Il brutto anatroccolo ci insegna la capacità di saper credere in noi stessi

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Psicologa Psicoterapeuta, specializzata in terapia Familiare Sistemica Relazionale. Autrice di libri.

Ciò che percepiamo di noi stessi è un riflesso, di ciò che siamo, di ciò che siamo stati e che gli altri ci hanno rimandato nel corso del tempo e che ci rimandano tutt’oggi. E’ chiaro che l’autostima è in piena evoluzione ma che pone le sue radici nei primi mesi e anni di vita.

Nascita e crescita dell’autostima

L’immagine fisica è riflessa nello specchio, quella interna lo è nella propria mente e a sua volta influisce anche nella percezione di quella esterna. Sembra contorto eppure sin da quando nasciamo facciamo parte di una serie di immagini che gli altri hanno di noi, cresciamo con la smania di assecondarle o di contrastarle.

Piano piano con gli anni si costruisce una propria identità, tra successi e delusioni e ciò che determina un’adeguata autostima è il valore che si riesce a dare alle caratteristiche personali e all’impegno che si dedica per la loro affermazione.

Quando si insegue un’idea di perfezione o ci si vuole adeguare esclusivamente alle aspettative esterne si rischia di allontanarsi dalle pulsioni interne generando dubbi sul proprio valore e la propria appartenenza.

Il Brutto anatroccolo ci insegna a credere in noi stessi

La favola del “Brutto anatroccolo” parla di quanto sia difficile trovare accettazione e soddisfazione se non si dà ascolto a se stessi, se non si realizzano e valorizzano quelle che sono le proprie differenze invece di temerle.

Coloro che inibiscono le proprie peculiarità per soddisfare richieste esterne, si sottopongono a una chirurgia psichica* per adeguarsi, rinnegando la propria indole, ma tanto più si cerca di somigliare ad altro da sé, tanto più si diventa insicuri.

La percezione che si ha di sé resta distorta, ciò su cui si concentra l’attenzione sono i “difetti”, come eliminare o correggere ciò che non piace o che gli altri vorrebbero diversamente. Il proprio valore viene trascurato, non ci si prende cura della parte più profonda e vera.

Come dare risalto a uno splendido cigno se ci sente inadeguati e insicuri?
Nella favola il cigno viene “riconosciuto” dai suoi simili e finalmente accettato, ma è altrettanto vero che lui non ha smesso di cercare, non si è arreso al dolore e alla sofferenza.

Ha continuato la sua ricerca fino a quando non ha sentito di essere apprezzato e valorizzato come meritava, sentendosi perfetto così come era senza doversi adeguare ad un modello che non gli apparteneva.

Liberare e riconoscere il cigno che è nascosto dentro di sé è il presupposto per potersi accettare e rivalutare, solo così si può conquistare il proprio posto e guardarsi con orgoglio e soddisfazione partendo da ciò che si è fino ad arrivare a ciò che si vuole fare per la propria vita.

Quanto tempo si trascorre a preoccuparsi degli altri, senza prendersi cura di sé?

Ad allontanarci dall’autostima e dal “saperci curare” ci sono alcuni schemi appresi, primi tra tutti le eccessive attenzioni che volgiamo all’altro e all’esterno.

Conosci te stesso per apprezzarti e “curarti”

La pre-occupazione comporta il prendersi cura di qualcuno o qualcosa a cui teniamo, a cui dedichiamo le nostre attenzioni. Occorre conoscere l’altro per potersene occupare, per andargli incontro, ma cosa succede quando dobbiamo prenderci cura di noi? Quanto ci si conosce realmente? L’imperativo delfico “Conosci te stesso” ha guidato e ispirato innumerevoli riflessioni, da Socrate in poi, e solo partendo da questo insegnamento si può concretamente imparare a prendersi cura di sé.

Curarsi è sempre stato più semplice, si affida il proprio corpo o una parte di esso, per ritornare alle proprie funzionalità. Per poter prendersi cura di se stessi e della propria interiorità, invece, è necessario prima di tutto sapere di cosa si ha bisogno, ascoltare i propri desideri e le proprie emozioni mettendoli in relazione con ciò che si vive.

A volte si ha solo l’illusione di occuparsi di sé seguendo le mode del momento o stimoli indotti dall’esterno e per quanto sia utile assecondare alcuni bisogni che possono far star bene nell’immediato, senza una propria consapevolezza si rischia di continuare a inseguire un benessere usa e getta, propagandato dalle varie mode del momento.

Per far questo non esistono decaloghi o regole da seguire, ma un tempo da dedicarsi per imparare o riscoprire il proprio spazio e cosa ne fa parte. Ognuno con il suo tempo, ognuno con il suo spazio.

“È il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha reso la tua rosa così importante”. 

Scrive Antoine De Saint-Exupery nel Piccolo Principe. Ma questa frase può valere anche per il tempo che si dedica a ciò che interessa a ciò che riguarda il proprio benessere.

Oggi sembra che il tempo non basti mai per tutto, siamo sempre di corsa, eppure ciò che manca realmente è l’attenzione che mettiamo nelle cose, perché se si crede fino in fondo a qualcosa il tempo si riesce a organizzare.

Immagine: la copertina del libro illustrato per bambini Il Brutto Anatroccolo” di Attilio. Da leggere ai propri figli regalando questa bellissima chiave di lettura, in grado di insegnare la perseveranza, la fiducia e la stima di sé.

Lucia Cavallo, Psicoterapeuta 
specializzata in terapia Familiare Sistemica Relazionale


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