Il nostro cervello non è fatto per vivere in città

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor
Una risonanza magnetica mostra l’attività dell’amigdala, una zona del cervello correlata a diversi disturbi d’ansia.

Siamo più «selvaggi» di quanto possiamo immaginare: da un punto di vista evoluzionistico, non siamo affatto adattati alla vita moderna. Questo non è un grido di richiamo delle caverne, ma è la conclusione alla quale è giunta una rassegna sistematica condotta da Psicoadvisor. La rassegna ha analizzato i dati provenienti da 36 ricerche che prendevano in considerazione l’attività di diverse aree del cervello e del sistema immunitario di persone poste in ambienti urbani e ambienti rurali e i tassi di prevalenza di disturbi mentali.

Per milioni di anni i nostri antenati hanno vissuto a stretto contatto con la natura. I nostri organi di senso (udito, vista, tatto, olfatto, gusto), si sono adattati ad ambienti molto diversi da quelli in cui viviamo oggi. La vista di paesaggi urbani, infatti, sembrerebbe innescare un’attività maggiore di particolari aree del sistema nervoso centrale, in particolare delle zone sottocorticali del cervello, generando un costante stato di allerta.

Quando parliamo di sistema nervoso, facciamo riferimento a una componente che è sotto la nostra consapevolezza e una componente autonoma che costituisce il nostro sistema nervoso neurovegetativo. Per intenderci, riusciamo a guidare i movimenti della muscolatura scheletrica dei nostri arti, ma non riusciamo a governare i movimenti della muscolatura liscia del nostro intestino!

La gran parte di funzioni corporee (produzione di ormoni, digestione, attività nervosa, battito cardiaco, sistema immunitario, sudorazione…) è posta sotto controllo del sistema neurovegetativo. Il nostro sistema neurovegetativo risponde automaticamente a stimoli registrati dai nostri organi di senso (vista, udito, olfatto…) e si è modellato in milioni di anni rispondendo alle pressioni della selezione naturale.

Le minacce nascoste della città per i cinque sensi

Vivendo in zone urbanizzate, siamo esposti a molteplici stimoli: rumori, eccessiva prossimità con altri individui, visione di molteplici volti estranei, vista di palazzi e geometrie simmetriche… questi stimoli, a livello consapevole, li percepiamo come neutralituttavia sembrerebbero costituire stimoli minacciosi per il nostro cervello. Vediamo alcune evidenze.

La vista

L’osservazione di frattali naturali statici, come le linee frastagliate disegnate dalle foglie di un albero, sembrerebbe sviluppare la produzione di onde alpha (associate a uno stato di rilassamento cerebrale) e ridurre l’attività dell’amigdala (associata allo stress). La ricerca (Hagerhall et al. 2015) ha usato l’EEG (elettroencefalogramma) per registrare l’attività nervosa di persone impegnate in un compito di osservazione.

I candidati dovevano osservare le forme in un ambiente naturale, e le forme in un ambiente artificiale; quando il compito di osservazione riguardava le forme naturali, il cervello produceva spontaneamente onde alpha. Le onde alpha sono uno specchio dell’attività elettrica del cervello, hanno moderata ampiezza e media “velocità” (9-13 Hz). La loro presenza, evidente soprattutto nella parte posteriore del cervello, è generalmente associata alla chiusura degli occhi (Alpha Blocking) e a stati di calma e rilassatezza. Se in ambienti urbani dobbiamo “sforzarci” per raggiungere questo stato di quiete, ciò avviene in maniera del tutto spontanea quando siamo immersi nella natura. Se questo non bastasse, il contatto con la natura induce un’abbassamento dell’attività della corteccia prefrontale ventromediale, una zona cerebrale associata ai pensieri ossessivi e alla ruminazione (Bratman et al. 2015).

Ulteriori studi condotti presso l’Università di Derby, nel Regno Unito (Stevens et al. 2018) hanno dimostrato che più è elevata la biodiversità del luogo (più è incontaminato e selvaggio il contesto naturalistico) e maggiori sono gli stati di rilassamento neurale indotti.

Al contrario, l’ambiente urbano è fonte di stress. Grazie alla risonanza magnetica, uno studio coreano (Kwang-Won Ki et al. 2010) ha scoperto che la vista di un ambiente artificiale attiva l’amigdala, area associata all’ansia.

Per la nostra vista, la natura è molto generosa. La visione di spazi boschivi, anche solo in fotografia, induce e facilita il recupero delle funzioni cognitive e invita alla calma. Lo mostrano i lavori realizzati nel 2008 dall’equipe di Yoshifumi Miyazaki, dell’Università di Chiba, in Giappone: la sensazione di comfort e di rilassamento dei partecipanti allo studio è aumentata dopo aver guardato una serie di fotografie di boschi per solo un minuto e mezzo, in confronto a un altro gruppo che aveva invece guardato immagini di ambienti urbani.

L’olfatto

A giocare un ruolo rilevante sarebbero i fitoncidi, una grande famiglia di terpeni presenti nelle cortecce delle piante e presenti naturalmente nell’aria in ambienti boschivi. Stando a diverse ricerche analizzate (Dayawansa et al. 2003, Qing li et al. 2006) alcuni fitoncidi (come il cedrol e l’alfa-pienene presenti nelle conifere) migliorano l’attività del sistema nervoso simpatico e parasimpatico, in particolare:

  • riducono la frequenza cardiaca,
  • inducono a respirare più lentamente,
  • abbassano la pressione arteriosa,
  • migliorano le difese immunitarie

Inoltre, alcuni composti prodotti dalla corteccia delle piante sembrerebbero migliorare l’attività dei leucociti natural killer rendendo più efficiente le difese immunitarie.

L’udito

Dopo un compito stressante ci si calma più velocemente se si ascoltano i suoni della natura (Alvarsson et al. 2010). Il fruscio delle foglie indotto dal vento, lo scroscio dell’acqua, il cinguettio degli uccelli, sembrerebbero essere stimoli molto positivi per il nostro cervello tanto che dopo un compito stressante, questi input che attivano le cortecce uditive, vanno a innescare un recupero delle funzioni cognitive e, più in generale, dell’omeostasi dell’organismo a seguito di un compito stressante.

Il tatto e la prossimità

La ripetuta violazione dello spazio personale che le persone subiscono nelle città può rappresentare una minaccia per e il cervello e, in particolare, può facilitare l’attività cronica dell’amigdala (Kennedy et al. 2011). Studi dimostrano che l’esposizione ai paesaggi forestali influenza i marcatori dello stress come le concentrazioni di cortisolo, la frequenza cardiaca, la pressione sanguigna e l’attività dei nervi parasimpatici e simpatici (Craig et al. 2016).

Il gusto

L’ipotesi evoluzionistica vede i recettori del gusto selezionati per farci “sospettare” dai sapori più acidi e amari, perché correlati a potenziali sostanze tossiche presenti in natura. Ciò che è dolce, in natura, è buono: frutti, bacche commestibili… nella società moderna in cui lo zucchero è abbondante nei cibi, questo ha comportato una controindicazione: oggi siamo più esposti a carie orale di quanto non lo fossimo migliaia di anni fa.

Un indicatore interessante della storia evolutiva umana è legato all’arcata dentale che ha visto una notevole variazione anatomica (canini meno appuntiti, diminuzione del volume dei denti masticatori, assenza o patologia del cosiddetto dente del giudizio…), inoltre, il microbiota del tratto orale dell’uomo industrializzato è molto diverso da quello dell’uomo neolitico (lo dimostra uno studio che ha sequenziato il DNA presente nella placca dentale calcificata di reperti fossili). Indubbiamente la carie dentale esisteva fin dall’alba dei tempi, ma era estremamente rara tra gli australopitechi e ominidi successivi. Oggi, nonostante le variazioni del microbiota orale, i nostri denti non sono ancora adattati a un’alimentazione così ricca di zuccheri, inoltre, grazie alla diffusione delle cure odontoiatriche (protesi, ricostruzioni…), probabilmente non lo saranno mai (Sperber, 2013).

Ambienti urbani e ansia

Evidenza epidemiologica mostrano che i problemi di salute mentale sono molto più frequenti nelle aree urbane rispetto alle aree rurali. I tassi di prevalenza dell’ansia sono superiori del 56% nei contesti urbanizzati (Peen et al. 2007).

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