Ci sono giorni tristi, giorni in cui vorresti chiudere gli occhi e non aprirli più… certi giorni ci sono per tutti… nessuno escluso.
“Certi giorni” possono dipendere da tanti fattori, avere diverse e più o meno solide cause: un amore non corrisposto, un amore giunto al capolinea, la mancanza di un lavoro o un lavoro insoddisfacente, l’aver lottato tanto per raggiungere un obiettivo e l’aver fallito o il vedere tale obiettivo sempre più lontano, un evento traumatico, un lutto, una perdita.
Quale che sia l’evento scatenante ci sentiamo tristi, sofferenti, apatici, arrabbiati, delusi, soli.
Quando arrivano questi giorni vorremmo solo che terminassero in fretta che passassero senza lasciare traccia, vorremmo poter sfogare la nostra rabbia, prendercela con chi ce l’ha causata tanta sofferenza, anche se poi a volte un colpevole vero e proprio non c’è, tirare per aria tutto prendere a calci la vita.
“O natura, o natura,
perché non rendi poi quel che prometti allor?
perché di tanto inganni i figli tuoi?”
Queste parole di Giacomo Leopardi nella poesia “ A Silvia” ben descrivono come ci si può sentire in quei giorni, ci sente sicuramente ingannati da una vita che in tenera età solitamente promette tanta gioia, apre tante speranze, tanti itinerari ma poi delude, spezza le speranze, frammenta i sogni,toglie il sorriso.
Come possiamo reagire noi di fronte a questi giorni?
C’e’ chi si chiude in se stesso e soffre, non ne parla e molto spesso sviluppa sintomi psicopatologici quali ad esempio la depressione o l’ansia generalizzata o varie forme di fobia, c’è chi invece nega la propria sofferenza e sono quelle persone che si abbuffano di lavoro, di sostanze, di cibo, di tutto quello che è possibile fare per non pensare.
Ci sono poi quelli che, forse per maggior consapevolezza, per maggior forza riescono a chiedere aiuto e affrontano la sofferenza traendone insegnamento, traendone cambiamento per il futuro.
Queste sono persone che sviluppano o utilizzano una risorsa estremamente importante che tutti abbiamo, chi più chi meno allenata, e che è definita con il termine di Resilienza.
La Resilienza
La resilienza, termine mutuato dalla metallurgica e che indica fondamentalmente la capacità di un metallo di modificarsi ma non rompersi a seguito di un urto, è la capacità dell’individuo di affrontare esperienze e situazioni dolorose non venendone annientato e travolto.
L’individuo riesce a “starci” a viverle e a tradurle in esperienze che vanno a costituire la propria esperienza di vita, situazioni da cui trarre insegnamento, da cui trarre forza se non altro per il fatto di essere riusciti a superarle, da cui trarre anche un cambiamento per sé e per la propria vita a volte trasformando anche una sofferenza in un lavoro o in un bene per gli altri, per la per la società.
Paulo Coelho scrive: “A volte certe benedizioni arrivano mandando in frantumi tutti i vetri”.
Questo non significa che la sofferenza deve essere auspicata o cercata, ma sicuramente a volte da essa possiamo trarre indicazioni utili al nostro sviluppo, possiamo trarre la forza e il coraggio per proseguire oltre nel nostro cammino di vita.
La resilienza è una competenza che permette di leggere in maniera lucida ed oggettiva gli eventi di cui siamo protagonisti, individuando di volta in volta le strategie e le modalità più utili, efficaci ed emotivamente appropriate per affrontarli.
La psicoterapia può favorire, attraverso la rielaborazione delle proprie esperienze e l’analisi delle difese inconsce e dei propri vissuti, lo sviluppo e il conseguente utilizzo di tale risorsa, così come la possibilità di trovare la prospettiva più funzionale per comprendere ed interpretare gli eventi che ci accadono e di cui siamo responsabili per lo meno nella misura in cui rispondiamo e reagiamo ad essi.
A cura di: Morena Romano, Psicologa-Psicoterapeuta
Specializzata in Psicoterapia Analitica Junghiana
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