Frasi tipiche delle persone attanagliate dal senso di non valere

| |

Author Details
Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

Quanti di noi si sottovalutano, forse troppi di noi. A me capita. Eh si, mi rendo conto che la prima persona che mi sottovaluta sono io stessa. Ed è proprio quello il mio timore: credere di non essere all’altezza.  Sono convinta che questo timore valga per tanti di noi. La paura di essere imperfetti, di non essere abbastanza bravi, belli, in forma, adatti ad un lavoro o ad una relazione (potrei continuare all’infinito)… è un problema con cui tutti (o quasi) ci siamo trovati a dover fare i conti nella vita. Le ripercussioni di una mentalità così sabotante sono molte e gravi. Quando questi pensieri disfunzionali iniziano a mettere radici più profonde al punto di compromettere la qualità della nostra stessa vita, forse è il caso che facciamo qualche passo indietro.

E’ allora che il sottovalutarsi inizia a diventare una vera e propria forma di auto-distruzione, che con il tempo guasta i rapporti, distrugge sogni ed aspirazioni e paralizza talenti e potenzialità, abituandoci a credere di non avere gli strumenti adatti per vivere una vita all’altezza delle proprie aspettative

Alla base vi sono componenti cognitive rigide e limitanti

Una convinzione svalutante su sé stessi (“non sono abbastanza/non sono all’altezza”), che affonda le sue radici nelle prime esperienze infantili, cui si accompagna una decisione presa in quell’epoca (ad esempio “non sarò mai amato/apprezzato; non riuscirò mai nella vita”). E oggi quel messaggio lo portiamo dentro nella forma di aspettative perfezioniste e missioni impossibili che chiediamo​ a noi stessi. Aspettative a cui dobbiamo rispondere in diversi ruoli sociali, professionali, intimi. E l’ansia e la depressione fanno capolino.

Le frasi tipiche di chi si svaluta continuamente

Se nei tuoi discorsi emergono spesso queste frasi, allora è il caso che tu ti ferma a prenderti cura del valore che hai di te stesso.

1. “Faccio sempre tutto male”

Frase direi emblematica che racchiude appieno il potere distruttivo del sottovalutarsi. Invece di vedere l’errore come un’opportunità per imparare, viene interpretato come un segno indelebile della propria incompetenza. Questo atteggiamento non solo limita il desiderio di provare nuove esperienze, ma alimenta anche un circolo vizioso: meno si tenta, più ci si sente incapaci.

2. “Non me lo merito”

Questa frase cela una profonda mancanza di autocompassione. Chi tende a sottovalutarsi spesso crede di non essere degno di amore, felicità o successo, rifiutando complimenti e opportunità. Questa autoesclusione può avere radici profonde, spesso legate a esperienze passate che hanno instillato il senso di di non valere.

3. “Ci saranno delle conseguenze gravissime per la mia incapacità”

Per chi tende a sottovalutarsi questa frase diventa una sorta di mantra che può trasformarsi in un’ossessione autolesionista rafforzando la percezione di inadeguatezza e impedendo una visione oggettiva delle situazioni.

4. “Non ho speranze di arrivare dove voglio”

Questa è forse una delle frasi più tipiche di chi tende costantemente a sottovalutarsi. Chi la ripete spesso vive sempre nel dubbio del proprio valore personale, temendo di non meritare successo o amore. Questa convinzione auto sabotante può portare le persone a evitare rischi o sfide, paralizzate dalla paura di fallire. È come se la paura del giudizio esterno fosse meno spaventosa rispetto alla delusione verso sé stessi.

5. “qualcosa ostacolerà sicuramente il mio cammino, indipendentemente dalla mia volontà”

Questa frase è un perfetto esempio di autolimitazione. Ci si convince di non avere alcuna competenza o valore, alimentando un senso di impotenza che trattiene dal provare. Il risultato? Obiettivi mai raggiunti e una vita piena di rimpianti.

Non sentirsi all’altezza può essere una vera e propria arma puntata contro

Svalutare se stessi è un tipico esempio di mancanza di autostima che conduce ad uno stato di insoddisfazione. Svalutarsi significa, infatti, sminuire, ritenere e dichiarare se stessi inferiori al valore reale. Ma perché questo avviene? Perché alcune persone tendono a giocare al ribasso con la considerazione che hanno di loro stesse?

La svalutazione è una forza vampirizzante che divora e distrugge tutto ciò che di bello possiamo avere e sognare: guasta i rapporti, distrugge sogni ed aspirazioni e paralizza talenti e potenzialità, abituando la persona a credere di non avere gli strumenti adatti per vivere una vita all’altezza delle proprie aspettative.

Come nasce la convinzione di non essere abbastanza

I complessi di inferiorità possono diventare uno stile di vita, e l’incapacità di amarsi può diventare convinzione di valere poco. Forse avete sentito fino alla nausea la frase : ”Se tu non ti ami, chi mai potrà amarti?”. Anche se questo concetto contiene un fondo di verità, nella vita avviene spesso l’esatto contrario: molte persone imparano a credere in se stesse soltanto quando trovano qualcun’ altro che crede in loro.

La nostra autostima dipende moltissimo dalle esperienze che abbiamo avuto nei primi anni di vita: se le relazioni con le persone che si occupavano di noi ( genitori, nonni, insegnanti, ecc) sono state positive e gratificanti avremmo sviluppato probabilmente un immagine positiva di noi stessi. Se invece, i rapporti con chi ci stava vicino sono stati improntati all’ insegna della freddezza e delle critiche, quasi sicuramente avremmo sviluppato un opinione negativa di noi stessi e faremmo fatica ad accettarci e a credere nelle nostre potenzialità. Il bambino che non si sente accettato per quello che è veramente nella totalità del suo essere, tenderà ad incolparsi e a pensare:” Se i miei genitori mi criticano/ mi paragonano agli altri / non mi vogliono abbastanza bene , allora deve esserci qualcosa che non va in me”.

Questo bambino comincerà a credere che i suoi genitori non lo apprezzano abbastanza perché lui è stupido, cattivo, sbagliato, non si merita l’amore e comincerà a sviluppare un immagine negativa di se stesso. Involontariamente, da adulto tenderà a sabotare le occasioni di autoaffermazione e a fuggire dalle opportunità. Perché alla fine si avrà più confidenza con il fallimento che con il successo.

Fallire è un po’ tornare sui propri passi, riuscire vuol dire compiere delle trasformazioni, dentro e fuori di se

La paura di arrivare e non esserne all’altezza può riproporci continui insuccessi. Se riusciamo in una dieta, per fare un esempio semplice, si diventa probabilmente più attraenti per gli altri e questo può compromettere la nostra relazione attuale, potremmo ritrovarci a non saper più gestire situazioni nuove. Così, fallire significa rimanere nei nostri odiati ma rassicuranti chili di troppo.

Effetti del sottovalutarsi nella vita quotidiana

Quando si ha uno scarso concetto di se stessi, le percezioni che ci arrivano dalla realtà, condizionano la nostra capacità di osservare e valutare obiettivamente le situazioni: di conseguenza, cambiano le conclusioni a cui giungiamo. Ecco quali sono le conseguenze di valutazioni condizionate dal non sentirsi mai all’altezza di affrontare la vita:

  1. La paura dell’insuccesso ci induce a una mancata espressione delle nostre risorse personali, del nostro potenziale umano e delle nostre reali capacità, perché ci blocca alla non azione, confinandoci a una vita e a un lavoro molto al di sotto delle nostre potenzialità
  2. La percezione errata di se stesso e il senso di inferiorità uccide i nostri sogni, le nostre aspirazioni; le occasioni restano perdute e le opportunità sprecate, e questo principalmente perché noi per primi facciamo fatica a credere in ciò che possiamo fare.
  3. La paura di non essere accettati, giudicati, il bisogno di essere approvati, ecc… sono tutti pensieri invalidanti che pregiudicano la qualità delle nostre relazioni sia sociali che sentimentali. L’incapacità di piacersi ci rende egoisti a tratti narcisisti e fondamentalmente incapaci di apprezzare il buono che c’è negli altri. Ciò ci porta, col tempo, ad essere eccessivamente esigenti con chi ci è accanto, caricandoli della responsabilità di farci sentire all’altezza, quando noi per primi siamo convinti dell’opposto.

Invertire il proprio destino

Successo non significa diventare famosi, ricchi e potenti ma semplicemente realizzare quello che si desidera, andare avanti nella nostra vita, essere autentici. Senza bisogno di ristagnare nella sofferenza a tutti i costi. Fortunatamente, anche se si ha avuto un infanzia poco felice, è possibile imparare a volersi bene ma soprattutto imparare a guardarsi con occhi più benevoli.

Rifletti: chi è più piccolo di un bambino? Vive in mezzo a giganti, è dipendente in tutto dagli altri, all’inizio non è nemmeno padrone del proprio corpo. Eppure, l’hai mai osservato mentre impara a camminare? Niente lo può fermare, appena è in grado di stare in equilibrio si solleva sulle gambe incerte e si lancia cercando di raggiungere la sedia o il tavolo più vicini per potersi sorreggere di nuovo. E non smette neanche se cade in continuazione, ogni volta si rialza e ricomincia.

Per lui quel che conta è camminare: vuole prendere quell’oggetto lontano, rincorrere la mamma o il cane… E si diverte infinitamente a farlo, è una tale scoperta potersi muovere in modo autonomo e libero che di certo non sarà qualche capitombolo a intimidirlo. Ma la cosa importante è che quel bambino siamo tutti noi. Tutti quanti abbiamo quella perseveranza, quel coraggio, quella gioia di provare e sperimentare. Ce l’abbiamo avuta, infatti oggi camminiamo, ma la conserviamo intatta ancora oggi.

Basta ascoltare quella vocina che vuole farti credere che non vali! Basta ascoltare gli altri!

In tutti noi esiste un po’ di paura di non essere abbastanza, di non meritare amore… Ma se vuoi opporti a questo consigliere ostile e giudicante devi iniziare a confrontarti con le tue paure. C’è un piccolo esercizio che puoi fare per te stesso per ritrovare e percepire le tue risorse interiori. E se pensi di non averne, ti blocco subito: ne hai. Ne abbiamo tutti. Non tutti però siamo capaci di usarle e sfruttarle, di contare su queste risorse in modo attivo per determinare il nostro futuro.

Questo esercizio ti può aiutare a comprendere quali sono le tue risorse e aiutarti così a riacquisire sicurezza e fiducia nelle tue capacità e potenzialità. In poche parole, può contribuire a restituirti il coraggio che hai perduto per strada, chissà dove, e che ti servirà per lanciarti in avventure nuove e di affrontare le mille incognite del domani.

In che cosa consiste l’esercizio? Voglio che ogni giorno tu annoti su un piccolo taccuino tutto ciò che ritieni di aver appreso nella giornata trascorsa e tutte le difficoltà che sei riuscito ad affrontare. Nulla di trascendentale? Prova e mi dirai. Come ripeto sempre, il potere sta tutto nella semplicità.

Ciò che mi interessa è che tu sviluppi la capacità di riconoscere le tue risorse, che tu abbia consapevolezza della forza che hai dentro di te e degli ostacoli, piccoli o grandi che siano, che ti trovi già ad affrontare ogni singolo giorno. Voglio che tu impari a valorizzare te stesso e che tu possa vederti davvero senza quella vocina che, da dentro, ti ripete costantemente che non sei abbastanza. Tu sei molto più di quanto pensi.  Tu non sei gli altri. Tu sei molto di più: TU sei TU! Datti l’opportunità di scoprirlo.

Ti hanno insegnato che non vali

Ecco l’insegnamento che più ci danneggia.  Ti ricordi cosa ti ho scritto all’inizio di questo articolo? Ti ho spiegato che l’immagine che abbiamo di noi, si forma in ambito relazionale, in base a come ci hanno visti gli altri, in base a come ci hanno fatto sentire. Se per anni ci hanno fatto sentire come se non contassimo molto, noi continueremo a guardarci con quegli occhi, continueremo a pensare di non valere, di non meritare la felicità associata a uno stato di sana indipendenza. Eppure quella felicità, quell’appagamento, tu lo meriti.

Quanti di noi aspettano ancora di sentire di valere?

Quanti di noi aspettano ancora di essere «trattati» come persone degne di stima e amore? E non parliamo di un surrogato d’amore, quello indubbiamente l’abbiamo conosciuto. Molti di noi, purtroppo, non hanno mai avuto l’opportunità di accogliere un profondo amore incondizionato, quello fatto di accettazione, stima e validazione emotiva. No, questo legame amoroso in cui potevamo davvero esprimere noi stessi, non lo abbiamo conosciuto e ci appare quasi come una chimera. I legami che abbiamo stretto fino a oggi, più che basati sull’amore, vertono sui ricatti affettivi, sui compromessi, sugli obblighi morali indotti, sui sensi di colpa, sulla paura dell’abbandono… insomma su tante sensazioni sofferenti che niente hanno a che vedere con l’Amore. «Se fai questo, se mi appoggi, se sei abbastanza buono, silenzioso, ubbidiente, bravo, capace, intelligente… allora, forse, forse, allora sì, forse sarai amato».

L’assenza dell’amore genitoriale ci avrà pur fatto “ammalare”, ma noi abbiamo tanto amore dentro ed è quello che ci farà risplendere. Se hai voglia di lavorare su te stesso e rivedere i tuoi schemi psicoaffettivi, ti consiglio di leggere il mio libro «Il mondo con i tuoi occhi». Cinque capitoli che ti porteranno alla scoperta di quel potenziale che, da troppo tempo, è assopito dentro di te e non chiede altro di esplodere! Per immergerti nella lettura e farne tesoro, puoi ordinarlo qui su Amazon) oppure acquistarlo in libreria.

A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
Se ti piace quello che scrivo, seguimi sul mio profilo Instagram: @anamaria.sepe.
Se ti piacciono i nostri contenuti, seguici sull’account ufficiale IG: @Psicoadvisor
Puoi leggere altri miei articoli cliccando su *questa pagina*