Dietro un adolescente difficile si nasconde un bambino che ha sofferto tanto

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor

L’adolescenza è spesso descritta -anche da psicologi e pedagogisti- come un periodo di profonda crisi. In realtà questo è inesatto: l’adolescenza è indubbiamente un periodo di forti cambiamenti, tuttavia non tutti i ragazzi affrontano i cambiamenti come una crisi. In una traiettoria evolutiva ottimale, i cambiamenti vengono accolti in modo spontaneo, senza generare forti conflitti, condotte oppositive o di mancata accettazione.

A questa conclusione sono giunti diversi studi psicometrici e pubblicazioni scientifiche. Circa l’80% degli adolescenti gestisce bene la transizione tra l’infanzia e l’età adulta. Gli sconvolgimenti emotivi e la forte crisi interessa circa il 20% degli adolescenti e, di questi, una percentuale che va dal 2 al 5% mostra gravi disagi psichici nell’affrontare la transizione. Per comprendere le differenze tra un disagio psicologico e un malessere passeggero, è opportuno osservare il passato di quell’individuo e capire che tipo di bambino è stato. Dietro a un adolescente difficile, infatti, si nasconde spesso un bambino che ha dovuto affrontare diverse difficoltà.

Molti psicologi ed esperti descrivono l’adolescenza come una fase in cui il giovane passa dalla “ricerca di protezione e sicurezza, tipica dell’età infantile, al desiderio di autonomia e di una propria identità”. In realtà, la ricerca di autonomia non avviene nel periodo adolescenziale. La confusione nasce con lo stesso concetto di autonomia. L’adolescente ricerca autonomia in termini pratici, di spazio, di libertà di scelta e dell’acquisizione di una dimensione propria. Questi sono temi più legati alla relazione interpersonale con i genitori e alla ricerca identitaria, che non alla stessa autonomia.

L’autonomia, infatti, è qualcosa che si sviluppa nell’infanzia, insieme ai concetti di sicurezza e fiducia

Un adolescente che riesce ad affrontare in piena armonia il passaggio tra l’infanzia e l’età adulta, ha già acquisito la sua autonomia emotiva e sta proseguendo l’evoluzione nella ricerca identitaria. Quando il ragazzo non ha potuto rispettare tutti i passaggi evolutivi con le relative conquiste, debutta nell’adolescenza con qualche tassello mancante: è solo in questi casi che si verificano i conflitti più profondi.

Come dovrebbe arrivare il bambino all’adolescenza?

Quali sono gli ingredienti che rendono il bambino un ottimo candidato per affrontare i cambiamenti tipici dell’adolescenza? Come premesso, le teorie evolutive sono tante. Tra le più accreditate figura la teoria psicoanalitica degli stadi di Sviluppo di Erik Erikson. Secondo questa teoria, il ragazzo dovrebbe arrivare all’adolescenza con:

1. Fiducia
Questo tassello si conquista durante la prima infanzia, nel legame con il caregiver

2. Autonomia
Si sviluppa nella seconda infanzia, in risposta alle pressioni della famiglia. L’esperienza dell’autonomia fa emergere la volontà, i gusti propri e getta le basi per l’acquisizione di una futura identità.

3. Spirito d’iniziativa
Questa importante conquista consentirà al futuro adulto di muovere ambizioni, osare e uscire dalla zona di comfort

4. Industriosità
Questo tassello si conquista nella pre-adolescenza e consente al bambino di cooperare con il prossimo e trattarlo come un “pari”, senza vederlo con occhi di superiorità o inferiorità

Durante la crescita, dalla nascita fino alla pre-adolescenza, il bambino dovrebbe essere accudito in modo tale da consentirgli lo sviluppo di tali competenze. Nell’adolescenza, la conquista più grande che deve muovere il ragazzo è il senso di identità. Con le caratteristiche appena elencate, l’acquisizione di un’identità propria diviene un processo spontaneo e non conflittuale.

Le caratteristiche che rendono un bambino un pessimo candidato per affrontare i cambiamenti dell’adolescenza

Durante la crescita, nel rapporto con i genitori, sono tante le cose che possono andare storte! Rifacendomi alla teoria di Erik Erikson, nei quattro stadi di sviluppo che precedono l’adolescenza, il bambino potrebbe sviluppare:

1. Sfiducia

Il bambino non vedrà mai l’altro come una risorsa, quando la fiducia primaria viene a mancare, l’intero “mondo dei grandi” verrà messo progressivamente in discussione. Il bambino adotterà modelli di comportamento che vertono sul bisogno di possesso e non sulla stima, sulla fiducia e sulla condivisione di scopi e intenti.

2. Vergogna di sé e del proprio operato

Genitori giudicanti, limitanti, impazienti e rigidi, non favoriranno lo sviluppo di una sana autonomia e così il bambino finirà per sviluppare sentimenti di vergogna espliciti o nascosti. L’autonomia andrebbe a svilupparsi tra i due e i tre anni, questa fase rappresenta un momento critico per la strutturazione dell’affettività.

3. Senso di colpa

Se le curiosità del bambino vengono sistematicamente represse, egli inizierà a vivere la spontaneità come qualcosa di inappropriato, da correggere. In questo contesto potrebbero emergere forti sensi di colpa per ciò che si è e si fa o per ciò che non si è.

4. Senso di inferiorità

Anche questo può essere esplicito o mascherato. In adolescenza, questo senso di inferiorità potrebbe trasformarsi in chiusura oppure in comportamenti oppositivi.

Se un adolescente si mostra estremamente chiuso al prossimo, ribelle, oppure con condotte che puntano a sopraffare l’altro, di certo qualcosa sarà andato storto nelle tappe di sviluppo precedenti.

I primi anni di vita sono cruciali

Non solo E. Erikson, se si osservano le teorie evolutive dei più importanti Autori in materia, si noterà che lo sviluppo emotivo è piuttosto precoce. J. Bowlby e M. Ainswort sono concordi nell’affermare che, nello sviluppo psico-emotivo, molto viene già deciso entro i primi due anni di età. Stando a J. Piaget, i bambini accuditi in modo ottimale arrivano a sei anni con una buona consapevolezza: sono raffinati nel loro modo di affrontare i sentimenti e hanno già sviluppato stili personali diversi.

E’ nei rapporti con i genitori e con i fratelli che i bambini apprendono come trattare con gli altri e come controllare le proprie emozioni. E’ all’interno della famiglia, entro i primi anni, che i bambini già conquistano una certa autonomia.

Le ricerche suggeriscono che in età prescolare, un bambino ha già sviluppato un’immagine di sé. A influire maggiormente sull’immagine di sé che si sviluppa nel bambino, sono i genitori. I genitori, in modo esplicito ed implicito (non solo con atti e parole, ma anche mediante i propri atteggiamenti), forniscono le definizioni di ciò che è bene e ciò che è male, forniscono modelli di comportamento e strumenti di auto-valutazione su cui il bambino fonda le proprie idee, la propria rappresentazione di sé, dell’altro e del mondo.

L’interazione di un adolescente con gli altri può essere negativa o positiva: se quell’adolescente non ha mai avuto modo di imparare come costruire legami positivi, darà vita a interazioni negative. Analogamente, se l’adolescente sta affrontando dei forti conflitti interiori, questi si rifletteranno -in modo e misura diversa- sulle condotte comportamentali e sul piano interpersonale (il rapporto con i coetanei, con i professori, con gli stessi genitori…).

La conquista dell’autonomia scongiura un’adolescenza difficile

Come premesso, la conquista dell’autonomia dovrebbe avvenire precocemente, entro i primi quattro anni di vita. Tra i due e tre anni, il bambino affronta un’ambivalenza progettuale: ha appena imparato a camminare e inizia ad affrontare il dilemma tra autonomia e dipendenza. Il bambino è dubbioso se sfruttare le sue nuove abilità (la deambulazione per esplorare il mondo, il controllo degli sfinteri per passare dal pannolino al vasetto…) oppure radicarsi nella dipendenza. Questo dubbio viene sciolto soprattutto dall’operato materno (o della figura primaria che si occupa del bambino). L’insieme dei messaggi che l’adulto invia al bambino in questa fase (nel senso di rassicurazioni) diviene cruciale per gli sviluppi successivi.

Fiducia e autonomia sono conquiste precoci imprescindibili per poter affrontare in modo armonioso l’adolescenza. Non tutti i genitori riescono a fornire questi tasselli ai bambini e i segnali più eclatanti di tali mancanze possono arrivare proprio in adolescenza.

La fiducia e l’autonomia sono compromesse da atteggiamenti apprensivi e limitanti, al contrario, stili genitoriali rassicuranti ne incrementano lo sviluppo. Per esempio, alcuni genitori appaiono eccessivamente preoccupati quando il bambino impara a camminare (un bambino che cammina, può sfuggire più facilmente alla vigilanza e al controllo), altri penalizzano le naturali espressioni di vitalità del bambino impartendo una disciplina severa che poco si adatta a un bambino di pochi anni.

Queste limitazioni genitoriali comportano un aumento dell’aggressività, della sfiducia e dell’inerzia. Il bambino, non riuscendo a manifestare se stesso, affronta una sorta di repressione, un’inibizione che potrebbe precedere l’insorgenza di sentimenti di dubbio e/o vergogna. Il ragazzo, così, non ha le basi per affrontare i cambiamenti tipici dell’adolescente, non è pronto ad affrontare la transizione tra infanzia e vita adulta…

Se da un lato psicologico può manifestarsi un arresto emotivo, nella dimensione fisica il corpo continua a svilupparsi. Il ragazzo è consapevole della sua crescita e quando la crescita fisica non avviene in armonia con questa psicologica si generano ulteriori conflitti che possono manifestarsi in modi differenti in base al vissuto del ragazzo: aggressività, ribellione, chiusura al mondo… Basterà pensare che i disturbi alimentari vedono un esordio proprio nel periodo adolescenziale. Non tutti sanno che alla base di disturbi come l’anoressia, la bulimia e il binge eating, vi è un conflitto tra autonomia e dipendenza.

Allora cosa fare?

Comprendere il disagio del ragazzo e agire con una comunicazione aperta atta a ristabilire la fiducia primaria e recuperare l’autonomia perduta. Solo a partire da una sana autonomia, il ragazzo potrà costruirsi un’identità stabile, in armonia con la famiglia e in linea con i suoi bisogni. L’intervento di un professionista è fortemente consigliato perché quando ci sono conflitti, la crisi non riguarda mai solo l’adolescente ma l’intera famiglia.

La famiglia dovrebbe essere il nostro rifugio sicuro

In alcuni casi però è il luogo in cui troviamo la sofferenza più profonda e bisogna cercare di venirne fuori. Qualche volta le relazioni familiari tossiche possono essere recuperate, altre volte no. In ogni caso è un processo molto doloroso che deve essere affrontato. È la tua vita, hai il diritto (ma anche il dovere) di decidere chi lasciarti alle spalle e chi avere vicino in futuro.

Siamo tutti il frutto del nostro passato, siamo diventati quello che siamo a causa, (o grazie) alle esperienze che abbiamo avuto in famiglia, con gli amici, a scuola, al lavoro, nelle relazioni. Possiamo però non limitarci a “essere la conseguenza di quello che è stato”, ma regalarci la possibilità di essere semplicemente come meritiamo di essere.

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Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in neuropsicobiologia
Autore del libro bestseller “Riscrivi le pagine della tua vita” – Rizzoli
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