Nessuno è programmato per stare da solo. Non a caso Aristotele diceva: “l’uomo è un animale sociale”. Fin da piccoli ci circondiamo di relazioni affettive: alcune sono autentiche e ci accompagnano nel tempo, altre un po’ meno e se ne vanno dopo poco. Quando veniamo privati d’affetto durante la nostra infanzia, man mano che cresciamo, il nostro sviluppo psicoaffettivo risentirà di gravi conseguenze. Diventiamo sempre più affamati d’amore; quella fame che ci tormenta e ci spinge a soddisfarla in qualsiasi momento. Quando infatti diventiamo adulti, agiamo in ogni ambito della vita spinti dalla carenza di affetto, cercando disperatamente di soddisfarla attraverso rapporti di dipendenza, invasivi e immaturi… seppur in modo inconsapevole.
Come si arriva alla dipendenza affettiva?
Una prima riflessione riguarda l’importanza che il bisogno riveste nella vita di ogni individuo: non per tutti il bisogno di avere un partner e una relazione di amore ha la stessa importanza o viene vissuto con la stessa urgenza. Per alcune persone, particolarmente bisognose di accudimento, rassicurazione e protezione o provenienti da esperienze di abbandono, abuso psicologico e fisico o traumi, la presenza di un partner rappresenta un punto di riferimento fondamentale, attorno al quale spesso viene riconfigurata la propria vita. Sentirsi speciali, riconosciuti e importanti per qualcuno oppure rendersi unici e indispensabili per il partner, diventa in certi casi la soluzione al senso di paura e di vuoto che caratterizzano il vissuto psicologico.
La presenza del partner diviene dunque centrale per il mantenimento del benessere e della stabilità emotiva, che dipendono dunque soprattutto dall’altro e dal suo comportamento, invece che dalla propria stabilità interiore, dal proprio senso di autonomia, dalla sensazione di essere in grado di fare fronte alle difficoltà e alla vita autonomamente e dalla fiducia nelle proprie capacità. Nel rapporto di dipendenza dall’altro, vengono a mancare le componenti di reale intimità e di sentito impegno verso il partner e la relazione, mentre è fortemente rappresentata la componente passionale, con i suoi aspetti di ossessività, controllo, gelosia patologica, desiderio compulsivo e dipendenza dall’altro.
Differenza tra l’amore e la dipendenza affettiva
Una delle modalità più sane per passare dall’innamoramento all’amore vero è quella di riconoscere noi stessi e l’altro, accettare quello che siamo, anche i limiti umani ed esistenziali dell’individuo, e della relazione. Amare vuol dire stare bene dentro. Quando si ama in modo maturo sentirsi ricambiati ci fa stare sereni.
Amare non significa cercare qualcuno che ci completi, o che non ci faccia sentire soli, o qualcuno che colmi i nostri vuoti. Stiamo semplicemente cercando un partner che porti del valore aggiunto alla nostra vita. A quel punto, daremo amore non per essere ringraziati o per trarre vantaggi, ma per l’autentico piacere che traiamo dall’amare.
Il vissuto del dipendente affettivo
- Proviene da una famiglia in cui sono stati trascurati, soprattutto nell’età evolutiva, i suoi bisogni emotivi
- Ha una storia familiare caratterizzata da carenze di affetto autentico che tendono ad essere compensate attraverso una identificazione con il partner, un tentativo di salvare lui/lei che in realtà coincide con un tentativo interiore di salvare se stesso/a
- Ha una tendenza a ri-attribuirsi nella propria vita di coppia, più o meno inconsapevolmente, un ruolo simile a quello vissuto con i genitori così da poter riprovare a ottenere un cambiamento nelle risposte affettive quasi inesistenti ricevute nella propria vita
- Non ha mai sperimentato nell’infanzia una sensazione di sicurezza, generando di conseguenza, nel contesto della co-dipendenza, un bisogno di controllare in modo ossessivo la relazione e il partner.
In nome dell’amore
Chi cresce senza amore si sente inesorabilmente divorato dalla fame emotiva; sente la necessità di stare molto vicino a qualcuno, tanto vicino da invadere la sua privacy e superare limiti personali, sia fisici che emotivi. Dipendere dall’altro acquisisce una intensità così forte che molto spesso diventa un sostituto dell’intimità. Le aggressioni diventano un’opportunità per permettere alle emozioni più viscerali di emergere. Una specie di catarsi a spese dell’altro. Si prova persino un certo piacere, ma accompagnato da tanto dolore.
Per chi soffre di forte carenza emotiva, chiudere un legame significa sprofondare nell’abisso della solitudine…annullarsi. Questo è proprio il punto: il nulla. La carenza. Quel luogo dell’anima che è rimasto vuoto da sempre, a causa di quel bisogno di affetto che non è stato colmato durante l’infanzia. Per questo motivo si percepisce il vuoto, l’assenza… un “nulla” che diventa intollerabile.
Si tratta della sensazione tipica di chi ha fame e aspetta, ansioso, che sia pronto in tavola. Qualunque cosa gli andrebbe bene, purché possa saziarsi. Quando siamo in una condizione di fame d’amore, ci sentiamo vuoti e consideriamo ogni persona che incontriamo come un potenziale partner. Non faticheremo, probabilmente, a innamorarci dell’altro ma sarà difficile entrare in una relazione d’amore sana. Per tenere a bada la nostra fame d’amore bisogna innanzitutto entrare in contatto con il proprio “senso di vuoto”. Fermarsi, ascoltare come si sta, circondarsi di altre forme d’affetto. Capiremo che è meglio non avere un partner, piuttosto che averlo perché non si può stare senza!
Le carenze emotive sono l’origine di molti dei tuoi problemi
Le carezze curano, gli abbracci ci fanno sentire sicuri ed amati, uno sguardo pieno di affetto rallegra l’animo. E se tutto questo ti è venuto a mancare non potrai che sentirti affamata/o d’amore…tanto da ammalarti.
Mi chiederai: una persona può davvero ammalarsi per non aver ricevuto il giusto nutrimento dell’anima? La risposta è SI. Chi non riceve abitualmente questo tipo di rinforzo positivo trasmesso dalle parole, dalle azioni e dalle carezze cariche di sentimenti sentirà sempre un vuoto. L’essere umano è un’entità sociale ed emotiva, che necessita di legami affettivi per sopravvivere e per affermarsi come persona in un determinato nucleo….Se le tue interazioni mostrano grosse lacune affettive la tua autostima ne risentirà. In modo inconsapevole ti ritrovi in una lenta spirale di distruzione, in cui finisci per dubitare di te stessa/o; una persona che non merita di essere amata o rispettata. Forse non ne sei ancora consapevole, ma questo vuoto emotivo che cerchi di colmare a tutti i costi, si ripercuote sul tuo stato d’animo e peggio sul tuo sistema immunitario.
Il bisogno di amore spinge alla ricerca e alla costruzione di legami di amore
Tuttavia, quando questo bisogno è guidato dal dolore di ferite ancora aperte e mai elaborate, o contrassegnato da aspetti di immaturità emotiva e relazionale, può portare alla scelta di partner dannosi e alla costruzione di relazioni sentimentali di dipendenza. Nella dipendenza affettiva, i sentimenti predominanti sono il senso di non amabilità, il senso di vuoto interiore la paura dell’abbandono, che danno vita ad un amore insaziabile, mai soddisfatto ed eccessivo, che presenta comportamenti ossessivi e compulsivi.
Questa forma di amore porta l’individuo ad allontanarsi da se stesso perdendo ulteriormente i propri confini, la propria identità e la propria autonomia emotiva, alla ricerca costante e mai soddisfatta di quella pienezza di senso e di stabilità interiore che derivano invece da un percorso individuale di crescita, sviluppo della propria autostima, elaborazione delle vecchie ferite e dei propri schemi relazionali. La perdita di confini e di autonomia emotiva, la costante focalizzazione sull’altro, danno esito ad una sofferenza crescente, in cui il dipendente vede eroso il proprio senso di identità e si sente sempre più fragile, provando una forte gelosia e una ossessione di controllo verso l’altro, diventando intollerante alla separazione e vivendo ogni allontanamento come una perdita, fonte di angoscia e dolore fino, in casi estremi, a condurre a comportamenti aggressivi e violenti nei confronti del partner.
Quando dall’altro ci si aspetta che possa soddisfare tutti i propri bisogni emotivi e psicologici, che possa portare completo sollievo dall’angoscia interiore e lenire le ferite ancora aperte, si rischia inevitabilmente di costruire relazioni squilibrate, basate su un ideale di amore infantile in cui i confini sono estremamente labili e in cui il tentativo stesso di evitare la sofferenza, la acuisce e la esaspera, come un circolo vizioso.
Possiamo smettere di farci definire dalle azione e dalle parole degli altri e finalmente iniziare a definirci da soli
Possiamo imparare ad ascoltare i nostri bisogni e rispettarli, facendoci completamente scivolare le parole velenose delle persone che minano la nostra serenità. Tutto questo è possibile quando riusciamo ad affermarci. Nessuno ti ha insegnato a farlo, ad affermare te stesso come persona meritevole, degna d’amore e completa. O almeno, nessuno te l’ha insegnato prima d’ora. Nel mio secondo libro «d’Amore ci si ammala, d’Amore si Guarisce» ti spiego come prenderti cura di te e disinnescare le dinamiche relazionali più scomode, sia in coppia che in famiglia. Nella tua vita c’è un unico punto fermo e quello sei tu. È venuto il momento di rispolverare i tuoi bisogni e metterli al centro di tutto! È un viaggio introspettivo che ti consentirà di trasformare le tue ferite e la tua attitudine difensiva in un’inattaccabile amor proprio. Già, perché l’armatura che più di tutte può difenderti (dalle umiliazioni, dai torti, dalle delusioni e dalla rabbia…) è proprio l’amor di sé. Il libro puoi acquistarlo in libreria o a questa pagina Amazon.
A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
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