Il tuo sistema nervoso è in allarme? 3 modi per riportarlo subito alla calma

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

A volte basta pochissimo: un messaggio che non arriva, una coda infinita, un tono di voce più secco del solito. Il corpo scatta prima di noi: il respiro si accorcia, la mandibola si irrigidisce, lo stomaco si chiude. Non è “drammatizzare”, non è “essere deboli”: è biologico. È il sistema nervoso che ha letto un segnale come minaccia e ha premuto l’interruttore dell’allerta.

La mente pensa, ma il corpo anticipa. Lo fa sempre — e lo fa con grande intelligenza — attraverso un lavoro di previsione basato su memorie implicite: ciò che hai vissuto, appreso, assorbito da bambino e nell’adolescenza, si traduce oggi in aspettative corporee su “come andranno le cose”. Se, per la tua storia, il mondo è stato spesso imprevedibile o poco sicuro, il sistema nervoso tenderà a restare vicino alla zona d’allarme. Non è colpa: è adattamento.

La buona notizia? Il sistema nervoso è plastico

Possiamo insegnargli alternative, favorendo neuroregolazione (la capacità di modulare l’attivazione), proteggendo omeostasi (una relativa stabilità interna) e sostenendo allostasi (l’arte dell’equilibrio dinamico in un ambiente che cambia). Di seguito troverai 6 pratiche essenziali: non “trucchi”, ma micro-interventi neurobiologici e psicologici che, ripetuti, diventano nuove memorie corporee.

Prima di iniziare: riconoscere l’allarme

Il sistema nervoso parla attraverso il corpo prima ancora che la mente “capisca”. I segnali che avvertiamo non sono casuali: sono la manifestazione periferica di circuiti centrali che hanno letto salienza e minaccia. Riconoscerli significa restituire senso a ciò che accade.

Nodo allo stomaco

È l’effetto del dialogo continuo tra cervello e sistema nervoso enterico. La minaccia ridistribuisce il flusso ematico dai visceri ai muscoli, rallenta la motilità gastrica e altera i pattern di contrazione. A livello soggettivo emerge come “peso”, crampo, nausea. Non è fragilità: è una prioritizzazione energetica orientata all’azione.

Gola stretta

Coinvolge vie vagali e muscolatura laringea. In allarme, il corpo protegge le vie aeree (riflessi di chiusura/irrigidimento) e aumenta il tono dei tessuti molli. La sensazione di “blocco” è un correlato somatico della risposta di difesa: il corpo si prepara prima della parola.

Palmi sudati

La sudorazione palmo-plantare è un segno specifico di attivazione simpatica (fibre colinergiche sudomotrici). Migliora l’aderenza cutanea (“grip”) in vista di azione. È un marcatore fine di arousal: cambia in secondi, spesso prima che ce ne accorgiamo.

Respiro toracico e corto

Con l’allerta, la ventilazione diventa rapida e superficiale: aumenta lo scambio veloce di gas e si ottimizza il rapporto costo/beneficio respiratorio per la mobilitazione immediata. Il baroriflesso e il “freno vagale” si ritirano, l’emitorace prende il sopravvento, il diaframma lavora in regime più rigido: l’esperienza soggettiva è di “fiato corto”.

Tachicardia

Catecolamine (adrenalina/noradrenalina) e ritiro vagale aumentano la frequenza cardiaca e la contrattilità miocardica. Serve a convogliare sangue ossigenato verso i distretti d’azione. La variabilità della frequenza cardiaca (HRV) cala: è il segno che il sistema ha messo da parte la flessibilità per privilegiare la prontezza.

Calo dell’attenzione “ampia”

Il locus coeruleus (noradrenergico) stringe il fuoco attentivo: cresce l’attenzione selettiva su stimoli ritenuti rilevanti e diminuisce la capacità di processare il contesto. La corteccia prefrontale perde finezza esecutiva; prevale una modalità operativa più rapida, ma meno riflessiva. È un compromesso adattivo: si sacrifica la complessità per la velocità.

Rigidità muscolare (spalle, trapezi, mandibola)

L’aumento del drive gamma e dei riflessi d’allungamento imposta un tono di baseline più alto. La mandibola si serrra (protettivo, preparatorio), i trapezi sostengono l’assetto antigravitario. Il corpo costruisce un “guscio” per resistere o agire.

Pelle iper-reattiva

Vasocostrizione cutanea e modifiche del microcircolo rendono la pelle più “vigilante” (piloerezione, ipersensibilità tattile/termica). È un residuo evolutivo: migliorare la percezione periferica e ridurre perdite di calore in condizione di minaccia.

Bisogno di controllo / Ritiro improvviso

Sono due poli della stessa architettura difensiva. Il controllo cognitivo compensa l’imprevedibilità interna; il ritiro (freezing/immobilità) riduce l’esposizione in scenari percepiti come ingestibili. Entrambi sono output comportamentali di sistemi sottocorticali (amigdala, PAG) che modulano la strategia di difesa in base a distanza e ineluttabilità dello stimolo.

Cosa accade dentro (in estrema sintesi)

Ogni volta che ci sentiamo in allarme non è “solo ansia”: dentro di noi si muove un intero ecosistema. Il corpo non reagisce a caso, ma attiva una serie di meccanismi millimetrici che hanno un obiettivo molto preciso: proteggerci. È come se un antico radar si accendesse, scandagliando il mondo alla ricerca di minacce.

Il cuore accelera per pompare più sangue ai muscoli, il respiro si fa rapido per portare ossigeno, la mente si restringe su ciò che sembra urgente, lasciando in secondo piano tutto il resto. È il linguaggio del sistema nervoso, un linguaggio antico quanto l’uomo, che trasforma emozioni invisibili in reazioni concrete.

Capire cosa accade dentro di noi è un primo passo per ridare senso a ciò che sentiamo e per riconoscere che non siamo “sbagliati”: stiamo solo vivendo un copione biologico scritto per proteggerci. Quando percepisci un pericolo – reale o immaginato – il corpo reagisce con una sequenza precisa.

Subito (millisecondi–secondi)

l’amigdala segnala all’ipotalamo, che attiva il sistema nervoso simpatico. Le ghiandole surrenali rilasciano adrenalina e noradrenalina: il cuore accelera, il respiro diventa corto, i muscoli si tendono, l’attenzione si focalizza. È la risposta immediata, il famoso “combatti o fuggi”.

Dopo alcuni minuti

entra in gioco l’asse HPA (ipotalamo–ipofisi–surrene). L’ipotalamo rilascia CRH, l’ipofisi ACTH e infine la corteccia surrenale secerne cortisolo. Questo ormone non agisce in un istante, ma mantiene l’organismo in stato di allerta più a lungo, preparandolo a resistere alla sfida.

Effetti protratti (ore)

se lo stress continua, il cortisolo resta elevato. Questo influenza il metabolismo, abbassa le difese immunitarie e tiene in tensione il sistema nervoso. È il motivo per cui non riusciamo a “staccare” anche quando il pericolo non c’è più.

In sintesi: prima agiscono le catecolamine, velocissime e di breve durata; poi arriva il cortisolo, più lento ma persistente. Due strade diverse, pensate dalla biologia per proteggerti.

  • Si attiva l’asse HPA (ipotalamo–ipofisi–surrene) con rilascio di cortisolo.
  • Sale il tono simpatico (adrenalina/noradrenalina) e scende la “frenata” vagale.
  • L’amigdala aumenta la salienza della minaccia; la corteccia prefrontale fatica a dirigere con lucidità.
  • Il corpo priorizza la sopravvivenza a breve termine, sospendendo finezza cognitiva e sociale.

I tre grandi processi della regolazione

Di fronte a questa dinamica, le pratiche di autoregolazione hanno un compito chiaro: non eliminare l’allarme (impossibile e non desiderabile), ma riportarlo in equilibrio. Tutti i gesti che impariamo a fare convergono in tre grandi processi: riaccendere il freno parasimpatico, riaprire la social safety, aggiornare le memorie predittive.

Riaccendere il freno parasimpatico

Il primo passo è restituire equilibrio tra simpatico e parasimpatico. Quando l’attivazione è alta, la branca ventro-vagale del nervo vago deve tornare a “premere il freno”. È qui che agiscono due strumenti fondamentali: il respiro e il movimento ritmico.

Un’espirazione lunga stimola direttamente il vago, riducendo la frequenza cardiaca e modulando l’arousal. I movimenti dolci e regolari, come camminare a ritmo costante o oscillare lentamente il corpo, abbassano le catecolamine e risincronizzano i ritmi interni. Entrambi insegnano al sistema nervoso che è possibile ritrovare calma, senza passare dalla minaccia alla paralisi.

Riaprire la social safety

Il secondo processo riguarda la sensazione di sicurezza in relazione. Il sistema nervoso non è progettato per regolarsi in isolamento: trova stabilità nello sguardo, nella voce, nel contatto con un altro essere umano.

Il contatto fisico stimola ossitocina e attenua l’amigdala, riportando il corpo in un campo di fiducia. Ma anche il nostro dialogo interiore gioca un ruolo decisivo. Le parole che ci rivolgiamo attivano o disattivano le stesse aree che reagiscono al linguaggio altrui. Dire a se stessi “non ce la farò mai” significa inviare al cervello un segnale di minaccia. Dire “posso fermarmi un attimo” significa restituire sicurezza.

La social safety, dunque, non dipende solo dagli altri, ma anche dalla nostra capacità di costruire una voce interna che non spaventa, ma accompagna.

Aggiornare le memorie predittive

Infine, il processo più profondo: ogni volta che ci regoliamo, non facciamo solo un intervento momentaneo, ma stiamo scrivendo nuove memorie. Il sistema nervoso, basandosi sul passato, tende a prevedere minaccia. Ma quando sperimenta calma e contenimento in un presente sicuro, registra che esiste un’alternativa.

La nutrizione sostiene questa plasticità, fornendo al cervello i cofattori necessari per sintetizzare neurotrasmettitori equilibrati. Le pause abituali insegnano al corpo che fermarsi non è pericoloso. Ogni volta che scegliamo di rallentare, il cervello aggiorna le sue mappe: da “devo restare all’erta” a “posso concedermi tregua”.

Questo lavoro lento, ripetitivo e sottile è la vera trasformazione: non consiste nello spegnere l’allarme una volta, ma nel cambiare la soglia con cui l’allarme si accende.

Regolare il sistema nervoso non è un trucco per “funzionare meglio”

E’ un atto di tenerezza adulta verso chi sei stato e verso chi stai diventando. Ogni volta che respiri più lungo, che ti concedi un abbraccio, che ti prendi tre minuti di pausa, il corpo registra: “adesso è diverso”. Con la ripetizione, l’allarme smette di essere il sottofondo costante; la calma non diventa noia, ma campo di scelta. È qui che nascono relazioni più vere, lavoro più lucido, creatività che non ha paura di sbagliare.

Se oggi ti senti fragile, insicuro, bloccato o inadeguato… non stai esagerando. Stai semplicemente dando voce a un dolore antico, un dolore che non ha ancora trovato accoglienza. Ogni volta che ti fermi, che resti con te stesso, che provi a dirti quelle parole che avresti voluto ascoltare da bambino… qualcosa inizia, lentamente, a guarire.

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