I disturbi alimentari sono una classe diagnostica che comprende una serie di disordini caratterizzati da un’eziologia multifattoriale. In tali disturbi, i comportamenti alimentari sono caratterizzati da un alterato consumo di cibo, tale da compromettere la salute fisica e conseguentemente il funzionamento psicosociale dell’individuo. I disturbo alimentari si riscontrano nei bambini così come negli adulti. In questo articolo, la psicologa Angela Scoppettone descriverà i disturbi alimentari nei bambini.
Esordio precoce: feeding disorders
I disturbi alimentari hanno generalmente un esordio in età adolescenziale, ma negli ultimi anni si è data sempre più importanza agli esordi precoci, durante l’infanzia e la prima adolescenza. La diagnosi di disturbi alimentari nell’infanzia dovrebbe essere presa in considerazione quando un bambino mostra difficoltà ad attenersi a regimi di alimentazione regolari.
Poiché si tratta di un infante, il normale consumo nutrizionale dipende dall’integrazione tra una serie di funzioni fisiche e relazioni interpersonali con il caregiver durante lo sviluppo iniziale. E’ stato proposto di riferirsi a questo genere di disturbi come a“feeding disorders”, ossia disturbi della nutrizione, in quanto questa definizione inserisce i termini del disturbo in una cornice relazionale piuttosto che in una dimensione individuale, tuttavia ad oggi i termini sono utilizzati in modo intercambiabile.
Quali sono i principali disturbi della nutrizione nell’infanzia?
Uno dei disturbi più diffusi è il comportamento selettivo, per cui i bambini mangiano solo alcune tipologie di cibi. La scelta è assolutamente casuale, per categorie che possono essere il colore o la consistenza.
Tra i disturbi della nutrizione nell’infanzia ricordiamo inoltre la pica, un disturbo inerente l’ingestione continuativa di sostanze non commestibili, e il disturbo da ruminazione, caratterizzato dal rigurgito del cibo. Un altro disturbo diffuso è la disfagia funzionale: essa si verifica quando un bambino ha subìto un trauma legato all’ingestione di cibo e conseguentemente mangia con difficoltà poiché teme che il cibo possa fargli male.
Bulimia e anoressia nei bambini
Per quanto riguarda invece gli altri disturbi alimentari, caratteristici dell’età adolescenziale e adulta, vi sono l’anoressia nervosa e la bulimia, riscontrabili fin dai 7 anni di età. I sintomi e le complicanze a livello organico possono essere molto pesanti, con effetti irreversibili sulla crescita e sullo sviluppo psicofisico.
Eziologia e classificazione
A livello psicologico, tali disturbi possono essere legati a difficoltà del bambino nell’esprimere i propri pensieri e le proprie emozioni. In alcuni bambini, questo può portare a più intense difficoltà emotive e relazionali che si traducono in difficoltà nella relazione con il cibo.
Non sempre, comunque, la causa del disturbo alimentare è di tipo psicologico. Determinati comportamenti selettivi o evitanti possono dipendere anche da condizioni fisiche sottostanti, quali il reflusso gastroesofageo o la celiachia, oppure costituire una manifestazione di un disturbo dello spettro autistico.
Attualmente il panorama relativo alla classificazione dei disturbi alimentari nell’infanzia appare piuttosto confuso e in uno stato di continua ridefinizione. Esiste un corpus molto limitato di ricerche scientifiche che tenta di esaminare la prognosi, il decorso, l’esito e la risposta al trattamento nei disturbi dell’alimentazione. Le origini di tale assetto possono essere rintracciate in una serie di fattori. Innanzitutto, siccome il bambino è un soggetto in continua evoluzione è difficile distinguere tra una difficoltà evolutiva transitoria ed un vero e proprio disturbo che richieda un intervento specifico. In secondo luogo, la varietà e la complessità dei problemi alimentari nei bambini ha contribuito alla mancanza di un sistema di classificazione ampiamente accettato e alla scarsità di strumenti standardizzati adeguati per la valutazione oltre che alla descrizione dettagliata e la valutazione di interventi specifici.
Trattamenti
Prima di focalizzarsi sui trattamenti è necessario considerare più cause tra cui anche fattori contestuali, secondo alcuni autori infatti, anche se fattori infantili come il temperamento, le condizioni organiche, le anomalie strutturali e i problemi e le sindromi dello sviluppo sono stati collegati alla patogenesi del disturbo, l’ambiente e i fattori genitoriali possono anche interagire per influenzare e mantenere tali problematiche.
A sostegno di questo concetto, è stato dimostrato che le caratteristiche del bambino e del suo caregiver interagiscono in modi diversi sullo sviluppo e sul mantenimento del disturbo. Tra questi possiamo annoverare il comportamento eccessivamente rigido dei genitori in relazione alla crescita e al tipo di alimentazione del bambino, il mancato riconoscimento degli indizi di fame e sazietà, l’incapacità di esporre il bambino a una gamma di alimenti e fornirgli un contesto alimentare appropriato. Ad ogni modo i principali campanelli d’allarme dei disturbi alimentari nei bambini sono:
- Masticazione lenta
- Assunzione di molta acqua e utilizzo frequente del bagno, specie dopo i pasti
- Selettività nella scelta dei cibi ed esclusione di alcuni alimenti
- Cambiamenti d’umore, ansia, insofferenza e irrequietezza
- Eccessivo esercizio fisico che può essere stato inizialmente incoraggiato dai genitori, ma che può prendere la forma di un’iperattività vera e propria
- Sentimenti di colpa e di vergogna relativamente all’alimentazione
- Ipersensibilità verso critiche di ogni tipo, in particolare rivolte al corpo
Escluse eventuali cause fisiche, è importante rivolgersi a centri specializzati per i disturbi alimentari infantili, oppure a servizi di neuropsichiatria infantile. L’approccio che si è dimostrato più efficace è quello integrato, che prevede di lavorare sia con il bambino sia con la famiglia su due fronti: quello psicologico e relazionale e quello dell’educazione nutrizionale.
Un approfondimento specifico è dedicato all’obesità infantile.
A cura di Angela Scoppettone, psicologa
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