Frasi tipiche delle persone depresse (e come sostituirle per sentirsi meglio)

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

La depressione altro non è che uno stato in cui l’individuo vive in totale assenza di speranza, speranza per sé e per il futuro, segnato dall’ineluttabile amarezza della vita. Già, perché la sofferenza è vissuta come qualcosa di ineluttabile, inevitabile, quasi come una caratteristica intrinseca della vita. Questo stato si verifica quando anche l’ultimo baluardo di fiducia viene a mancare.

Con questa introduzione, oggi non voglio parlare di depressione maggiore, cioè di quell’etichetta clinica che è accompagnata da determinati criteri diagnostici. Oggi mi preme parlare di un tipo di depressione nascosta, silente, che accompagna molti di noi e che, purtroppo, non avendo alcuna definizione diagnostica, troppo spesso passa inosservata. Il risultato? La persona si trascina senza vivere con pienezza la sua vita, senza mai conoscere fiducia e comprensione. In effetti se ci si soffermiamo a rifletterci, come potrebbero essere compresi nella loro sofferenza se nessuno ne parla? Se nessuno dà una spiegazione a quel dolore. Ecco che quelle persone finiranno per convincersi di essere loro inadatte alla vita. Niente di più sbagliato.

Imparare a soffrire, un insegnamento difficile da dimenticare

Alcune persone si muovono nella vita già sconfitte, come se avessero bisogno solo di sofferenza, abbandono e quanto di peggio possano provare. Questo accade perché, nella loro storia personale, non hanno mai conosciuto una reale spensieratezza. Sulle loro spalle, fin dall’infanzia, è sempre gravato un peso enorme: la responsabilità di una persona cara e/o la vergogna o la colpa per un torto subito di cui non hanno alcuna responsabilità. Queste persone non tentano neanche di conquistarsi la loro fetta di felicità perché ormai, è già andata! È stata perduta tanti anni prima e, come premesso, manca la speranza. Osservandole da lontano, non sembrano davvero depresse: si alzano, vanno a lavoro, sono efficienti, propongono soluzioni, si confrontano… Non scaricano la loro frustrazione sugli altri e all’apparenza sembrano forti o insensibili, tutto questo solo perché hanno imparato precocemente a mettere un tappo a certe manifestazioni.

Il dolore ha un potere pazzesco. Quando una persona, anzi, un bambino, deve fare i conti con la sofferenza per lungo tempo, senza alcuna consapevolezza e supporto concreto, quel bambino finirà per normalizzare la sofferenza, finirà per renderla parte del suo presente, sempre. Stare male diventa una costante naturale della vita. Chi non ha conosciuto la leggerezza dell’infanzia, solo difficilmente da adulto potrà costruirsi il suo benessere: nessuno gli ha mostrato come si fa. La verità è che, da adulti, tendiamo a ricostruirci una realtà che in qualche modo possa restituirci le emozioni vissute durante l’infanzia. Beh, se quelle emozioni appesantiscono il cuore e parlano di assenze, omissioni, promesse infrante e fiducia tradita, è chiaro che la speranza inizierà ad affievolirsi fino a sparire.

Quella fiducia perduta

Sul dizionario «Oxford Language», la speranza è definita come «l’attesa fiduciosa di un evento gradito o favorevole». Alcune persone non hanno mai ricevuto un feedback positivo dall’ambiente esterno. Sono cresciute costantemente frustrate, puntualmente tradite nelle speranze e nei bisogni. Non bisogna aver vissuto traumi eclatanti per sviluppare questa forma depressiva di sottofondo. Modelli genitoriali inadeguati possono arrecare, inconsapevolmente, molti danni allo sviluppo psicoaffettivo del bambino, fino a distruggere quella che in psicologia è definita fiducia epistemica primaria.

Nelle relazioni primarie (cioè nei primi legami che stringiamo da bambini con le figure genitoriale) impariamo se possiamo fidarci o meno del prossimo, impariamo a valutare l’altro come una spalla sulla quale poter contare o come qualcuno da cui difendersi. In modo riduzionistico, se i nostri bisogni di accettazione, di vicinanza, di benevolenza e di supporto sono stati soddisfatti in modo opportuno, vedremo nell’altro una risorsa. Al contrario, perderemo ogni speranza, l’apprendimento implicito e precoce è un secco: «nessuno può aiutarmi, devo (e dovrò!) arrangiarmi sempre da solo!» Oppure: «sono un peso! Sono talmente inaccettabile che neanche chi dovrebbe amarmi di più al mondo vuole prendersi cura di me!». 

In termini pratici, se un giorno un bambino è spaventato dall’abbaiare di un cane e, nel genitore, non trova un rifugio sicuro ma trova parole sprezzanti del tipo: «smettila di frignare come una femminuccia! È solo un cane!». Quello seguente, il bambino piange perché si è sbucciato il ginocchio e invece di trovare rassicurazioni il genitore parte con un «te l’ho detto che non dovevi correre! Sei stupido, tu non mi ascolti!». Poi ancora, se fa i capricci, parte subito un «Se continui la mamma si arrabbia»… Un modello genitoriale svilente, che invalida costantemente tutte le manifestazioni emotive del bambino, giorno dopo giorno, eliminerà ogni forma di speranza. Il bambino non imparerà che, se ha paura, può contare sull’altro, anzi, imparerà che l’altro può essere altrettanto spaventoso. Non capirà che, se si fa male, può guarire e rialzarsi, anzi, apprenderà che non può, anzi, non deve sbagliare mai! Imparerà che le emozioni non vanno espresse perché queste innescano reazioni avverse.

Alla base di quella malinconia di sottofondo

Alla base di tutta quella malinconia di sottofondo che ci portiamo dentro, c’è la fiducia violata di un bambino spaventato che non voleva altro che essere rassicurato. I bambini sono esseri emotivi, non razionali, hanno bisogno di rassicurazioni, attenzioni, ascolto empatico e vicinanza affettiva, non hanno bisogno di giocattoli costosi contornati da prediche e offese!

Abbiamo detto che chi sperimenta questa malinconia di sottofondo, talvolta appare molto forte, quasi invincibile. Allora come fare per capire queste persone? Vediamo insieme alcune frasi che possono essere un indicatore di un vissuto difficile, di una sofferenza di sottofondo.

La depressione è una condizione complessa e debilitante che spesso si manifesta anche attraverso le parole che una persona utilizza. Le frasi che le persone depresse dicono possono riflettere il loro stato d’animo e influenzare ulteriormente i loro pensieri e comportamenti. Riconoscere questi schemi di linguaggio e sostituirli con alternative più positive può essere un primo passo verso un cambiamento significativo. In questo articolo esploreremo alcune delle frasi più comuni e come riformularle in modo più costruttivo.

Frasi tipiche delle persone depresse (e come sostituirle per sentirsi meglio)

Le frasi che le persone depresse dicono possono riflettere il loro stato d’animo e influenzare ulteriormente i loro pensieri e comportamenti. Riconoscere questi schemi di linguaggio e sostituirli con alternative più positive può essere un primo passo verso un cambiamento significativo. In questo articolo esploreremo alcune delle frasi più comuni e come riformularle in modo più costruttivo

1. “Non ce la faccio.”

Questa frase esprime un senso di impotenza e mancanza di speranza. Le persone depresse spesso si sentono sopraffatte e incapaci di affrontare le sfide quotidiane.

Come sostituirla:

  • “Posso provare a fare un passo alla volta.”
  • “Oggi mi sento in difficoltà, ma posso chiedere aiuto.”

Perché funziona: Cambiare il linguaggio da assolutista a progressivo riduce il peso delle aspettative e apre alla possibilità di miglioramento.

2. “Non valgo niente.”

Questa è una delle frasi più devastanti, perché riflette una perdita totale di autostima. Quando ci si sente così, ogni errore o fallimento viene amplificato.

Come sostituirla:

  • “Sto affrontando un momento difficile, ma il mio valore non dipende da questo.”
  • “Anche se oggi non mi sento al meglio, ho qualità che meritano di essere riconosciute.”

Perché funziona: Introdurre una visione più equilibrata e temporanea del problema aiuta a evitare pensieri autodistruttivi.

3. “Non ho più energie per niente.”

La stanchezza cronica è un sintomo comune della depressione. Questa frase è un grido di aiuto, ma può anche rinforzare la sensazione di essere bloccati.

Come sostituirla:

  • “Oggi sono stanco, ma posso concentrarmi su piccole cose che mi danno energia.”
  • “Non mi sento al massimo, ma posso fare una cosa alla volta.”

Perché funziona: Riconoscere la stanchezza senza farla diventare una sentenza definitiva apre la strada a piccoli miglioramenti.

4. “Sono un fallimento.”

Questa frase mostra un giudizio severo su se stessi, spesso basato su errori o difficoltà momentanee.

Come sostituirla:

  • “Ho commesso degli errori, ma sto imparando da essi.”
  • “Non tutto sta andando come vorrei, ma ci sono cose che posso cambiare.”

Perché funziona: Spostare il focus dagli errori al processo di apprendimento incoraggia un approccio più resiliente.

5. “A nessuno importa di me.”

La solitudine emotiva è spesso un compagno della depressione. Questa frase rispecchia un senso di isolamento e abbandono.

Come sostituirla:

  • “Mi sento solo in questo momento, ma ci sono persone che tengono a me.”
  • “Posso cercare supporto per non affrontare tutto da solo.”

Perché funziona: Riconoscere i sentimenti senza generalizzarli aiuta a creare un ponte verso le relazioni significative.

6. “Non migliorerò mai.”

Questo pensiero blocca la possibilità di cambiamento e alimenta la disperazione.

Come sostituirla:

  • “Il cambiamento richiede tempo, ma posso fare piccoli passi verso il miglioramento.”
  • “Non so come andrà, ma voglio darmi una possibilità.”

Perché funziona: Introduce la speranza e l’idea che il miglioramento è un processo graduale.

7. “Non c’è niente di buono nella mia vita.”

La depressione tende a offuscare la capacità di vedere gli aspetti positivi della vita.

Come sostituirla:

  • “Oggi fatico a vedere le cose positive, ma ci sono aspetti della mia vita che posso apprezzare.”
  • “Mi impegnerò a trovare almeno una cosa che mi fa stare bene.”

Perché funziona: Anche un piccolo gesto di gratitudine può avere un impatto positivo sull’umore.

8. “È tutta colpa mia.”

Attribuirsi ogni responsabilità è un modo comune in cui la depressione si manifesta, aumentando il senso di colpa.

Come sostituirla:

  • “Ho delle responsabilità, ma non tutto dipende da me.”
  • “Posso imparare dai miei errori senza punirmi.”

Perché funziona: Riduce l’auto-colpevolizzazione e permette di vedere le situazioni in modo più obiettivo.

9. “Non merito di essere felice.”

Questa frase rivela un’autocritica profonda e una convinzione di indegnità.

Come sostituirla:

  • “Tutti meritano la felicità, inclusa me.”
  • “Anche se oggi non mi sento felice, sto lavorando per migliorare la mia vita.”

Perché funziona: Aiuta a combattere le convinzioni negative sulla propria identità e a riconoscere il diritto alla felicità.

10. “Non ha senso continuare.”

Questo pensiero può essere estremamente pericoloso e richiede attenzione immediata.

Come sostituirla:

  • “Sto attraversando un periodo difficile, ma ci sono persone e risorse che possono aiutarmi.”
  • “Anche se ora mi sembra tutto buio, voglio credere che le cose possano migliorare.”

Perché funziona: Riconosce il dolore, ma introduce l’idea che il supporto e il cambiamento siano possibili.

Le parole che utilizziamo hanno un potere enorme nel modellare i nostri pensieri e il nostro stato d’animo

Se stai vivendo un momento difficile, prova a fare attenzione al tuo linguaggio e a sostituire le frasi negative con alternative più costruttive. Non è un processo immediato, ma con il tempo può fare una grande differenza.

Ricorda: non sei solo in questo viaggio. Cercare aiuto è un atto di forza, non di debolezza. Parlare con una persona di fiducia, un amico, un familiare o un professionista può fare la differenza. Con il supporto giusto e un po’ di pazienza verso te stesso, è possibile ritrovare speranza e serenità. Ogni passo, anche il più piccolo, è un progresso. Meriti di sentirti meglio e di vivere una vita piena e significativa. Abbi cura di te, sempre.

Comincia a ricordarti che tipo di bambino sei stato

Chiudi gli occhi e visualizza il tuo bambino quando aveva bisogno di nutrimento e protezione. Prendi l’intera immagine, compresa l’espressione facciale e la postura del corpo. Puoi immaginarti da neonato, da bambino piccolo o più grande. L’immagine è significativa, dal momento che può rappresentare il momento in cui hai avuto più bisogno. Accetta questo bambino interiore che è stato emotivamente deprivato e ha dovuto far finta che le emozioni non esistessero. Non continuare a deprivarlo dell’amore e del supporto che con tale urgenza reclama e piange per avere.

Più ti permetti di ascoltare le tue emozioni per quelle che sono, senza soffocarle o alterarle, più inviti il tuo bambino interiore a farsi vedere da te. Potrai iniziare a conoscerlo, a vedere che tipo è, che richieste ha, cosa gli è mancato e cosa sta cercando. Comincia a ricordarti che tipo di bambino sei stato. Quando meno te lo aspetti, dentro di te ci sarà una nuova energia… il bambino interiore diventa un tuo alleato per creare i risultati che desideri nella tua vita….devi solo crederci.

Puoi decidere di  continuare a vivere nel riflesso delle azioni altrui, oppure puoi guardarti dentro e diventare finalmente la persona che desideri essere, pronta ad accogliere quei legami profondi e genuini che meriti! Se quei legami, fino a oggi, non sono arrivati, è perché fin da bambino non hai potuto agire ascoltando i tuoi bisogni autentici. Nel mio libro «Riscrivi le Pagine della Tua Vita», ti spiego come tracciare la tua vita agendo sempre in base ai tuoi bisogni, senza mai subire ricatti morali e costrizioni. La vita è unica e ognuno dovrebbe viverla secondo le proprie regole e non assecondando i dettami altrui! Se hai voglia di rivendicare il tuo valore, è il libro giusto per te! Puoi trovarlo in libreria e a questa pagina Amazon.

A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
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