Il neglet e il trauma cumulativo

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Psicologa e Psicoterapeuta analitica in formazione, con utilizzo della Sand Play Therapy e psicodiagnosta con Test Rorshach e altri test. Riceve online e nel suo studio di Empoli.
neglet trauma cumulativo
Illustrazione di Mayra Arvizo

Accanto ai grandi traumi come un’esperienza di abusi subiti, maltrattamenti, disastri naturali ed incidenti, ci sono traumi meno evidenti ma non per questo meno significativi. Tra i “traumi invisibili” si annovera il neglect, una trascuratezza marcata vissuta durante l’infanzia. I cosiddetti “traumi invisibili” se subiti a lungo e provenienti dalle principali figure di riferimento, saranno causa di una certa vulnerabilità fino a gettare le basi per l’insorgere di altre patologie.

In più, è da sottolineare che la trascuratezza emotiva/fisica vissuta durante l’infanzia, ha un duplice ruolo. Non è solo la psiche a rimanerne provata ma anche le strutture cerebrali in pieno sviluppo.

Il neglet

Il primo a parlare di neglet fu Sandor Ferenczi (psicoanalista di fine ‘800), intendendo “qualcosa che avrebbe dovuto essere fatto e che non si è fatto” causando un trauma mediante una sorta di omissione di soccorso, mediante la mancanza di contenimento e di sintonizzazione emotiva da parte del caregiver con il figlio.

Questo tipo di esperienza (che può diventare la modalità standard di trattamento da parte del caregiver) può essere considerato un Trauma cumulativo, cioè un’esperienza dolorosa che se protratto nel tempo porterà nel soggetto in fase di crescita, vulnerabilità biologiche, fisiche, psicologiche e di identità personale.

Oltre al non essere visto, nei suoi bisogni, il bambino può diventare il contenitore di proiezioni massicce, proiezioni di parti malate dei suoi genitori. Queste proiezioni condurranno il bambino a formare un’identificazione patologica con queste parti (Williams 2004), che entreranno quindi a far parte della struttura del sé, confondendolo e nei casi più gravi, portandolo ad una perdita dell’esame di realtà.

Molte volte, il neglet induce un substrato di vulnerabilità sul quale poi si potranno inserire altri disturbi psicologici, ne sono un esempio le patologie bordeline, i disturbi dell’apprendimento, del comportamento alimentare e i deficit dell’attenzione. Questi disturbi, possono avere alla base traumi cumulativi subiti durante la crescita.

Al momento dell’anamnesi del paziente

*L’anamnesi, in medicina e in psicologia, è un’operazione preliminare al trattamento che consiste nella raccolta particolareggiata delle notizie che riguardano il paziente.

Molte volte il clinico, quando esegue l’indagine anamnestica, non trova niente di così eclatante e spesso, solo dopo molto tempo, può intravedere delle incrinature nel rapporto primario, con le principali figure di riferimento.

«Il conflitto tra il bisogno di negare le esperienze traumatiche vissute e il desiderio di gridarle al mondo rappresenta la dialettica profonda del trauma psicologico» – Judith Hermann

Come dice J. Hermann, si passa da una condizione in cui si vorrebbe urlare il proprio dolore al mondo ad una condizione di assoluto silenzio, in cui il trauma viene occultato e probabilmente dimenticato.

Quello che emerge dal colloquio clinico sono gli intensi vissuti di colpa, vergogna, esplosioni di rabbia con una minima o nessuna provocazione, contro persone ed oggetti, emergono esagerate risposte di allarme, difficoltà ad addormentarsi o nel rimanere addormentati.

Sono molto comuni, inoltre, sintomi come la marcata riduzione di interesse e partecipazione ad attività significative, sentimenti di distacco o di estraneità verso gli altri o incapacità di provare emozioni positive, come felicità o amore.

Questo tipo di trauma, fondato sulla minaccia, paura e sull’imbroglio, esercitato dalle figure di riferimento del bambino, tenderà a compromettere la sua capacità di fidarsi e connettersi intimamente agli altri e può trasformarsi in disturbi dello sviluppo, grave e pervasivo.

In primis, un soggetto con una storia di avversità multiple è a rischio elevato di presentare comportamenti pericolosi come condotte suicidarie, autolesionismo e abuso di alcool e droga.

La sintomatologia legata al neglet ricorda quella del disturbo post traumatico da stress complesso (PTSD complesso), tuttavia vi è una differenza tra PTSD complesso e il neglet (traumi protratti in età evolutiva).

La differenza tra trauma singolo e PTSD complesso

Autori ed esponenti del panorama neuropsicologico mondiale sono d’accordo nell’affermare che i traumi avvenuti nella prima infanzia modificano la struttura cerebrale del bambino in sviluppo.

Si possono alterare i sistemi cerebrali coinvolti nelle funzioni cognitive ed emotive, come la memoria, il sistema di apprendimento, la motivazione, l’elaborazione delle informazioni, la capacità di problem solving e la tollerare dello stress e dell’angoscia, tutte funzioni cruciali per un sano sviluppo.

Il PTSD che si può instaurare dopo un grave trauma è diverso da quello che si istaura in situazioni di abuso fisico, di neglect e di trascuratezza emotiva avvenuti in tenera età, quando la relazione primaria è fondamentale per un armonioso sviluppo psicofisiologico.

L’esposizione cronica allo stress sovraccarica i sistemi biologici e altera una serie di risposte stress-correlate, che promuovono l’adattamento e i processi regolatori per l’equilibrio omeostatico.

Quando la capacità di adattamento è sopraffatta possono verificarsi cambiamenti fisiologici e psicologici, come malattie fisiche legate a una serie di deficit del sistema immunitario (stress-correlate), sono inoltre coinvolti innumerevoli fenomeni neuroendocrini. L’elevato carico di stress cronico predispone a fenomeni difensivi come la dissociazione somatoforme, la desensibilizzazione, sintomi dissociativi e forte alterazione del sé con conseguenti problemi dell’identità.

Pluri-vittimizzazione

La persona può perdere il ricordo originario dell’evento traumatico e sviluppare, involontariamente, persistenti convinzioni negative su sé stessa, sugli altri e sul mondo. Questo meccanismo è noto come modello cognitivo di Beck.

Lo stato mentale in cui l’individuo subisce tanti piccoli traumi ripetuti nel tempo, predispone a una vulnerabilità psichica e a una pluri-vittimizzazione. La pluri-vittimizzazione è quel meccanismo che aumenta le probabilità di cadere vittima, nel corso della vita, di ulteriori traumi anche più eclatanti.

Il fattore predittivo più affidabile che fa riferimento alla probabilità di ripetere un vissuto traumatico (o pluri-vittimizzazione) è costituito dai punteggi più alti agli strumenti di valutazione della rabbia, dell’aggressività e impulsività (Finkelhor, Ormrod e Turner, 2007).

Il supporto sociale, è un fattore di protezione contro la pluri-vittimizzazione.

La valutazione del trauma invisibile attraverso l’esplorazione della storia del paziente, approfondendo l’epoca dello sviluppo in cui è accorso, può aiutare il terapeuta a prevenire fenomeni come eclatanti come il suicidio e condotte autodistruttive legate all’assunzione di alcool e droga, oltre a differenziarlo da PTSD con tutti i criteri che lo contraddistinguono.

Autore: Dott.ssa Paola Cervellati, psicologa

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