Fatti «bella» per te… Ricorda, prima tu e poi gli altri

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor

Questo articolo non vuole essere la classica solfa sul femminismoe sulla solidarietà femminile, vuole piuttosto fornire degli spunti di riflessione, dei “punti critici” dai quale ripartire per costruirsi la propria sicurezza. La verità è che molte di noi faticano a ritagliarsi il proprio spazio nel mondo finendo finanche per vivere ai margini della vita degli altri. Troppo spesso, infatti, affidiamo agli altri non solo la nostra felicità ma anche l’idea che abbiamo di noi stesse! Affidiamo agli occhi altrui la nostra identità (letteralmente, ci guardiamo con gli occhi degli altri e non con i nostri) dimenticandoci che siamo persone complete, degne di stima e meritevoli d’amore, dimenticandoci soprattutto che se imparassimo a guardarci davvero con i nostri occhi, non sentiremmo più il bisogno di ricercare sicurezza nell’altro, andremmo avanti con l’intima consapevolezza di non dover dimostrare nulla a nessuno.

Perché questa è una questione tipicamente femminile?

La questione dell’affermazione di sé non conosce identità di genere. Questo discorso potrebbe riguardare anche alcuni uomini ma certamente parla di tantissime donne! Basta guardare le statistiche sugli interventi di chirurgia estetica: l’86% dei clienti è di sesso femminile. Eppure di uomini con il naso storto, il sedere piatto e la pancia tondeggiante, ce ne sono parecchi… ma non necessariamente ne risentono. Non hanno bisogno di “essere perfetti” per stare bene con se stessi, e questo è un bel vantaggio dato che la perfezione non esiste! Gli uomini sono sicuramente esposti a un giudizio sociale differente ma in un periodo storico in cui tutto cambia in fretta, la vera evoluzione può partire da noi, dal rapporto che abbiamo con il nostro corpo e con la nostra identità.

Due essenziali conquiste

Il corpo che abbiamo, non è nostro fin dalla nascita. Quella corporea è una conquista che facciamo tutti -un po’ a fatica e, ahimé, una conquista che qualcuno non riesce mai a compiere-. Ora potresti obiettare: “il corpo non è affatto una conquista, è qualcosa che ci appartiene fin dalla nascita”. Questo è errato. Quando veniamo al mondo, la gestione del nostro corpo è affidata alle cure genitoriale. Vestiti, igiene, nutrizione, movimento… tutto è affidato a qualcun altro. Solo crescendo iniziamo a conquistarci e il rapporto che abbiamo con il nostro corpo dipende in gran parte da come ci viene “restituito”. Se controvoglia (tipico dei genitori chioccia che non vorrebbero mai separarsi, mai veder crescere i propri bambini), se frettolosamente (tipico dei genitori distratti), se in modo ambivalente (tipico dei genitori che hanno vissuti contrastanti), se in modo oppressivo (tipico dei genitori irrisolti che vedono nel figlio un’estensione di sé)… Le esperienze che possiamo fare nel legame genitoriale sono numerosissime e tutte hanno riscontri corporei. Tutte mediano la nostra futura accettazione o non accettazione di sé, di tratti somatici così come personali.

Allora, se sentiamo il bisogno di essere perfette, se sentiamo il bisogno disperato di dimostrare il nostro valore, è perché qualcosa -nei nostri primi anni di vita- è andato storto. Insieme alla conquista corporea, i nostri genitori dovrebbero consentirci un ulteriore conquista: quella dell’autonomia emotiva. Esatto, insieme all’autonomia corporea (con la quale impariamo ad accogliere il nostro corpo e autogestirci, quindi a scegliere cosa indossare, pettinarci, lavarci i denti…) dovremmo conquistare anche una certa autonomia emotiva (con la quale impariamo ad accogliere le nostre emozioni, anche in questo caso, impariamo ad autogestirci, apprezzarci da sole per ciò che siamo, autoconsolarci, contare le nostre emozioni e pian piano impariamo a comprenderle…).

Se queste due conquiste non avvengono in modo armonioso, finiremo per spostare sull’altro ogni nostro onere, deprivandoci della più immensa possibilità che abbiamo: essere noi stesse, esprimerci e accettarci in modo incondizionato! L’altro sarà sempre la nostra bussola, la persona che dovrà dirci “sì, tu vai bene così”, l’altro sarà sempre la persona che dovrà contenere i nostri affetti, garantirci -per noi- emozioni positive e appagamento. Ci sfugge una realtà in cui noi possiamo appagarci, consolarci e soddisfarci da sole. Quindi se siamo tristi, è necessario che qualcuno dall’esterno ci consoli, da sole non ci bastiamo! Non ci bastiamo mai! L’errore più grande che commettiamo è quello di sottostimarci, allora, per compensare, fissiamo standard elevatissimi (irraggiungibili), pretendiamo il massimo e, anche così, sembra quasi che non sia mai abbastanza. Ancora una volta, aspetttiamo che l’altro ci dica “sì, tu vai bene così”.

Circa un anno fa ero all’inizio di una frequentazione amorosa. Lei mi invitò a cena a casa sua. Quando arrivai, notai che non solo aveva preparato la cena (deliziosa) ma era anche tutta in tiro, come se fino a pochi minuti prima non fosse ai fornelli, come se non fosse nella sua comfort zone. Aveva un make-up perfetto, lenti a contatto, strati di fondo tinta, cipria, ombretto… wow, lì per lì ne rimasi lusingata. Sapevo che lo aveva fatto per me. Da donna, però, so benissimo che quando sei truccata non puoi grattarti il viso, non puoi strofinarti gli occhi, ne’ tantomeno rinfrescarti la faccia. Volevo che fosse serena, comoda, allora le posi delicatamente alcune domande per riflettere insieme e alla fine lei fu molto più rilassata, si struccò e si mise comoda. Trascorremmo una bellissima serata.

Il lusso di sentirsi liberi, sempre

In qualsiasi ambiente, dovremmo concederci sempre il lusso di sentirci a nostro agio. Certo, il make-up, le griffe, in un corpo in forma, possono essere fonte di sicurezza, ma dobbiamo ricordarci che in nessun caso dovrebbero essere l’unica fonte di sicurezza. In nessun caso dovremmo apprezzare noi stessi in base a quanto riteniamo di essere apprezzabili dagli altri! Ognuno di noi, uomo o donna che sia, ha un suo valore intrinseco, è unico, speciale, irripetibile. Dovrebbe bastarci questa consapevolezza a farci stare bene con noi stessi.

Se non ci accettiamo, non significa che siamo inaccettabili! Significa solo che non abbiamo avuto la possibilità di completato quel processo di autonomia emotiva che avremmo dovuto attraversare durante l’infanzia. I nostri genitori, per un motivo o un altro, non hanno saputo/potuto sostenerci nelle nostre conquiste. Anzi, alcuni genitori ci hanno reso le cose davvero difficili. Ora che siamo adulti, però, sta a noi emanciparci, sta a noi affermare la nostra identità di persone complete. Se ti va di rivendicare il tuo spazio nel mondo e affermarti finalmente per chi sei, ti consiglio di leggere il mio libro (già bestseller), d’Amore ci si ammala, d’Amore si Guarisce. Lo trovi in tutte le librerie o su Amazon.

Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in psicobiologia
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