A ognuno di noi è capitato di dover affrontare situazioni difficili quali la perdita di un caro, una delusione sentimentale, un tradimento, la fine di un’amicizia, il fallimento di un progetto in cui avevamo risposto molte speranze, ecc. I fatti traumatici e le ferite a volte riescono a “farci arenare”, evitano di farci andare avanti perché ci fanno sentire molto feriti.
Un proverbio popolare dice che “il tempo cura le ferite”
Siamo abituati a sentirci dire che “il tempo guarisce ogni ferita, che la distanza è terapeutica e che la maggior parte delle volte le cose negative che abbiamo vissuto ci servono da insegnamento. Ebbene, è importante chiarire alcune cose. Il nostro cervello non dimentica e non tutte le esperienze dolorose ci servono per imparare. In realtà, più che da insegnamento, le perdite o gli avvenimenti carichi di dolore, ci obbligano ad accettare determinate cose per forza e senza alcuna anestesia.
Quando siamo affranti, tutti ci ripetono che bisogna solo lasciare che il tempo passi, tenendo duro stoicamente giorno dopo giorno, affinché le ferite guariscano da sole. Ma questa convinzione può trasmettere un’idea errata ovvero che non abbiamo bisogno di fare nulla e le ferite si rimargineranno da sole. In realtà non è così. O almeno non del tutto.
Se non facciamo nulla, se non impariamo da questa situazione, è probabile che la ferita si chiuda in modo superficiale e al minimo tocco si riaprirà. Così, spesso, quando pensiamo di aver già superato un problema e finalmente possiamo andare avanti, il dolore torna, intenso come il primo giorno.
Portarsi alle spalle questo vuoto
Non c’è nessuna formula magica per risolvere queste intersezioni vitali in cui incappiamo in qualche momento della nostra vita. Non esistono pillole che mettono completamente fine al dolore della vita, né alcuna macchina del tempo che ci permetta di evitare che accadano determinati fatti.
Le ferite saranno sempre lì. Il tempo non è un architetto talmente efficace da farle sparire, ma comunque cicatrizzeranno e non faranno per sempre male come il primo giorno. Sarà un dolore con cui saremo capaci di convivere.
Sono molte le persone che hanno imparato a vivere con i loro vuoti: con l’assenza dei propri cari, con le cicatrici procurate da un determinato errore, da una scelta sbagliata, ecc. L’importante in questi casi è evitare che la sofferenza ci renda suoi prigionieri. Non bisogna alimentare questo stato d’animo, non dobbiamo pensare che ormai la vita non ha più senso. Non dobbiamo pensare che non potremo più essere felici.
Il segreto risiede nell’accettare. Ciò che è stato non può essere cambiato, bisogna solo accettare le cose per come sono, a sua volta, accettare se stessi in questa nuova situazione.
Anche le ferite emotive hanno bisogno di cure
Quando ci procuriamo una ferita fisica, sappiamo che dobbiamo disinfettarla a curarla. Tuttavia, riteniamo che le ferite emotive abbiamo bisogno di meno cure e che guariscano da sole. Ma non è così. Anche le ferite dell’anima meritano attenzione.
In realtà, l’unica cosa che fa il tempo è permetterci di immergerci nella routine quotidiana, ci sprofonda nelle preoccupazioni e le responsabilità della vita di tutti i giorni, in modo tale che nella nostra mente mettiamo da parte la perdita, il fallimento o il problema sofferto. Ma questo non significa che la ferita guarirà!
A questo proposito, uno studio condotto presso la Harvard University risulta particolarmente illuminante. Questi neuroscienziati chiesero alle persone che avevano sofferto un trauma di ascoltare una descrizione di ciò che gli era accaduto mentre i loro cervelli venivano analizzati.
Così si scoprì che rivivendo le esperienze dolorose si attivavano alcune aree del cervello, in particolare l’amigdala, che è il nucleo della paura, e la corteccia visiva. Allo stesso tempo, si produceva la disattivazione dell’area di Broca, l’area cerebrale responsabile del linguaggio.
Questo significa che quando le persone sperimentano un trauma, se non lo trasformano in una esperienza narrativa (significa riuscire ad accettare l’accaduto e trovargli una collocazione nella memoria autobiografica), questo tornerà ad essere vissuto come si trattasse di una situazione reale e, quindi, continuerà a causare dolore.
Pertanto, anche se in alcuni casi può essere opportuno riprendere la routine quotidiana per assumere una certa distanza psicologica dal problema, in altri casi il modo migliore per affrontare la situazione dolorosa è fare una pausa e cercare nuovi orizzonti che ci permettano di riflettere su ciò che è accaduto, trovargli un significato e andare avanti, seriamente.
Guarire fa male, ma il dolore aiuta a crescere
Quando mettiamo del disinfettante su una ferita recente questa brucia e fa male. Ma siamo consapevoli che dobbiamo soffrire un po’ per evitare mali maggiori. Ciò nonostante, normalmente preferiamo evitare di concentrarci troppo sulle ferite emotive perché pensiamo che se le ignoriamo, guariranno da sole. Tuttavia, ci sono ferite che hanno bisogno di cure particolari. E questo significa:
Non reprimere le emozioni, fingendo che non esistano
Dobbiamo essere consapevoli di ciò che sentiamo e cercare di capire perché ci sentiamo così. Concedersi la libertà di esprimere ciò che sentiamo ha un enorme potere catartico. Inoltre, reprimere le emozioni non le fa sparire.
Accettare quello che è successo, per quanto difficile possa essere
Anche se in molte situazioni, soprattutto quando si verifica una perdita o un fallimento, la nostra prima reazione è la negazione, è importante superare questa fase il più presto possibile, perché negare l’accaduto ci impedirà di guarire. Questo significa che invece di guardare da un’altra parte, è necessario concentrarsi sull’accaduto, per assimilarlo.
Smettere di cercare il significato e imparare la lezione
Nella vita, possono capitarci disgrazie che ci sembrano ingiuste, alle quali non riusciamo a dare un significato. Quindi, invece di insistere a chiederci perché, qualcosa che ci mantiene in un vicolo cieco, possiamo chiederci cosa ci insegna questa esperienza, come può aiutarci a essere più forti.
La migliore cura è l’amor proprio
La vita ci investe a volte con le sue onde, con la sua freddezza e la logica irrazionale. Spesso ci chiediamo: “Perché la vita mi toglie ciò che più amo? Perché capitano certe situazioni proprio a me che sono una brava persona? Perché la vita si accanisce contro di me che desidero solo il meglio per gli altri?”
Se ci ossessioniamo col voler trovare un senso a ciò che non ne ha, non facciamo altro che alimentare maggiormente la nostra tragedia. Non è la cosa giusta da fare.
“Non rimpiango le persone che ho perso col tempo, ma rimpiango il tempo che ho perso con certe persone, perché le persone non mi appartenevano, gli anni sì” (Carl Gustav Jung)
Quando ci capita qualcosa di brutto, c’è un aspetto che dimentichiamo quasi sempre: prenderci cura di noi e coccolarci. Di fronte ai dispiaceri della vita, l’atteggiamento migliore è connettersi di nuovo con se stessi per assumere i fatti e ricordarsi che meritiamo di tornare ad essere felici. Quando subiamo un torto, abbiamo l’innata abilità di farci del male: pensiamo alla vendetta, iniziamo a bere per dimenticare, mangiamo cibo spazzatura, non andiamo a lavoro….e tutto questo quanto credete possa aiutarci?
Se hai perso qualcuno, ricorda che devi continuare a sorridere proprio per questo caro, che riposerà per sempre nel tuo cuore e nella tua memoria. Se qualcuno ti ha fatto del male, non alimentare questo dolore perché rafforzerai la presenza di chi ti ha arrecato danno. Accetta i fatti, per poterti poi liberare di quest’ombra e rinascere dalle tue ferite. Devi avere chiaro che le ferite dell’anima non si curano mai del tutto. Rimarranno per sempre lì, ma intanto tu hai una vita davanti a te: vuoi sprecarla? Permettiti di essere felice, permetti che la vita ti abbracci di nuovo, esattamente come meriti!
È dentro di te che troverai l’ascolto, la comprensione, l’amore, la considerazione e la stima mancati
È con i tuoi occhi che potrai dire «wow». Non ci sarà nessuno da stupire, le bellezze che ti porti dentro non dovranno essere “scoperte” da nessuno se non da te stesso! Se hai voglia di iniziare questo cammino, ti consiglio la lettura di due manuali di psicologia.
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Sono i libri che io stessa avrei voluto leggere ancor prima di laurearmi in psicologia. Manuali perfetti per imparare a conoscersi e guardarsi per ciò che si è e non più per come ti hanno fatto sentire.
A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
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