Ecco come la famiglia può invalidarti la vita

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

La famiglia, ancora prima che la relazione intima, è uno degli scenari tipici nel quale nasce e cresce il dramma delle relazioni tossiche. La famiglia ci viene “imposta” e quindi, per quanto possa non piacerci, dobbiamo adattarci, soprattutto quando si è ancora piccoli o adolescenti. La situazione familiare è ancora più complessa perché, banalmente, nessuno di noi può liberarsi dei genitori, del fratello, della sorella o del nonno. Possiamo chiudere una relazione di coppia, ma non possiamo fare lo stesso con i nostri parenti…..almeno finché non si è adulti!

Nella famiglia tossica i legami familiari sono minati alla radice

Quando si è piccoli, si è particolarmente vulnerabili e dipendenti e tutto ciò che ci succede durante l’infanzia rimane attaccato alle nostre radici e questo vale sia per l’infanzia positiva sia per quella negativa. Si può considerare tossica una qualunque persona negativa, che ci induce a dubitare di noi stessi, del nostro valore e del fatto che possiamo meritare amore. Quando tutto questo si verifica in famiglia è doppiamente doloroso, soprattutto se a trattarci così è un genitore, proprio colui che dovrebbe difenderci e amarci incondizionatamente.

È vero, nessuno è perfetto, nemmeno i genitori. Tuttavia c’è un limite importante tra l’imperfezione e gli abusi. A questo punto, è doveroso chiedersi: quali possono essere le conseguenze che derivano dall’aver vissuto un’infanzia tossica? La tossicità familiare può acquisire varie sfumature; il genitore può mostrare un atteggiamento ambivalente, manipolatorio, opprimente, abusante, anaffettivo….Il problema che spesso si fa fatica ad ammetterlo e prenderne consapevolezza.

In una famiglia tossica le dinamiche cognitive, affettive e sociali sono radicalmente distorte; predominano i conflitti, i comportamenti deviati, gli abusi. Si innescano schemi comportamentali che seppur tossici e disfunzionali diventano così abituali tanto da indurre i membri della famiglia a crederli normali. Alcuni esempi?

  • Il figlio o la figlia viene egoisticamente investito del ruolo insostenibile di soddisfare i bisogni affettivi del genitore (può essere il padre quanto la madre), di compensare la sua infelicità coniugale e/o esistenziale.
  • Non esistono regole, si entra in camera senza bussare e si dà per scontato che non possa esistere privacy. Anzi, il figlio che tenta di mantenere una certa riservatezza, viene malgiudicato.
  • Ogni cosa, attività, abitudine è imposta da qualcun altro, non vi è potere decisionale se non quello di altri componenti del nucleo familiare.
  • Il genitore esige che il figlio condivida la sua stessa visione delle cose con frasi tipo “noi la pensiamo cosi”, “non la pensiamo allo stesso modo?” “Siamo sempre stati d’accordo”. Il genitore (ma in particolare la madre) instaura con il figlio un rapporto ambivalente: oggi lo coccola e domani diventa completamente trasparente e indifferente ai suoi bisogni
  • Il genitore acquisisce un atteggiamento morboso, anche a livello fisico e se non riesce a farlo va su tutte le furie o si mostra estremamente dispiaciuto, utilizzando spesso le lacrime per far sentire il figlio in colpa.
  • Il genitore ha una visione chiara del futuro del figlio, sa già cosa dovrà fare nella sua vita, anche se lui o lei di fatto non si è espresso a riguardo.
  • Il genitore non svolge una funzione di guida, non pone limiti né fa richieste. In altre parole, i genitori si aspettano che i figli si educhino da soli
  • Un fratello maggiore può abusare ripetutamente della sorella o del fratello più piccolo sotto lo sguardo assente dei genitori.

La sola colpa di essere figli

Quando si è piccoli, si tende a giustificare il genitore o qualsiasi altro parente stretto,  anche se mostra un atteggiamento tossico e manipolatore, proprio perché è un componente importante della famiglia.  Perché i genitori diventano persone tossiche? Perché usano la loro autorità per sottomettere e manipolare, quando quelle persone dovrebbero prendersi cura dei loro figli più di chiunque altro al mondo?

A questo punto è legittimo chiedersi: perché assumono questo atteggiamento? Come hanno appreso questo comportamento? Di solito, il genitore che manifesta trascuratezza emotiva o un atteggiamento abusante ha un passato di “vittima” di altrettanti abusi.

Liberarsi dalla tossicità dei familiari

La famiglia è il luogo in cui l’autostima dovrebbe avere lo spazio necessario per potersi sviluppare al meglio. I genitori dovrebbero insegnarci che meritiamo amore incondizionato semplicemente perché siamo al mondo. Che il nostro valore non dipende da un comportamento cattivo o da un nostro fallimento, che gli errori esistono e appartengono a tutti gli esseri umani e che i nostri successi vanno sottolineati e lodati. Purtroppo, non sempre questo accade.

Vivere in una famiglia tossica ha un prezzo molto alto; si può letteralmente perdere la capacità di dar vita a relazioni significative per il resto della vita. I problemi che ne derivano possono variare da un lieve disagio interpersonale a profondi problemi sociali ed emotivi. Si introietta la paura di non essere accettati dagli altri e di non meritare amore, di non essere in grado di affrontare la vita. Convinzioni che andrebbero corrette il prima possibile.

In generale, la gravità dei problemi è in relazione a quanto presto nella vita si è manifestata, a quanto prolungata e grave è stata la trascuratezza. Certo, la famiglia non possiamo sceglierla noi quando si viene al mondo….ma una volta adulti possiamo liberarci da chi ostacola la nostra crescita emotiva.

Non è colpa tua

Il primo passo e renderti conto che non è colpa tua. Quello che hai subito fino ad ora non dipende in alcun modo da te o dai tuoi comportamenti.

Mostrarsi decisi

Mostrarsi sicuri di sé, fermi sulle proprie opinioni, contrarie a quelle dei genitori abusivi, è il passo successivo per cambiare le cose. “Non posso”, “non voglio” ,”non sono d’accordo”: è fondamentale esprimere con fermezza il proprio pensiero, agire con determinazione e usare la propria facoltà di decisione.

Prendi le distanze

A volte, la determinazione non è sufficiente, nonostante i tuoi dissensi, la tua determinazione, i tuoi continuano ad arrecarti stress, ansia… A questo punto il modo migliore per affrontare una situazione tossica familiare è prendere le distanze. E’ bene accettare che è impossibile cambiare il genitore, ormai cresciuto e sviluppato interamente nella sua personalità. Anche se siamo legati alla famiglia d’origine da un vincolo di sangue, ciò non significa che siamo obbligati a convivere e condividere gli stessi spazi.

E’ possibile un distacco senza necessariamente viverlo in modo assolutistico: è possibile provare affetto per i familiari anche mantenendo le distanze. Il distacco, quando è la famiglia di origine a fomentare malessere interiore, non solo è consigliato ma anche indispensabile.

Purtroppo i manipolatori emotivi esistono in tutti i contesti della nostra vita

Il che significa che bisogna imparare a identificarli e a proteggersi da loro. Soprattutto chi ha vissuto in una famiglia  disfunzionale rischia di essere facile preda dei manipolatori, dei narcisisti….. per quel bisogno d’amore che ci è stato negato.

Ricordiamoci sempre….che una persona può decidere di cambiare qualcosa di sé solo se lo decide! Qualsiasi pungolo dall’esterno sarà nullo se non parte da una motivazione intrinseca e personale. L’unico potere di cambiamento che abbiamo, infatti, è solo su noi stessi…Perché amare in modo sano è un’altra cosa! E tu meriti di amare ed essere amato…non dimenticarlo mai.

Anche io mi trascino un vissuto familiare tossico

Non tutti i legami familiari sono basati sulla premessa di rispetto reciproco, amore e sostegno. A volte, “famiglia” significa semplicemente che si condivide la stessa linea di sangue. Questo è tutto. Alcuni membri della famiglia ci aiutano e altri ci distruggono.

Certo, per quanto “tossici”, rimangono pur sempre i miei genitori! Ma bisogna avere il coraggio di lasciarsi alle spalle certe cose. Soprattutto quando non siamo minimamente ascoltati e capiti. Quando le parole non sortiscono alcun effetto, sono le azioni che fanno reagire. Smettere di chiamarsi e di vedersi per un mese, un anno, o il tempo che ci vorrà, è una decisione tanto difficile quanto liberatoria.

Della mia infanzia difficile ne parlo nel mio libro “D’amore ci si ammala, d’Amore si guarisce“. Ecco alcune righe tratte dal libro “Il primo cuore infranto non è quello che ci ha procurato la fine di una relazione passionale da adulti. I cuori infranti hanno radici ben più antiche che risalgono all’infanzia, e io da lì inizierò. Sono cresciuta con una mamma che non sapeva badare a se stessa e così, da piccola, ho presto capito che dovevo ingegnarmi per occuparmi di me e di lei. Ero quindi, ahimè, una bambina adultizzata, pronta a smuovere mari e monti per gli altri, preparata a soddisfare le necessità di tutti ma mai le mie”

“A dire il vero, l’infanzia che non ho mai avuto non mi ha resa una persona triste; anzi, sono da sempre stata resiliente e propositiva nei confronti della vita. Più che malinconica, però, sono diventata cieca nei confronti dei miei bisogni. Fin quando non ho aperto gli occhi… Quei bisogni erano lì e, anche se io li ignoravo e andavo avanti, continuavano a esserci! Come hai avuto modo di leggere nel secondo capitolo, un vissuto infantile di adultizzazione può evolversi in una traiettoria che induce a un’iper-responsabilizzazione nelle relazioni affettive. Anche per me è stato così. Per molti anni, ho stretto legami completamente sbilanciati, con persone problematiche ed esigenti, da incoraggiare, da spronare e rassicurare in ogni momento. Sono sempre stata la “spalla di…” e, nel frattempo, i miei bisogni si accumulavano e i malesseri crescevano. È stato lì che ho capito: non dovevo essere più la “spalla di…”, ma potevo, e anzi dovevo, diventare la protagonista indiscussa della mia vita” (pag. 275)

Ci sono diversi step che si possono seguire per ricevere il supporto emotivo necessario a guarire dagli effetti negativi di una famiglia disfunzionale

Il primo tra tutti è sicuramente quello di lavorare su se stessi: sapere che non è la tua famiglia a definirti come individuo e che è possibile lavorare sulle conseguenze emotive che ti ha lasciato. Questo è il miglior modo per iniziare ad affrontare la difficoltà di essere cresciuto in nucleo famigliare tossico….Al cuore bisogna dare del tempo per accettare ciò che la ragione ha già saggiamente colto. Perché se è vero che non scegliamo la nostra famiglia d’origine, possiamo però scegliere come costruire la nostra famiglia per non riproporre un modello tossico.

Ti invito a leggere Il mio libro “D’amore ci si ammala, d’amore si guarisce“

E’ un libro destinato a chi vuole fare un profondo lavoro su se stesso: ricco di spunti, stimoli ed esercizi psicologici. Comprendersi sembra facile, eppure, alcuni di noi sono estremamente complessi, si portano dentro una moltitudine di sfaccettature non sempre facili da «gestire», alcuni di noi, poi, si portano dentro dei carichi emotivi enormi, che stanno lì da chissà quanto tempo, carichi difficili da districare. Ecco, questo è un testo atto a fornirti gli strumenti giusti per analizzare te stesso, i tuoi vissuti emotivi e le tue storie relazionali, dall’infanzia all’età adulta.

Nel mio nuovo libro «d’Amore ci si Ammala, d’Amore si Guarisce», ti parlo di relazioni ma, ancora di più, ti parto di te e di cosa puoi fare per te stesso per costruirti una storia d’amore appagante, lavorando sui carichi emotivi che ti porti dal passato. Le nostre esperienze ci rendono ciò che siamo ma noi non siamo impotenti. Sono molte le cose che puoi fare per te stesso. Perché come scrivo nell’introduzione del libro “Non è mai l’amore di un altro che ti guarisce ma l’amore che decidi di dare a te stesso”. Il libro lo trovi su Amazon, a questo indirizzo  e su tutti gli store online. Se hai voglia di scoprire le immensità che ti porti dentro e imparare a esprimere pienamente chi sei, senza timori e insicurezze, è il libro giusto per te.

A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
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