In amore vince chi fugge?

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

Una riflessione sulla convinzione, molto diffusa, per cui “In amore vince chi fugge”, ovvero che nei sentimenti l’atteggiamento di “fare il difficile” o del negarsi risulti vincente. Come tutte le “regole” in amore, non è mai del tutto vera. Ma, come tutti i luoghi comuni, possiede un fondo di verità. Io credo che, spesso, sia una di quelle bugie che uno si racconta per non riconoscere una più amara verità. E le persone che ci credono, in realtà è perché non sanno leggere le dinamiche che ci stanno sotto. Allora ho pensato di immaginare una situazione abbastanza comune…

Quasi un classico

Diciamo che c’è Alberto, un ragazzo normale; un po’ timido e insicuro. Alberto ha una cotta per Barbara, piuttosto graziosa (diciamo pure ben più di Alberto). Barbara però non prova alcun interesse per Alberto. Invece, a Barbara piace Carlo: un ragazzo decisamente attraente, sicuro di sè, che sa di piacere e che – a volte – se ne approfitta anche.
Carlo trova Barbara carina, ma non è particolarmente interessato; si mostra disponibile, ma sa di poter avere di meglio…

Non è una situazione “classica”?

(N.B.: si può notare che spesso aspiriamo a qualcuno “più in alto” del nostro livello, o comunque non “inferiore”; direi che questo è umano e frequente. Però è un atteggiamento che fatichiamo a riconoscere in noi stessi)

Confondere la causa con l’effetto

Vista dall’esterno, la situazione può far pensare: “Vedi? Barbara non vuole Alberto, che le muore dietro, ma vuole Carlo, che la considera poco…
E’ proprio vero che in amore vince chi fugge!” In realtà, in casi come questo la “fuga” non c’entra nulla: queste dinamiche sono dettate dalla maggiore o minore attrazione  reciproca (a priori del darsi o negarsi) tra i vari protagonisti.

Inoltre, è vero che gli umani sono stimolati da sfide ed ostacoli: le cose troppo facili e scontate non eccitano, quelle difficili sì. Ma questo non implica che la “fuga” – di per sé – provochi interesse: se Alberto “fuggisse” da Barbara, questa (probabilmente) sarebbe solo contenta di non avere intorno qualcuno di “appiccicoso”. Il “darsi” o “negarsi” può avere un peso solo in relazione ad un interesse già presente (o meno): se l’interesse c’è, il non essere troppo accessibili può aumentarlo, ma se l’interesse manca… non si resuscita un “cadavere” (un interesse mai esistito in partenza). Quindi, direi che – il più delle volte – chi crede che “In amore vince chi fugge”, confonde l’effetto con la causa.
La causa vera è l’interesse/attrattiva (a priori), mentre l’elemento “fuga” può essere solo un effetto a posteriori.

Un alibi rassicurante

Possiamo facilmente ipotizzare che anche Alberto, invece di riconoscere apertamente “A Barbara proprio non piaccio” (oppure che lei è fuori della sua portata), si giustifichi pensando che “In amore vince chi fugge”.
“Ecco, vedi, alle donne piacciono gli stronzi come Carlo… io invece sono un buono. Dovrei comportarmi anch’io così, ma l’amo troppo”.
In questo modo Alberto, invece di svalutare la sua autoimmagine, sposta il problema al di fuori di sé. “In amore vince chi fugge” diventa un alibi per non incrinare la propria autostima. Ancora una volta, il luogo comune viene riconfermato per non riconoscere una realtà più dolorosa, o per non mettersi in discussione (cosa che Alberto potrebbe fare se si chiedesse i motivi per cui non è voluto).

Anche Barbara può ricorrere all’idea che “In amore vince chi fugge” per giustificare lo scarso interesse di Carlo per lei…
Oppure ad altri luoghi comuni: “Gli uomini sono tutti…”, “I bei ragazzi sono superficiali”… I luoghi comuni diventano facilmente degli alibi per coprire verità che ferirebbero il nostro Io, che ci farebbero sentire svalutati. Questo tipo di alibi è spesso usato dalle persone insicure e con bassa autostima, come i “bravi ragazzi” (o le “brave ragazze”) e i “maschi Beta” (quelli fragili, timorosi e inibiti).

Perché chi fugge in amore vince?

E’ però vero che, a volte, mostrare meno interesse o disponibilità verso qualcuno, lo attira a noi. Come mai questo accade? Perché gli esseri umani sono influenzati da ciò che lo psicologo Robert Cialdini ha definito principio di scarsità: quando qualcosa ci sembra raro, limitato o che ci sta sfuggendo, il nostro interesse aumenta. Si potrebbe vedere questo comportamento come un’altra reazione alla paura della perdita (“loss aversion”): poiché rinunciare a qualcosa ci fa soffrire, quando temiamo di perdere qualcosa il suo valore sembra aumentare.

Queste dinamiche, applicati alle relazioni, fanno sì che le persone meno disponibili tendono a suscitarci più interesse. Questo può farci pensare che se ci mostriamo più distanti, disinteressati o freddi verso qualcuno che ci piace, le nostre quotazioni aumenteranno; la risposta è “Dipende”, da diversi fattori:

  • Come ho spiegato sopra, dipende dalla presenza di un qualche interesse a priori: negarsi difficilmente crea interesse quando anche prima non ce n’era affatto.
  • Dipende da quante opportunità ha la persona che ci piace: se ne ha molte (è popolare e desiderata), la prospettiva di “perderci” appare meno minacciosa; viceversa se ne ha poche, questa strategia può essere più efficace.
  • Dipende dalle esperienze di quella persona e dalle sue inclinazioni: se è stata ferita da persone fredde, fare il freddo avrà un effetto negativo verso di noi; se è una persona impaziente o insicura, mostrare disinteresse potrebbe indurla a dirigersi altrove, ecc. Non c’è mai un unico modo, uguale per tutti, con cui reagiamo alle situazioni.
  • Dipende se è una persona positiva o negativa: in genere, una persona “positiva” (equilibrata, “sana”, serena) reagisce bene ai segnali positivi, e male a quelli negativi. Sentirsi voluta e amata tenderà quindi a farla avvicinare (se siamo compatibili); ma essere freddi o distanti la farà chiudere o allontanare. Viceversa, una persona “negativa” (problematica, conflittuale, tormentata) spesso reagisce male ai segnali positivi, e bene a quelli negativi. Quindi sentirsi voluta e amata potrebbe renderla reattiva o diffidente; mentre sentirsi respinta o maltrattata potrebbe aumentare il suo interesse, o renderla più disponibile.
  • Dipende dai futuri avvenimenti (che non possiamo prevedere): se io faccio il difficile, nel frattempo potrebbe arrivare qualcuno più interessante (e disponibile) di me… e allora tanti saluti! Restando sulle mie (per esitazione, timidezza o strategia), c’è sempre il rischio che sia io a perdermi l’opportunità.

Chi fugge in amore a volte vince… e a volte perde

In sintesi, non sempre in amore vince chi fugge. Tenendo conto dei vari elementi esposti sopra, diventa più facile capire perché a volte ci sembra così (anche quando non è vero), e perché a volte accade davvero così. Senza contare che “fuggire” in amore comporta dei rischi, come perdere delle opportunità o attrarre le persone sbagliate.
Personalmente ritengo che, in molti casi, essere autentici sia seducente; poi sta a ciascuno scegliere il modo di porsi che meglio funziona per lui.

Bisogno e dipendenza non attraggono

Infine, aggiungerei una cosa: se mostrare interesse può suscitare interesse (a quasi tutti piace sentirsi voluti), mostrare bisogno e dipendenza non attrae quasi nessuno. Un tipo come Alberto (che possiamo immaginare come poco fiducioso di sè, bisognoso e tendente ad “appiccicarsi”), crea facilmente reazioni di rifiuto.
Similmente, mostrare una totale e incondizionata disponibilità verso qualcuno (essere sempre pronti e a disposizione, sempre desiderosi e in attesa), ci rende “scontati” ai suoi occhi; e quindi meno interessanti e di valore (attribuiamo molto valore a ciò che è raro o irraggiungibile, e poco valore a ciò che è a portata di mano). Questo può apparire ingiusto, ma ricordiamo che la vita non funziona secondo principi di equità, bensì in modo “darwiniano”.
Chi fa il “cagnolino adorante” o lo “zerbino” ha scarse possibilità di successo: se non è sempre vero che “In amore vince chi fugge”…è quasi sempre vero che gli “zerbini”  finiscono calpestati.

Una lettura per crescere

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A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
Autore del libro Bestseller “Riscrivi le pagine della tua vita” Edito Rizzoli
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