La felicità dopo i 40 e 50 anni, la risalita a “U” della vita

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor

Alan Piper, studioso del benessere all’Università di Leeds ci ricorda che per trovare la felicità, quella più duratura, fatta di serenità e appagamento, sono indispensabili due fattori: andare oltre i condizionamenti dell’infanzia e superare le pressioni della vita adulta. Da giovani si è del tutto inconsapevoli delle pressioni che si stanno vivendo e questo fa sì che, nella vita adulta, ci piombi addosso tutto come un boomerang. Ma le osservazioni scientifiche accendono una speranza per chi supera i 45 anni e si avvicina ai 50. La vita sembrerebbe seguire un andamento a U.

Condizionamenti infantili e zavorre sociale

La seconda fase della vita, quella che inizia dopo i cinquantacinque anni, può essere vista come un’opportunità straordinaria per trovare una nuova forma di felicità, più pervasiva e duratura. Ma questo è possibile solo se riusciamo a liberarci dai condizionamenti che ci portiamo dietro dall’infanzia e dalle pressioni sociali che spesso accompagnano l’ingresso nel mondo del lavoro. Superare la crisi di mezza età – quella fase insidiosa che molti attraversano tra i quaranta e i cinquant’anni – è una sfida fondamentale. Si tratta di una crisi che ha radici profonde, persino biologiche, come dimostrano numerosi studi condotti in tutto il mondo. È un’impresa che richiede un lavoro su di sé, ma che risulta indispensabile per il nostro benessere personale e, in senso più ampio, per l’equilibrio della nostra società.

Un tema che il professor Alan Piper, docente presso l’Università di Leeds e studioso dei legami tra benessere e invecchiamento, ha esplorato in molte delle sue ricerche accademiche.

La vita ha un andamento a “U”, è fatta di discese e risalite

«Da oltre vent’anni – spiega Piper – sappiamo che la vita umana segue una sorta di curva a forma di U. Da giovani, intorno ai diciotto anni, siamo pieni di energia, ottimismo e voglia di vivere. Poi, gradualmente, questa vitalità inizia a diminuire, raggiungendo un punto critico tra i quarantacinque e i cinquantacinque anni. È qui che spesso si sperimenta un periodo di difficoltà: un segmento orizzontale della curva che riflette un calo del benessere. Tuttavia, superata questa fase, il benessere ricomincia a crescere, portandoci verso un nuovo apice, comparabile alla gioia della giovinezza. Questa ritrovata serenità può durare fino ai settant’anni – e, in molti casi, anche oltre. Gli ultimi anni di vita, invece, tendono a essere meno studiati dagli esperti, poiché le difficoltà legate al decadimento fisico e alle perdite personali rendono più arduo mantenere un senso di felicità».

Piper sottolinea come questo andamento della vita trovi parallelismi nel mondo animale. «Anche le scimmie, per esempio, vivono una curva simile, affrontando un calo significativo a metà della loro esistenza. Certo, ci sono variazioni individuali e differenze culturali. Per esempio, chi si sposa può sperimentare un picco di felicità intorno ai trent’anni». In alcuni paesi, l’aumento del benessere tra i 45 e i 70 anni sembra verificarsi in modo più rapido rispetto ad altri. I fattori contestuali caso-specifici sono tanti.

Cosa condiziona la nostra personale U?

In assenza di una sana educazione all’affettività, viviamo di primi decenni della nostra vita in modo del tutto inconsapevole. Rincorriamo risultati, amori o qualsiasi cosa ci dia un barlume di speranza di realizzazione. Siamo ottimisti, abbiamo la giovinezza dalla nostra: tanti anni ancora da vivere e in cui costruire. L’inconsapevolezza della gioventù ci induce a vivere una felicità illusoria. Ci induce a pensare che tutto nella nostra vita possa essere possibile. Ma, in realtà, non è affatto così.

Nei fatti, tutto ciò che poteva accadere nella tua vita è accaduto. Fattori contestuali come il reddito della famiglia di origine, gli ambienti sociali di appartenenza, gli incontri, il sesso biologico di nascita… Sono tutti elementi determinanti che hanno ben poco a che fare con la nostra volontà, eppure determinano il nostro cammino. Prima ancora di rendercene conto, ci troviamo su dei binari che fattori legati al caso hanno determinato per noi. Ed ecco che inizia la discesa: la presa d’atto!

La totale inconsapevolezza lascia spazio alla riflessione. Ci fermiamo fare un punto sulla situazione, per chiederci che cosa possa renderci davvero felici, che cosa possa dare un significato profondo alla nostra vita. Qualcuno, nel mentre, mette al mondo figli perché le pressioni sociali ci inducono a credere che quella sia la vera completezza, altri si sposano e portano avanti matrimoni infelici, altri, ancora, investono tutto sulla carriera perché pensano che la felicità sia legata allo status economico. Tutti “pensieri-magici” che abbiamo ereditato dai contesti sociali di appartenenza, ma per noi, è stato davvero così? Investire in un amore o in un lavoro, ci ha reso felici? Probabilmente no… perché sono state scelte indotte e non autodeterminate.

Insomma, con lo scorrere degli anni, iniziamo a chiederci chi siamo, cosa vogliamo e… dando risposta a queste domande, ricominciamo a vivere! Partiamo da un punto di vista più personale e ci lasciamo alle spalle sia i condizionamenti dell’infanzia (aspettative genitoriali, condizionamenti tra i banchi di scuola…) che le incessanti pressioni della società (sull’aspetto estetico, sull’impiego, su come si debba vivere la propria femminilità, su cosa significhi essere “veri uomini”…).

La tua risalita

Ogni tappa della nostra vita è una nuova possibilità. Ci schiude porte che prima non era possibile neanche scorgere. Per ogni risalita sono necessari tre difficili step. Se hai già superato il primo puoi capirlo fin da subito. Quando nel testo hai letto di “condizionamenti infantili” hai pensato di esserne immune? Di non averli vissuti? Hai pensato che i tuoi genitori ti abbiano lasciato libero di essere ed esprimere ciò che volevi? Hm.

Se hai pensato questo, sappi che stai ancora vivendo un illusione, un qualcosa che esiste solo nella tua parte più dolce e affettuosa, ma non nella realtà. Ogni genitore, infatti, in modo involontario (ma talvolta anche volontario), prende in mano le redini della vita dei propri figli per indirizzarle. Lo fa “per il suo bene” e a volte per il proprio (senso di riscatto, ambizioni, proiezioni… i meccanismi psicologici osservati nella diade genitore-figlio sono tantissimi). Ma le ragioni non sono il punto fondamentale. Qui il focus è capire quanto quei condizionamenti stiano ancora facendo parte di te.

1. Riconoscere i condizionamenti

Come voci nella mente, i condizionamenti infantili ci dicono “no” quando vorremmo allentare le pressioni su di noi. Sono spesso voci severe, ipercritiche e intransigenti. Sono quelle che minano la pace interiore. Puoi capire quanto questi condizionamenti siano ancora vivi in te riflettendo in che modo la tua infanzia stia condizionando le tue relazioni, le tue scelte e finanche il rapporto che hai con te stesso. Prova a chiederti: se non avessi queste aspettative su di me, cosa vorrei davvero fare?

I condizionamenti non si riflettono solo sulle aspettative personali ma anche sugli schemi di pensiero. Per esempio: «se sono abbastanza bello (colto, intelligente, di successo…), allora sarà amato». Chiediti se questo paradigma è vero e quando lo hai ereditato. Esplora alternative che ti mostreranno come il tuo valore non dipende dai risultati, dall’aspetto, dal reddito o dalla carriera.

Inizia porti tante domande: queste convinzioni mi rendono felice? Mi avvicinano alle parti di me più autentiche? Cosa c’è di mio nella mia vita e cosa, invece, ho assimilato dagli ambienti in cui sono cresciuto?

2. Inizia ad affermarti come una persona completa

Sperimentare il senso di libertà non è cosa facile. Cioè, dovrebbe esserlo ma in una vita in cui si è sempre stati prigionieri di qualcosa (di un’idea, della visione che mamma e papà avevano di noi, della visione che poi volevamo che il nostro partner avesse di noi, della visione che noi stessi volevamo imporci…!), lo spazio lasciato alla nostra autenticità e stato ridotto al minimo. Per fortuna, per quanto ognuno di noi si sia messo da parte, può sempre tornarsi a prendere, in qualsiasi momento.

Prigionieri di condizionamenti, il cammino verso libertà non è semplice. Si può iniziare con piccole decisioni quotidiane, prese in autonomia, senza cercare consensi o altre bussole esterne. Questo ti aiuterà a rafforzare la tua fiducia nelle scelte. Man mano che siamo cresciuti, abbiamo dato sempre più importanza agli altri, a ciò che era esterno, sottraendola noi! È arrivato il momento di restituircela quella importanza, quella considerazione perduta o mai sperimentata!

3. Considerazione

La terza e ultima parola chiave è questa: considerazione. Accettare i propri errori, considerare ogni vulnerabilità come l’ineluttabile conseguenza di un percorso personale dove abbiamo fatto il meglio che potevamo con i mezzi che avevamo a disposizione. Mezzi che non dipendevano certo da noi. Partendo dalla considerazione personale è possibile creare una nuova narrazione, quella che ci garantirà un’appagante risalita.

Se hai davvero voglia di vivere la tua vita in modo autentico, concedendo spazio a parti di te da troppo tempo assopite, ti consiglio caldamente la lettura del mio ultimo saggio di psicologia «il mondo con i tuoi occhi». Puoi trovarlo in tutte le librerie e su amazon. Insieme ripercorreremo le tappe dello sviluppo della tua identità personale, dall’infanzia all’età adulta, analizzando tutto ciò che poteva andare storto ma soprattutto, mostrandoti prospettive inedite perché ti trovi esattamente nel punto in cui tutto è ancora possibile. La tua risalita ti aspetta.

Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in psicobiologia
Autore dei libri bestseller “Riscrivi le pagine della tua vita” –  «d’Amore ci si Ammala, d’Amore si Guarisce». Tradotti anche all’estero!
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