiducia. È stata piuttosto un periodo in cui hanno imparato il contrario: a compiacere, a tacere, a reprimere emozioni considerate “sbagliate”. Hanno imparato a guadagnarsi l’attenzione, non a riceverla per il semplice fatto di esistere.
La verità è che ci sono cose che ogni bambino dovrebbe imparare naturalmente, quasi come l’aria che respira. E se non le ha imparate allora, da adulto si ritrova a doverle imparare da sé, spesso con fatica, dolore e tanta solitudine.
Ecco cosa avremmo dovuto imparare
Oggi voglio condividere con te cinque cose fondamentali che avremmo dovuto imparare durante l’infanzia. Non per riaprire vecchie ferite, ma per riconoscerle e permetterci di recuperarle ora, con la consapevolezza e la cura che meritiamo.
1. Che le emozioni non sono sbagliate
Un bambino dovrebbe crescere con la certezza che tutte le emozioni hanno diritto di esistere. Rabbia, tristezza, paura, gioia: ogni stato interiore è un messaggio, non un errore da correggere.
Eppure, quanti di noi hanno sentito frasi come “Non piangere, non è niente”, “Non arrabbiarti per queste sciocchezze”, “Devi essere forte”?
Così abbiamo imparato a reprimere, a mascherare, a nascondere. La rabbia è diventata colpa, la tristezza debolezza, la paura vergogna. E da adulti ci ritroviamo a non saper più distinguere cosa sentiamo davvero, perché quella voce interiore ci dice ancora che “non si fa”.
Se un bambino impara che le emozioni non sono sbagliate, diventa un adulto capace di ascoltarsi e di regolare ciò che sente. Al contrario, se impara a soffocarle, diventa un adulto che combatte una guerra silenziosa contro se stesso.
2. Che il proprio valore non dipende da quanto si è utili
Molti bambini crescono con l’idea che valgono solo se fanno qualcosa: se prendono buoni voti, se obbediscono, se aiutano, se fanno sorridere gli altri. L’amore, in questi casi, non è gratuito ma condizionato.
Così si sviluppa il copione dell’adulto che si sacrifica, che non riesce a dire “no”, che misura il proprio valore solo in base a quanto riesce a dare agli altri.
Ogni bambino avrebbe dovuto imparare che il suo valore non dipende da quanto è bravo, utile o performante. Che il semplice fatto di esistere lo rende già degno di amore e rispetto.
Quando questo insegnamento manca, da adulti ci si ritrova a vivere in affanno, sempre alla ricerca di un riconoscimento esterno che non arriva mai a colmare il vuoto interiore.
3. Che i confini non sono egoismo
I confini emotivi sono fondamentali: significano saper dire “questo mi fa bene” e “questo no”, riconoscere i propri limiti e rispettare quelli degli altri.
Eppure, quanti bambini hanno imparato che dire “non voglio” o “non mi piace” equivaleva a essere ingrati o disobbedienti? Quanti hanno dovuto ingoiare la frustrazione di non essere ascoltati, perché “sei piccolo e non capisci”?
Se non impari che i confini sono sani, da adulto rischi di confonderti tra ciò che è tuo e ciò che è dell’altro. Diventi vulnerabile alle manipolazioni, ti senti in colpa ogni volta che provi a difenderti, e finisci per annullarti pur di non perdere l’affetto altrui.
Un bambino avrebbe dovuto crescere sapendo che dire “no” non è mancare di amore, ma anzi è un atto che preserva la sua integrità.
4. Che si può sbagliare senza perdere amore
Molti di noi hanno imparato presto che l’errore aveva un prezzo: delusione, rimprovero, silenzio, distanza. Così hanno interiorizzato la paura costante di sbagliare, la convinzione che ogni errore è una condanna.
Ogni bambino avrebbe invece dovuto imparare che l’errore è parte del processo, che non toglie valore alla persona, che non cancella l’affetto ricevuto.
Se questo insegnamento manca, da adulti diventiamo ipercritici, perfezionisti, incapaci di concederci tregua. Viviamo come equilibristi che temono di cadere a ogni passo, dimenticando che cadere fa parte della vita.
Il vero rispetto verso un bambino si mostra proprio lì: nel dirgli “hai sbagliato, ma ti amo lo stesso”.
5. Che non bisogna fingere per essere amati
Uno degli apprendimenti più dolorosi che un bambino può portarsi dentro è quello di dover indossare una maschera per sentirsi accettato. Essere il “bravo”, il “responsabile”, il “silenzioso”, il “forte”. Fingere di non avere bisogno, di non avere dolore, di non avere desideri.
Ogni bambino avrebbe dovuto imparare che non c’è bisogno di recitare per ricevere amore. Che la sua autenticità è la sua forza, non una debolezza da nascondere.
Chi non ha ricevuto questa lezione cresce diventando adulto che fatica a mostrarsi vulnerabile, che teme di deludere se si mostra per quello che è, che vive costantemente con l’ansia di non essere abbastanza.
Oltre i 5 punti: le ferite silenziose
Queste cinque cose rappresentano pilastri fondamentali di un’infanzia sana. Quando mancano, lasciano ferite invisibili che non scompaiono con il tempo. Anzi, si sedimentano nella psiche e tornano a bussare ogni volta che ci troviamo in difficoltà, in una relazione, sul lavoro, o persino nel rapporto con noi stessi.
Le neuroscienze ci dicono che le prime esperienze emotive modellano i circuiti cerebrali legati alla sicurezza, alla regolazione delle emozioni, alla fiducia. Se un bambino cresce sentendo che non può esprimersi liberamente, il suo sistema nervoso impara a vivere in costante allerta. E quell’allerta rimane anche nell’adulto, che magari non sa spiegarsi perché si sente sempre stanco, ansioso o inadeguato.
Recuperare da adulti ciò che mancava
La buona notizia è che ciò che non abbiamo imparato da bambini, possiamo impararlo ora. Non è mai troppo tardi per educare la parte più fragile di noi stessi. Possiamo insegnarle, finalmente, che le emozioni hanno diritto di esistere, che non deve guadagnarsi valore a colpi di prestazioni, che i confini la proteggono, che gli errori non tolgono amore, e che non deve indossare maschere per meritare affetto.
Questo processo non è semplice: richiede pazienza, autoconsapevolezza e, spesso, un lavoro interiore profondo. Ma è possibile. Ed è forse il dono più grande che possiamo farci: diventare gli adulti che avremmo voluto incontrare da bambini.
Il lavoro interiore come atto di giustizia
Riscoprire queste lezioni mancanti non è solo un atto di guarigione personale, è un atto di giustizia interiore. È dire al bambino che siamo stati: “Non avevi torto, avevi diritto a tutto questo”.
Significa riscrivere le mappe emotive che ci hanno guidato fino a oggi, per aprirci a una vita che non sia più una replica inconsapevole del passato, ma una creazione nuova e autentica.
Forse la tua infanzia non ti ha insegnato queste cose fondamentali
Forse ti ha insegnato il contrario: a reprimere, a compiacere, a temere l’errore, a fingere. Ma oggi hai la possibilità di cambiare rotta.
Non si tratta di cancellare ciò che è stato, ma di recuperare ciò che ti è mancato. E ogni volta che scegli di ascoltare un’emozione, di dirti una parola gentile, di rispettare un confine, stai insegnando a te stesso ciò che avresti dovuto sapere da sempre: che vali, che sei degno, che non devi fingere per meritare amore.
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