Fai tua questa regola, ti cambierà la vita

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor

Noi tutti vorremmo cambiare in positivo: diventare più intraprendenti, sicuri, tenaci, in forma (…), insomma, vorremmo essere la migliore versione di noi stessi e quindi costruirci la migliore versione possibile della nostra vita, così da vivere al meglio! Tutto questo non solo è possibile ma anche auspicabile, dato che abbiamo tutte le carte in regola per farlo. Allora, cosa è che ci frena? Ad arrestarci è un’emozione umana, la paura. Abbiamo paura di sbagliare, di peggiorare la percezione che abbiamo di noi stessi, abbiamo paura di emanciparci davvero perché associamo l’idea dell’indipendenza alla solitudine. Ma proseguiamo per gradi! Ben presto ti svelerò come una semplice “regola” che, se adottata, ti consentirà di stravolgere -in meglio- la tua vita.

La sana indipendenza

Quando si parla di «dipendenza» si pensa subito alle sostanze psicotrope e agli stupefacenti. Chi è più attento alle tematiche psicoaffettive potrebbe pensare alla dipendenza amorosa. Eppure c’è una dipendenza ancora più diffusa, che accomuna molti di noi, è la matrice delle dipendenze affettive ma non sempre si esprime in quel modo. Parlo di una dipendenza concettuale; in un certo senso, noi umani siamo “dipendenti da un’idea” che si forma nei primissimi anni d’età e che si dovrebbe dissipare con la crescita ma ciò non sempre avviene.

Quando veniamo al mondo siamo completamente indifesi. Viviamo, dunque, in uno stato di oggettiva dipendenza. Dipendiamo dalle cure genitoriali, pertanto il legame è l’unica cosa che può tenerci al sicuro. Milioni di anni di evoluzione, ci hanno “programmati” a stringere quel legame di attaccamento così tanto prezioso per garantirci la sopravvivenza. Senza cure, un neonato non avrebbe nessuna possibilità di sopravvivere. L’idea è quella di «mantenere al sicuro il legame».

Crescendo, se il genitore ci supporta nel nostro sviluppo, riusciremo a conquistare una sana indipendenza perché sappiamo già che il legame è al sicuro. Quando non acquistiamo quella sicurezza, lo “schema della dipendenza” appreso così precocemente, solo raramente svanisce. Allora, nella nostra mente, resta l’idea di «mantenere al sicuro il legame». È questa idea che ci preclude la possibilità di diventare la migliore versione di noi stessi.

Allora, abbiamo paura di cambiare, di emanciparci, di diventare indipendenti perché questo significherebbe «non aver più bisogno dell’altro». Vediamo l’affermazione di sé come un torto a quel legame di attaccamento che per anni abbiamo tentato di proteggere e, intrinsecamente, l’associamo alla solitudine più assoluta.

Sempre allo scopo di proteggere quel legame di attaccamento, non ci concediamo la possibilità di commettere errori, allora ristagniamo.

Il freno principale: la paura di non essere amabili

Durante l’infanzia, la paura di sbagliare emerge quando ogni errore viene fatto pesare subdolamente con la minaccia dell’abbandono, perché se è vero che noi umani non nasciamo con un’intrinseca paura di sbagliare, come premesso, abbiamo qualcosa altro di innato: il bisogno di attaccamento. Quando questo bisogno viene tradito, allora l’evitamento del rischio d’errore è usato come strategia per mettere in salvo il legame.

Un bambino fatto sentire di peso, tenderà a inibire i suoi bisogni e vivrà, anche successivamente, all’insegna dell’evitamento. Ecco perché molti adulti non tentano: la paura di fallire li immobilizza perché nella loro mente, stanno ancora cercando di mettere in salvo un legame andato in frantumi già tanto tempo prima ma che ancora risuona nella mente.

Da adulti, dunque, non ci concediamo alcun lusso d’errore. Puntiamo al massimo. Odiamo l’idea del fallimento perché non lo vediamo per ciò che è -un’opportunità di apprendimento- ma come la conferma del proprio scarso valore. E… se valiamo poco, allora non meritiamo amore.

Sbagliando s’impara? Non sempre

Quando commetti un errore, qual è la prima cosa che fai? Probabilmente la critica e l’auto-condanna ti vengono in automatico. Se siamo fermi sull’auto-condanna, sbagliando… continuiamo a sbagliare senza imparare nulla!

È possibile apprendere dai propri errori solo se ti concedi davvero il lusso di sbagliare, facendolo a cuor leggero. Un errore non è la conferma del (poco) valore che hai. In realtà non esiste nessuna misura che possa dirti quanto vali e quanto sei amabile… Quindi non pensare al reddito, ai like, ai brand lussuosi… Tutto questo è solo una suggestione inventata dall’uomo che non sa come sentirsi al sicuro, allora usa diversi espedienti come quello del “consenso sociale”.

Una regola preziosa: le prime volte non contano

Se sei bloccato in una fase della tua vita e non riesci a uscirne, vorresti fare quel passettino in più ma ti senti frenato, questa semplice regola può esserti utile. Cosa dice questo precetto: le prime volte non contano.

Siamo così abituati a condannare ogni minimo errore che non concediamo a noi stessi il lusso di provarci. La regola che “i primi tentativi non contano” puoi applicarla a te e anche agli altri (chi pretende troppo da sé, finisce per essere severo anche con gli altri). Le prime volte che provi a fare qualcosa -oppure se hai già provato, considera “a partire dalle prime volte che ci provi consapevolmente”- sappi che fanno parte del trainer, sono solo un allenamento, una sorta di prova per consentirti di familiarizzare.

Allora non aver paura delle figuracce, di deludere o di deluderti, non temere i tentativi mal riusciti… Ogni tentativo che ti concedi a cuor leggero sarà un successo perché avrà modo di insegnarti qualcosa. Ti avrà fatto crescere. Allora vai, sbaglia, commenti errori, fallisci e fallisci ancora. Dopo i primi tentativi in cui ti sarai concesso il lusso dell’errore, le cose andranno decisamente meglio!

Le prime volte non contano. Servono solo per fare esperienze. Noi umani viviamo e apprendiamo per tentativi, se non ti concedi un po’ di tentativi, sarai sempre fermo. Un tentativo dopo l’altro, riuscirai a rompere anche lo schema della dipendenza appresa. Riuscirai anche a conquistare quella sana indipendenza che ti permette l’indiscussa affermazione del sé.

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Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in psicobiologia
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