La figura del manipolatore attrae spesso l’interesse e la curiosità di tanta gente, affascinate da capire cosa passi nella mente di questo individuo. Ma come si diventa manipolatore e com’era l’infanzia di questa persona? C’è stato un tempo in cui anche il manipolatore è stato un piccolo bambino indifeso. Sembra quasi impossibile immaginarselo, insofferente e deprivato d’amore.bEppure lo è stato! Un bambino sminuito, screditato, ridicolizzato e disprezzato, no da chiunque, ma da chi avrebbe dovuto proteggerlo e amarlo. Un bambino aggredito fisicamente e verbalmente. Insomma un bambino che ha subito dei modelli di comportamento che hanno prodotto in lui la convinzione di essere sbagliato, inadeguato e indegno.
Ora, in base alla reattività o alla passività dell’individuo, così come ad altre mille variabili, la persona può sviluppare una maggiore empatia o annientare del tutto ogni forma di empatia e rispetto per l’altro, adottando una forma di affettività distorta o nulla. Ecco, è questo che ha fatto il manipolatore.
Chiariamo un concetto
Lo scopo dell’articolo non è quella di riabilitare l’immagine del manipolatore. Qui si vuole solo tentare di spiegare i motivi che possono aver spinto una persona ad assumere comportamenti subdoli e manipolatori. Comprendere i vissuti retrospettivi di un individuo, non significa attenuare e giustificare il suo operato del presente. Un monito fondamentale soprattutto per chi serba la speranza di poterlo cambiare: con queste spiegazioni, non si vuole cercare di salvarlo, noi non siamo crocerossini!
Se da bambini siamo tutti in balia degli altri e siamo responsabilità altrui, una volta adulti ognuno dovrebbe riabilitare se stesso e assumersi le responsabilità delle proprie scelte. Questa è la realtà in cui viviamo e molti di noi hanno vissuti difficili. Aver subito un tradimento non ci legittima a tradire, aver subito un torto, non ci dà la facoltà di danneggiare gli altri.
Nota bene: l’amore, quello sano, esiste e ha una serie di caratteristiche che rende una relazione duratura e in grado di funzionare. Le relazioni che funzionano si basano sulla fiducia, sul rispetto reciproco e il senso di sicurezza. Ognuno deve potersi sentire accettato e amato incondizionatamente dal partner per ciò che è. In una relazione, ognuno deve sentirsi al sicuro di poter mostrare anche le proprie vulnerabilità ed i propri difetti. Ricordiamolo sempre. Qualsiasi forma di relazione basata sul ricatto e la manipolazione non è mai funzionale e avere un passato difficile, per quanto doloroso possa essere, NON E’ UNA GIUSTIFICAZIONE.
La comunicazione manipolatoria
La manipolazione psicologica consiste nello scambio tra due o più persone, pertanto, ha alla base una forma comunicativa. Pertanto, per essere un buon manipolatore, bisogna saper comunicare (e la vittima essere brava ad ascoltare). Questo perché è necessario che i concetti espressi dal manipolatore, anche quelli semplici, facciano leva sul lato emotivo e psicologico della vittima e siano dotati di una forma narrativa. Il problema è nella prospettiva di questa narrativa.
Il manipolatore adotta una prospettiva del tutto distorta, appunto, manipolatoria! Stravolgendo la realtà, tutti siamo bravi ad accumulare le nostre ragioni… I manipolatori non conoscono un reale confronto con la realtà perché si concedono il lusso di alterarla a proprio piacimento così che sarà sempre la vittima a pagarne le spese. Questo avviene perché, nella loro storia evolutiva, hanno imparato a comunicare solo in questo modo. Le loro figure di riferimento sono state assenti o hanno a loro volta distorto la realtà al fine di infliggere umiliazioni al manipolatore.
Alcuni manipolatori sono piuttosto bravi con le parole e questo è sotto gli occhi di tutti. Creano una rete di frasi e di espressioni che intrappolano e confondono la vittima sfruttando distorsioni cognitive che fanno leva sulle fragilità dell’altro. Utilizzano veri e propri monologhi, interrompendo le altre persone ed evitando che esprimano le proprie opinioni, riuscendo ad avere il controllo all’interno della conversazione. Il manipolatore riesce a sopraffare l’altro e lo fa innescando paura dell’abbandono, senso di colpa, confusione o semplicemente aumentando il volume emotivo della relazione che nel frattempo avrà trasformato in autentiche montagne russe (un su e giù tra euforia e disperazione). In alternativa, i manipolatori cercano di affibbiare parole che i loro interlocutori in realtà non hanno pronunciato, interpretandone il pensiero in maniera distorta. E queste evidenze rendono le cose ancora più complicate.
I manipolatori non sono tutti uguali
Ci sono i manipolatori aggressivi, autoritari, violenti, e in questo caso l’aspetto manipolatorio può passare in secondo piano, anche se è quello che ci tiene incatenati al nostro despota. Il pensiero che insorge nella vittima è questo: “fa la voce grossa ma in fondo è buono, questo è il suo modo per volermi bene, devo comprenderlo, sono io il solito inadeguato”. Questi manipolatori sono, in genere, anche punitivi. Nel senso che se non ottengono ciò che vogliono, puniscono con silenzio snervanti, porte che sbattono e minacce neanche troppo velate.
Ci sono i manipolatori seduttori, splendidi-splendenti, che affascinano, lusingano, fanno complimenti e regali, gratificano per ottenere il potere. Ogni frase è una promessa. Manipolano l’altro con la promesse del benessere, con la lusinga dell’essere speciale… peccato che nei fatti trattano l’altro come una persona indegna di stima. Ci sono poi manipolatori timidi, apparentemente dimessi, che parlano alle spalle, instillano dubbi, lanciano il sasso e nascondono la mano. Questi sono le classiche persone che prima offendono tra le righe e poi sono pronti a dire: “sei troppo sensibile, te la prendi per niente, sei fissato, è tutto nella tua testa!“.
Infine, ci sono i manipolatori “altruisti”, questi sono tra i più subdoli, la frase emblematica è quel tagliente “con tutto quello che ho fatto per te, così mi ripaghi?”. Sono estremamente presenti nella vita della vittima, la presenza però, non è dettata dalla vicinanza emotiva ma dalla volontà di controllo e di gestione. Pretendono perenne sudditanza e sottomissione. Nella coppia sono quelli che decidono dove andare, cosa fare e con chi il partner può passare il suo tempo.
Ogni tipo di manipolatore esercita la sua propensione al controllo a suo modo
Il manipolatore timido lo farà giocando il ruolo della vittima (“sto male, solo tu puoi aiutarmi, prestami del denaro”). Il manipolatore seducente lo fa con la promessa di elargire un riscatto (“se sarai abbastanza buono, allora verrai premiato… se ti comporti bene, sarà buono con te…” i rinforzi sono un mezzo per esercitare potere e controllo). Il manipolatore aggressivo utilizzerà la punizione e la paura mentre quello altruista i sensi di colpa.
Che bambino è stato un manipolatore
Dietro al bisogno di controllo il manipolatore cela sentimenti di insicurezza ma questi sono così sepolti bene, che neanche il manipolatore li percepisce più. Nel corso della sua crescita ho costruito una sovrastruttura fatta di potere e… brama di potere. E’ per questo che ha bisogno di sentirsi superiore e va alla ricerca di persone vulnerabili attraverso le quali confermare l’idea, falsa, che ha di se stesso. Tornando dunque alla domanda iniziale… Ma come si diventa manipolatore?
Da quanto emerge dalla letteratura psicologica sui primi anni di vita dei manipolatori, si può affermare che la loro infanzia è stata tutt’altro che idilliaca. Possono essere infatti circa tre gli elementi che determinano in età adulta un comportamento manipolatorio.
Il genitore troppo accondiscendente!
Se nell’infanzia vi è stata una condizione del tipo: “Non preoccuparti, mamma ci sarà sempre e per ogni cosa, puoi distruggere anche la casa, il resto della famiglia dovrà capirlo”, è più probabile che da “adulti” questi individui abbiano bisogno di mantenere lo stesso schema comportamentale: avere sempre qualcuno o qualcuna al suo servizio. E se non lo è, ecco che si innescano dei meccanismi di manipolazione per raggiungere il suo scopo.
Il genitore, in questo caso, non è accudente o disponibile ma è idolatrante. Tende a venerare il figlio e trattarlo come un imperatore, come una creatura speciale alla quale tutto è concesso e guai a contraddirlo. Purtroppo, alcune teorie educative promuovono erroneamente la totale condiscendenza nei confronti dei piccoli e aberrano l’uso del NO come risposta, timorosi che tale comportamento potrebbe farli sentire frustrati. Parliamo di uno stile comportamentale che da punto di vista affettivo, però, risulta carente. Un bambino ha bisogno di limiti, poiché non è ancora in grado di ragionare e discernere in piena autonomia.
Ovviamente si tratta di un modello completamente disfunzionale che inevitabilmente porterà il figlio ad assumere un comportamento dispotico a scapito di tutto e tutti. Da adulto ripeterà lo stesso schema: chiederà attenzioni, pretenderà di essere al centro dell’attenzione senza tenere conto dei desideri e dei bisogni di chi gli/le sta accanto, in quanto abituato sin da piccolo a ricevere tutto.
Il genitore autoritario!
Siamo sul polo opposto di quanto visto in precedenza. E’ vero che i bambini hanno bisogno di limiti ma questi devono essere presentati nel modo giusto. Lo stile educativo autoritario sembra roba d’altri tempi, ma è più vicino a noi di quanto possiamo immaginare. Nello stile autoritario il genitore è presente nella vita dei figlio, perché ne controlla ogni aspetto. Lo stile estremamente rigido adottato dai genitori autoritari è caratterizzato da alti livelli di richiesta, controllo e disciplina, e dalla bassa presenza di affetto ed espressione emotiva. Il bambino, crescendo sotto la pressione costante di una figura genitoriale immensa e onnipresente, si sentirà costantemente invaso nei suoi confini. Il piccolo finirà per demolire ogni traccia di affettività che ha in sé.
Non vi è da meravigliarsi se un manipolatore sia stato un bambino con genitori che hanno utilizzato la disciplina, il castigo e la minaccia come metodo educativo abituale. Ancora peggio, genitori che lo hanno punito e umiliato senza fornirgli alcuna spiegazione perché ciò che contava era l’obbedienza. In uno scenario di affettività ammonita, le uniche emozioni che continueranno a lavorare in sottofondo saranno la rabbia e la frustrazione. Queste due, saranno anche le emozioni più rappresentate nella vita dell’adulto. Quell’adulto avrà sostituito il significato d’amore con quello di controllo e avrà inteso i legami come forme di sopraffazione dell’altro.
Come possiamo difenderci da un manipolatore?
Sei tu l’artefice della tua vita e non puoi mettere nelle mani dell’altro il compito di stabilire il tuo valore. Questo processo aiuta a creare il coraggio che aiuta ad interrompere ogni rapporto con un partner manipolatore.
Tutto questo è possibile quando riusciamo ad affermarci. Nessuno ti ha insegnato a farlo, ad affermare te stesso come persona meritevole, degna d’amore e completa. O almeno, nessuno te l’ha insegnato prima d’ora. Nel mio nuovo libro «d’Amore ci si ammala, d’Amore si Guarisce» ti spiego come prenderti cura di te e disinnescare le dinamiche relazionali più scomode, sia in coppia che in famiglia. Nella tua vita c’è un unico punto fermo e quello sei tu. È venuto il momento di rispolverare i tuoi bisogni e metterli al centro di tutto!
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A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
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