Essere sicuri di sé fa bene. Tutti dovremmo investire del tempo a lucidare la nostra autostima. L’autostima è la valutazione che facciamo di noi stessi, è in sostanza il nostro modo di viverci. È così importante che una sana autostima può metterci in salvo da ansia, pensieri ossessivi, relazioni disfunzionali e un gran numero di malanni che affliggono la mente. L’autostima può assumere connotazioni patologiche sia quando è regolata verso il basso, sia quando è regolata verso l’alto. Si parla infatti di complesso di inferiorità (quando abbiamo la percezione che tutti siano migliori di noi) e di complesso di superiorità, quando, si vive con la convinzione di essere migliori degli altri.
Il complesso di superiorità come meccanismo di difesa
Il termine «complesso di superiorità» è stato coniato da Alfred Adler, allievo di Sigmund Freud e, più tardi, fondatore della psicologia individuale. Secondo Adler, la persona che soffre di un complesso di superiorità sta cercando di compensare i sentimenti di inferiorità intrinseca. Stando alla teoria psicoanalitica, chi si sente superiore agli altri non fa altro che servirsi di un meccanismo di difesa noto come proiezione. Cioè nega a se stesso l’esistenza di limiti o difetti e proietta tutto all’esterno.
Chi si sente superiore, dunque, vede negli altri che giudica suoi inferiori, quelle tracce di inferiorità che in realtà appartengono a lui. Questo meccanismo difensivo mi fa venire in mente un proverbio napoletano che cita «L’asino chiama “orecchie lunghe” il cavallo». L’asino, in questo scenario, è colui che vede negli altri dei difetti che in realtà è egli stesso ad avere. Questo proverbio invita a guardare bene dentro se stessi, perché qualsiasi giudizio che muoviamo all’esterno, in realtà, racconta qualcosa di noi e di ciò che ci portiamo dentro.
Perché dovremmo investire del tempo a lucidare la nostra autostima? Perché una sana autostima non può mai farci sentire migliori degli altri, piuttosto ci pone semplicemente sullo stesso piano. Chi ha una sana autostima, sa bene che tutti hanno il diritto di soddisfare i propri bisogni, di raggiungere traguardi e di dare il meglio di sé; non cade in sterili paragoni e giudizi. Ecco, una sana autostima quindi ci protegge anche dalle invidie, sia da quelle che eventualmente potremmo sperimentare, sia dalle invidie che gli altri potrebbero nutrire nei nostri riguardi. Tutti questi benefici non si verificano quando una sana autostima lascia il posto a un complesso di superiorità. Ma cosa significa sentirsi superiori?
Come riconoscere chi si sente superiore agli altri
Non sempre è facile riconoscere una persona con un complesso di superiorità, almeno no alla prima occhiata. Chi si sente superiore, infatti, talvolta sfoggia una maschera di finta umiltà, tuttavia, il suo complesso di superiorità non tarderà a manifestarsi negli atti e nelle parole. Nei suoi modi di fare, si evince che sopravvaluta la sua importanza, la sua intelligenza o la sua bellezza. Non è, infatti, sempre una questione di vanità. Certo, chi ha un complesso di superiorità potrebbe estrinsecarlo anche sul piano fisico, nel modo in cui si vesta o dalla sua postura, tuttavia, un indicatore molto più affidabile è il modo in cui egli tratta gli altri.
Queste persone appaiono intolleranti agli altri, contraddicono il punto di vista altrui e cercano di dominare, controllare o schernire chi percepiscono come inferiore (praticamente quasi tutti, perché le uniche persone che non ritengono inferiori, sono quelle che percepiscono come simili a sé!). Queste persone, qualunque cosa facciano e con chiunque abbiano a che fare, si pongono verso l’interlocutore con frasi che mandano messaggi inequivocabili:
- «io ne so più di te»
- «il mio punto di vista è più valido del tuo»
- «le mie opinioni pesano più delle tue»
- «il mio tempo è più prezioso del tuo»
- «i miei bisogno devono essere soddisfatti prima dei tuoi»
- «io sono più importante»
- «tu non hai valore»
Il dramma del complesso di superiorità è che…. per quanto tu voglia sentirti superiore, c’è una cosa che si chiama realtà. Spesso, chi si sente superiore suppone di avere più diritti degli altri e così soffre molto per le “ingiustizie” della vita come dover fare la fila alla cassa del supermercato o la coda in autostrada. La sofferenza genera frustrazione che genera rabbia e angoscia. In altre parole, chi si sente superiore non vive affatto bene.
A questo punto possono scattare altri meccanismi di difesa che possono sfociare nel cosiddetto maladaptive daydreaming: la persona tende a defilarsi dalla società così da immergersi in sogni ad occhi aperti dove lei è importante, più importante di tutti. Dove lei ha uno scopo superiore. Rifugiarsi in un mondo di superiorità illusoria è l’unico modo che ha per sopravvivere perché è incapaci di adattarsi alla società.
Se la persona accettasse la sfida di adattarsi alla società e ne uscisse vincente, allora parleremmo anche non parlare di complesso di superiorità. Nel caso del complesso di superiorità, invece, non c’è alcun reale successo, anzi, la possibilità di adattarsi tangibilmente alla società non viene neanche considerata: tutto verte su un piano fittizio, di illusione. Le convinzioni in merito alle proprie capacità non si basano su null’altro che fantasie e falsi presupposti.
La maschera dell’altruismo e del perbenismo
Non solo, chi si sente superiore può assumere un’altra strategia comportamentale: dedicarsi a opere di beneficenza, volontariato (…) così da continuare a coltivare intimamente l’idea di essere più nobile e migliore degli altri. Chi fa beneficenza per altruismo, si riconosce subito: tratta tutti con rispetto!
Al contrario, chi si dedica a “nobili cause” per confermare la propria superiorità, può sentirsi offeso se affermi di non essere d’accordo con la sua opinione, può essere irrispettoso con chi reputa inferiore e peccare di forte arroganza proprio per l’attività di volontariato svolta. Per esempio, può lodarsi e descrivere le proprie azioni come epiche e, al contempo, sentire il bisogno di denigrare e screditare l’operato altrui.
Caratteristiche del complesso di superiorità
Come anticipato, il complesso di superiorità ha due caratteristiche fondamentali che sono la profonda convinzione di essere superiore agli interlocutori in uno o più ambiti, il bisogno di banalizzare l’operato altrui per stare bene con se stesso. Esistono altre caratteristiche che generalmente interessano il soggetto con complesso di superiorità, tra cui:
- eccessiva indulgenza nel perdonare i propri errori (mancanza di autocritica).
- Attuare meccanismi di rimozione, letteralmente, esclude dalla coscienza gli eventi che l’hanno messo in cattiva luce.
- Incolpare gli altri o il destino dei propri insuccessi.
- Minimizzare i propri errori, difetti e mancanze.
- Ingigantire i propri successi e qualità.
- Non tollerare le critiche.
- Autoconvincersi di avere qualità che invece non si possiedono. In pratica, inventa di sana pianta abilità e capacità che non ha.
- Inventare, condire o enfatizzare eventi grandiosi della propria vita.
- Provare pena nei confronti degli altri, che sono visti come competitor scarsi. Cioè, chi si sente superiore pensa che gli altri siano dei poveracci perché non ha la minima reale cognizione di come sia la sua vita.
- Difficoltà nel costruire relazioni con gli altri, specie se il soggetto compete con loro in uno o più campi.
- Profondo narcisismo.
- Difficoltà nel gestire le proprie reazioni emotive.
- Prendere ogni commento, azione o situazione sul personale.
- Avere sentimenti di paranoia, per questo possono apparire discreti e introversi. In realtà, pensano intimamente che gli altri sono invidiosi della loro “grandiosità” non sapendo che la gloria che percepiscono è solo illusoria.
- Tendere al perfezionismo, però, al contrario di chi ha un complesso di inferiorità, i risultati ottenuti sono visti come di qualità eccelsa o comunque superiore alla qualità offerta da altri.
- Giudicare gli altri e ingigantire i loro difetti.
- Giudicare sempre e comunque positivamente le scelte importanti della propria vita, anche quelle che hanno portato scarsi risultati, mentre le scelte degli altri sono viste come perdenti.
Perché queste persone si sentono superiori?
Tra le cause che possono determinare il complesso di superiorità ci sono molteplici fattori da considerare, alcuni dei quali:
- Una storia di ripetuti fallimenti personali.
- Incapacità di iniziare una nuova sfida per paura di fallire.
- Bassa autostima.
- Bassa estrazione socio-economica.
- Difetti fisici mai elaborati (bassa statura, calvizie…).
- Avere genitori narcisisti.
- Avere genitori che hanno subito numerosi insuccessi, che hanno inculcato nel figlio la convinzione di essere migliori degli altri.
- Ripetute umiliazioni durante l’infanzia.
- Una malattia cronica durante l’infanzia.
L’elenco che segue è solo parziale e, in base a fattori contestuali, può dare adito allo sviluppo sia di un complesso di superiorità che di un complesso di inferiorità. La psicologia è materia estremamente complessa e, anche se molto completi, i nostri articoli mostrano solo uno scorcio parziale di questa complessità.
Ci sono molti modi per affrontare le persone velenose o perverse nella nostra vita, siano essi amici, colleghi di lavoro o familiari
Ogni metodo inizia con lo stesso passaggio, però: l’ ACCETTAZIONE! Potremmo pensare di poter cambiare o resistere a una persona o una circostanza, ma non possiamo e non è salutare farlo. Le persone presuntuose cambiano raramente. Le persone rotte sono rotte e nessuno può aggiustarle tranne se stesse. Prima arriviamo ad accettarlo, prima potremo passare a tagliare queste persone dalla nostra vita. Ripartire può essere difficile, ma la vita si vive attraverso le connessioni, non la commiserazione.. è tempo di staccarsi e iniziare a vivere una vita piena di bellezza e amore altrove. Non permettere a nessuna relazione di distruggere e diminuire la luce che risplende dentro di te.
Certo! Può essere doloroso prendere le distanze da qualcuno a cui teniamo…
ma in questi casi una sofferenza temporanea si rivelerà utile nel corso del tempo. Diverse persone sono destinate a restare nelle nostre vite solo per un periodo, poi dobbiamo andare avanti. Purtroppo, il senso di colpa, di obbligo e le convinzioni viziate ci spingono ad aspettare più di quanto sia giusto per noi e, spesso, anche per loro!
Puoi stabilire una linea di confine, ma attenzione a farlo in modo consapevole e proattivo. Se lasci che le cose accadano spontaneamente, rischi di essere invischiato in conversazioni difficili. Se stabilisci dei confini e decidi quando relazionarti con un soggetto difficile, sarai in grado di controllare buona parte del caos. Nessuno di noi ha bisogno di persone negative intorno. La nostra mente è un’arma potentissima. Abbiamo il potere di frequentare le persone che non ci giudicano ma che ci accolgono, ci apprezzano e ci sostengono. Ripartire può essere difficile, ma la vita si vive attraverso le connessioni, non la commiserazione.. è tempo di staccarsi e iniziare a vivere una vita piena di bellezza e amore altrove. Non permettere a nessuna relazione di distruggere e diminuire la luce che risplende dentro di te.
Non siamo fatti “per stare con qualcuno”: siamo fatti per incontrare noi stessi
Nella tua vita devono aprirsi porte verso nuove occasioni, nuove evoluzioni, nuovi incontri. I compagni di viaggio e di vita sono certo importanti, ma l’unica figura con cui dobbiamo stare bene siamo noi stessi. Stare con te stesso nel modo giusto è la sola partita che conti davvero nella vita.
L’opportunità di viversi a pieno
Quando ci lasciamo guidare dalle emozioni dirompenti, quando ci blocchiamo a rincorrere gli stessi risultati e ripetiamo i medesimi comportamenti aspettandoci esiti diversi, ci perdiamo l’opportunità di viverci la nostra vita in modo più profondo, più autentico. In men che non si dica, ci ritroviamo persi in competizioni che non sappiamo neanche chi ha iniziato, ci ritroviamo a vivere una vita che non ci rappresenta! Sopraffatti dall’ansia, dalle comparazioni, dalle paure… E succede perché abbiamo smesso di ascoltarci e finanche abbiamo smesso di provare a farlo.
Se iniziamo a riflettere sul modo in cui “rispondiamo” agli eventi della nostra vita quotidiana, se iniziamo con l’auto-riflessività, con la consapevolezza di livello superiore, se iniziamo a sperimentarci in contesti in cui l’unicità è tutto, allora possiamo riprenderci in mano la nostra vita. Già, l’unicità! A causa degli smartphone ci siamo dimenticati che alcuni momenti sono tanto unici quanto irripetibili, perché una foto non basta per riviverli ma… quando riesci ad accedere a un certo tipo di sensazioni, quei vissuti te li porti addosso, divengono parte di te, ti definiscono nel bene.
Ti ricordano chi sei e cosa puoi essere, cancellando via l’assurdo peso dei condizionamenti genitoriali e sociali. Eh sì, perché se non impari a entrare in contatto con te stesso, saranno sempre le pressioni esterne a definirti. Allora è legittimo chiederti, quanto di te c’è nella tua vita e quanto di te vuoi cominciare a metterci? E soprattutto, vuoi iniziare ad ascoltarti davvero? Se vuoi entrare in contatto con ogni parte di te e hai voglia di sperimentare emozioni inedite, che possano accompagnarti nella gratificazione quotidiana, ti consiglio la lettura del mio nuovo libro «il Mondo con i Tuoi Occhi», disponibile a questa pagina Amazon e in tutte le librerie.
A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
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