I segnali e i comportamenti che caratterizzano una relazione tossica

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

Amare è come una droga: all’inizio viene la sensazione di euforia, di totale abbandono. Poi il giorno dopo vuoi di più. Non hai ancora preso il vizio, ma la sensazione ti è piaciuta e credi di poterla tenere sotto controllo. Pensi alla persona amata per due minuti e te ne dimentichi per tre ore. Ma, a poco a poco, ti abitui a quella persona e cominci a dipendere da lei in ogni cosa. Allora la pensi per tre ore e te ne dimentichi per due minuti. Se quella persona non ti è vicina, provi le stesse sensazioni dei drogati ai quali manca la droga. A quel punto, come i drogati rubano e s’umiliano per ottenere ciò di cui hanno bisogno, sei disposto a fare qualsiasi cosa per amore.” (Paulo Coelho). Questi versi rendono appieno un concetto d’amore malato che tende a stressare e a creare malessere psicologico e fisico piuttosto che benessere e serenità.

Cos’è la dipendenza affettiva

La dipendenza affettiva, detta anche “Love Addiction”, rientra nel novero delle “new addictions” ovvero le nuove forme di dipendenza comportamentale che si differenziano dalla dipendenza da sostanze chimiche che, invece, creano una dipendenza fisica. Nella dipendenza affettiva si mettono spesso in atto comportamenti manipolativi e coercitivi nei confronti di una persona di riferimento a cui si è legati affettivamente e da cui si cerca di trarre a tutti i costi un benessere psicologico. In questi casi la persona amata diventa il fulcro di ogni attività e delle proprie attenzioni.

Dipendenza affettiva non patologica

Sono molte le definizioni che descrivono la dipendenza affettiva che può essere vista come una reazione difensiva al riconoscimento di mancanza di autonomia (Giddens, 1992). Bisogna specificare che la dipendenza affettiva non sempre deve essere vissuta come patologica, infatti, secondo Lingiardi (2005) “un’indipendenza autentica poggia sulla capacità di dipendere”, cioè l’obiettivo è quello di far sperimentare al Sé la propria soggettività in presenza dell’altro.

La stessa Benjamin (1999) afferma che “nel momento stesso in cui realizziamo la nostra indipendenza, diventiamo inevitabilmente dipendenti da un altro affinché la riconosca”. Questo sta a significare che per raggiungere una piena autonomia abbiamo la paradossale necessità di stabilire con l’altro un rapporto di sana dipendenza affettiva, intesa come la capacità di accettare la tensione che si crea nel tentativo di un riconoscimento reciproco che si attua attraverso la condivisione e il patteggiamento.

Dipendenza affettiva patologica

La dipendenza affettiva può diventare patologica nel momento in cui quella tensione utile a raggiungere un riconoscimento reciproco decade, dando spazio a sentimenti di paura, sottomissione e abuso. Infatti, quando un rapporto affettivo diventa un “legame che stringe” o, ancor peggio, “dolorosa ossessione” in cui si altera stabilmente quel necessario equilibrio tra il “dare” e il “ricevere”, l’amore può trasformarsi in un’abitudine a soffrire fino a divenire una vera e propria “dipendenza affettiva”.

I dipendenti affettivi (sia donna che uomo) vedono nel partner un salvatore, sono talmente immersi nell’altro a tal punto che la loro felicità dipende esclusivamente dal compagno. Vivono per e nell’altro, arrivando a ridurre la propria autonomia personale, la propria vita sociale e i propri interessi unicamente focalizzati sulla vita con il compagno.

Fattori predisponenti

L’esperienza di attaccamento del dipendente affettivo è caratterizzata, quindi, da figure di riferimento presenti ma a intermittenza, da uno stile genitoriale iperprotettivo o autoritario il cui clima è predominato da ansia e da un’inversione di ruoli che vede il bambino adultizzato (Borgioni, 2015).
In base alla discrepanza originata tra ciò che il bambino desidera e ciò che ottiene dalla figure di riferimento egli creerà un modello che lo porterà nella fase adulta a ricreare quelle relazioni affettive simili alle esperienze passate, mantenendo quindi anche le credenze disfunzionali come ad esempio “Non sono amabile”, “I miei bisogni non sono importanti” (Guerreschi, 2011).

L’ossessione verso il partner serve per distrarsi dal proprio vuoto affettivo, dalla propria paura, dal proprio dolore; la relazione diviene una droga per non provare quello che si sentirebbe  se si fosse presi da se stessi. Molte donne commettono lo sbaglio di ricercare un uomo d’amare senza prima essersi soffermate su stesse. Si passa così da una relazione instabile all’altra, e quando si trova un uomo che oltre all’attrazione prova amore e affetto si scappa o si cerca di farlo fuggire.

Genesi dell’amore insano

Quando sentirsi bloccati in una relazione spossante diventa una costante, nella maggior parte dei casi è segno che abbiamo una ferita antica che non si è rimarginata, a cui non abbiamo prestato ascolto e che, verosimilmente, non sappiamo nemmeno di avere. Chi sono gli individui maggiormente vulnerabili?

  • Chi è stato trascurato, soprattutto nell’età evolutiva
  • Chi a causa delle carenze di affetto, tende a compensarle attraverso una identificazione con il partner, un tentativo di salvare lui/lei che in realtà coincide con un tentativo interiore di salvare se stesso
  • Chi si ritrova nel ruolo simile a quello vissuto con i genitori
  • Chi ha un’autostima estremamente bassa e una conseguente convinzione profonda di non meritare la felicità;
  • Chi ha la tendenza a nutrirsi di fantasie legate a come potrebbe essere il proprio rapporto di coppia se il partner cambiasse, piuttosto che a basarsi su pensieri legati al rapporto attuale e reale;
  • Chi ha la propensione a provare attrazione verso persone con problemi e contemporaneo disinteresse e apatia verso persone gentili, equilibrate, degne di fiducia, che invece suscitano noia.

10 sfaccettature dell’amore insano

In letteratura sono identificabili varie tipologie di dipendenza affettiva, corrispondenti ad altrettanti profili di dipendenti affettivi che prendono il nome dalla modalità con cui tale dipendenza viene esercitata. Dal gioco dinamico tra loro possiamo osservare come si organizzano i diversi tipi di dipendenza affettiva.

1. Il dipendente ossessivo

La paura che l’interesse e l’amore del partner finiscano da un momento all’altro può diventare simile a un disturbo ossessivo compulsivo. Ci si innamora ma, una volta insieme, cominciano i dubbi. L’insicurezza personale viene proiettata anche sul compagno. Tutte le prove d’amore assumono sfumature di incertezza. La compulsione porta a ripetere centinaia di volte la stessa domanda: mi ami davvero? Il rapporto viene svuotato dall’interno. Questi ammalati d’amore non provano gioia nella vita a due e sono vittime di un’altalena di sensazioni. La conclusione inevitabile è la rottura, brusca e ingiustificata.

2. Il dipendente affettivo codipendente

Il bisogno del partner e l’attrazione nei suoi confronti a volte degenerano in forme di dipendenza caratterizzate da attacchi di ansia simili alla crisi di panico. La persona si sente menomata senza il compagno, soffre a stare da sola anche per poche ore come se fosse stata abbandonata per sempre. La relazione è vissuta in modo esclusivo: non è tollerabile che il partner abbia interessi al di fuori della coppia. Il legame serve a placare l’ansia da separazione, legata a un vissuto infantile povero delle attenzioni dei genitori.

3. Il dipendente ostinato

L’individuo è consapevole di non essere ricambiato e, ciò nonostante, i suoi sentimenti crescono e maturano sempre di più. La relazione si struttura a senso unico. La disfunzione deriva dall’incapacità di decodificare correttamente i segnali che provengono da un potenziale partner e la conseguenza è una sofferenza molto profonda. L’attaccamento ostinato è più frequente nelle persone che rivestono ruoli di prestigio e sono abituate a comandare.

4. Il dipendente delirante

Alcune persone sviluppano un amore immaginario per chi non ha nessun interesse nei loro confronti o non le conosce neppure. Poi, a un certo punto, provano a farsi avanti e diventano aggressive quando ricevono il rifiuto.
In genere il “malato” è convinto che sia stato l’altro a innamorarsi e a dichiararsi per primo, e che tale dichiarazione sia troppo sottile perché gli altri possano coglierla, oppure venga inviata nella forma di un messaggio cifrato che soltanto il soggetto può comprendere.

Una volta che il “soggetto” ha etichettato come amoroso il comportamento dell’oggetto, lei (o lui) ricambierà il sentimento. Se viene respinto, escogiterà delle ragioni per spiegare (o scusare) il comportamento dell’oggetto. Spesso queste giustificazioni risultano diabolicamente complesse, ma in definitiva permettono al soggetto di continuare a credere nell’amore dell’oggetto. Si tratta di un’efficace forma di difesa, in grado di ridurre alla completa impotenza qualsiasi rifiuto, per quanto esplicito ed estremo.

5. Il dipendente relazionale

Non riescono a stare a lungo in relazione con il proprio partner ma allo stesso tempo non sono in grado di lasciarlo. A volte sono così’ infelici che il loro umore si riflette sulla loro salute e sull’umore. Quando subiscono aggressioni dal partner non riescono ad interrompere la relazione poiché hanno paura di restare soli. La frase che meglio li rappresenta è “ti odio ma ti prego di non lasciarmi”

6. Il dipendente narcisista

Questi individui utilizzano il dominare l’altro, la seduzione ed il trattenere l’altro per controllare i propri partners. A differenza dei dipendenti, che sono disposti a tollerare un notevole disagio, i narcisisti non accondiscendono a nulla che possa interferire con la loro felicità.

Sono assorbiti da se stessi e la loro bassa autostima è mascherata dalla loro grandiosità. Inoltre, piuttosto che essere ossessionati dalla relazione, questi individui appaiono distaccati ed indifferenti. Non sembrano affatto essere dipendenti. Raramente ci si può accorgere che siano dipendenti finché il partner non cerca di lasciarli. Allora non saranno più distaccati ed indifferenti. Entreranno in uno stato di panico ed useranno qualsiasi mezzo a loro disposizione per protrarre la relazione, incluso l’uso di violenza.

Molti psicologi hanno rifiutato l’idea che i narcisisti possano essere dipendenti affettivi. Può darsi ciò sia avvenuto perché raramente i narcisisti ricercano un trattamento terapeutico. Tuttavia, se mai capiti di poter vedere come molti narcisisti reagiscono all’abbandono, temuto o reale, ci si accorgerà che certamente essi presentano le caratteristiche del dipendente affettivo.

7. Il dipendente ambivalente

Questi individui soffrono di un disturbo di personalità evitante. Non hanno particolari problemi a lasciar andare il partner, hanno invece molti problemi ad andare avanti. Bramano disperatamente l’amore ma allo stesso tempo sono terrorizzati dall’intimità. Questa combinazione di tendenze è agonizzante.

8. Il dipendente sabotatore

Distruggono le relazioni quando queste cominciano a diventare serie o in qualsiasi momento venga percepita la paura dell’intimità. Ciò può accadere in qualunque momento, prima del primo appuntamento, dopo il primo appuntamento, dopo il rapporto sessuale, dopo che si sia manifestato il timore dell’impegno.

9. Il seduttore rifiutante

Cercano una persona quando desiderano un rapporto sessuale o compagnia. Quando si sentono impauriti o in pericolo cominciano a rifiutare compagnia, sesso, affetto, qualsiasi cosa li renda ansiosi. Se lasciano la relazione sono soltanto Sabotatori. Se invece continuano a ripetere il modello disponibile/non disponibile sono Seduttori Rifiutanti.

10. Il dipendente romantico

Dipendono da più di un partner nello stesso tempo, stabilendo con ognuno di loro una breve relazione. Sono definiti romantici perché vivono una intensa passione sessuale e una pseudo intimità legandosi a più partner contemporaneamente per evitare  una relazione monogama e emotivamente coinvolgente.

E’ possibile guarire dalla dipendenza affettiva?

Quando la nostra vita è regolarmente impantanata in relazioni cronicamente angosciose, stancanti, deleterie, diventa importantissimo interrogarsi su cosa stia accadendo realmente. Il principale problema nella risoluzione delle dipendenze affettive è certamente l’ammissione di avere un problema. Esistono, infatti dei confini estremamente sottili tra ciò che in una coppia è normale e ciò che, nell’abitudine cronica, diviene dipendenza. La difficoltà nell’individuazione del problema risiede anche nei modelli di amore che, come si è detto, una persona affettivamente dipendente conserva nella propria memoria e che fanno ritenere determinati abusi e sacrifici di sé come “normali” in nome dell’amore.

Spesso, paradossalmente, è la “speranza” che fa sopravvivere il problema e che tende a cronicizzarlo: la speranza in un cambiamento impossibile, soprattutto in un contesto relazionale in cui si sono consolidati, e persino pietrificati, dei ruoli e dei copioni da cui è, più o meno, impossibile uscire. Così, paradossalmente, l’inizio del cambiamento arriva quando si raggiunge il fondo e si sperimenta la disperazione, che rappresenta la possibilità di sotterrare le illusioni che hanno nutrito a lungo il rapporto patologico.

Ci si può avvalere del supporto psicologico individuale, a volte può essere necessaria una psicoterapia, ma ciò che è certamente utile per velocizzare e stabilizzare i miglioramenti è il confronto in gruppo tra persone che vivono lo stesso problema perché ciò consente di prendere un impegno con gli altri, davanti agli altri e di cominciare a riconoscere le distorsioni della realtà, grazie alle somiglianze della propria vita con la vita altrui che consentono di vincere le difese che non permettono di vedere la verità sulla propria storia personale. Gli altri del gruppo diventano importanti specchi e insieme, si possono ritrovare la voglia, le motivazioni e le possibilità per uscire da relazioni tossiche e spesso anche molto pericolose che, in alcuni casi, sono le fondamenta della propria infelicità.

Una lettura per crescere

Nel mio libro bestseller «Riscrivi le Pagine della Tua Vita», ti propongo un percorso di auto-analisi, in cui potrai esplorare ogni parte di te e comprenderti nel profondo. Le scelte che facciamo in amore e nella vita, sono la diretta manifestazione dei nostri desideri o… paradossalmente, delle nostre paure! Talvolta rischiamo di vivere una vita fatta di tante profezie che si auto avverano, rischiando di sabotarci da soli. Ciò capita perché il funzionamento mentale, le interazioni con l’altro e i sentimenti, sono estremamente complessi e, durante la nostra crescita, nessuno ci ha spiegato come districarci tra impulsi, emozioni, relazioni affettive e bisogni emotivi! Ecco perché ho deciso di scrivere un libro sull’argomento. Ho racchiuso in un manuale tutte quelle nozioni che avrei voluto conoscere io ancor prima di diventare una psicologa! Sono sicura che potrà esserti utile. Lo trovi in libreria o su Amazon

A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
Autore del libro Bestseller “Riscrivi le pagine della tua vita” Edito Rizzoli
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