In ambito psicodinamico, la decisione rappresenta simbolicamente l’affermazione del sé. Decidere significa «rivendicare la propria esistenza, il proprio valore, far valere il proprio punto di vista e farsi valere sull’altro». Muovere scelte non per tutti è semplice. Dietro l’indecisione può celarsi un disturbo d’ansia, manie di controllo, perfezionismo patologico… Vediamo insieme il meccanismo psicologico che si nasconde dietro l’indecisione.
Perdere una decisione significa implicitamente affermare se stesso; alcuni di noi sono stati così profondamente segnati che nella vita hanno imparato che «affermare se stesso» significa inevitabilmente deludere l’altro, così, giorno dopo giorno, hanno smesso di ascoltare i propri bisogni. La difficoltà nel compiere una scelta diventa duplice: da un lato non ci conosciamo profondamente e non sempre sappiamo davvero ciò che vogliamo, dall’altro siamo paralizzati dall’idea di auto-affermarci perché in passato ogni tentativo di autonomia è stato prontamente ammonito. Insomma, eterni indecisi non si nasce ma si diventa.
Nell’arco della giornata siamo portati a prendere un gran numero di decisioni: cosa mangiare a pranzo, cosa ordinare al bar, se comprare o meno un oggetto, se rispondere all’email, cosa dire al collega… Per la maggior parte di persone, prendere queste decisioni non è difficile. Per altre, invece, prendere decisioni (grandi o piccole che siano) non è affatto semplice.
Molti di noi si tormentano interrogandosi su cosa fare. Anche quando la decisione è stata presa, il dubbio non scompare: la scelta è stata giusta o sbagliata? Quando l’indecisione crea tensioni nelle relazioni interpersonali e nella vita quotidiana, può prendere una connotazione patologica che prende il nome di abulia.
Sul piano teorico l’indecisione cronica vede il coinvolgimento di due domini: il dominio del pensiero e quello dell’agire. Come spesso accade in chi dispone di una forte conflittualità interiore, la riflessione diventa eccessiva e frena l’azione, fino a generare passività. La paura di decidere può derivare da svariate caratteristiche personali che, queste, come premesso, possono essere poste su due piani distinti, quello del pensiero e quello dell’azione.
- Piano del pensiero. Il pensiero sottostante è quello di essere efficienti e valutati positivamente. Essere artefici e vittime delle aspettative verso sé stessi e verso gli altri, dinamiche di sottovalutazione o sopravvalutazione di persone e situazioni. Nella dimensione del pensiero rientra la trappola della razionalizzazione, cioè il tentativo di affidarsi eccessivamente alla logica per la risoluzione di dinamiche emotivo-affettive a cui quest’ultima non può adattarsi! I pensieri ossessivi divengono inevitabili.
- Piano dell’azione. Tentativo di controllo che fa perdere il controllo, evitamento della presa di decisione e procrastinazione, difesa anticipata da possibili rischi (mettere le mani avanti) con delegazione a terzi della responsabilità (fare in modo che altri possano decidere per sé, dipendendo, talvolta dalle valutazioni altrui).
Indecisione patologica e abulia
L’abulia si riferisce sia ad un disturbo dell’attività intenzionale, per cui l’individuo si sente incapace di prendere decisioni anche in situazioni poco rilevanti; sia a un disturbo della motivazione, per cui l’individuo si sente incapace di portare a termine l’azione anche quando questa è desiderata. In entrambi i casi, l’abulia indica un disagio caratterizzato da estrema apatia e/o irrisolutezza.
In questo articolo, ci soffermeremo sull’abulia (dal greco a- senza e boule -volontà, senza volontà) intesa come quel disagio psicologico che si presenta con la cronica difficoltà a prendere decisioni. Tale disagio è tipicamente associato a disturbi d’ansia, depressione, bassa autostima, stress e disturbo ossessivo compulsivo.
L’abulico disperde le sue energie psicofisiche in numerose attività contemporaneamente, ma non riesce a portarne a termine nemmeno una. La persona affetta da abulia manifesta incapacità di prendere decisioni, di iniziare o portare a termine un’azione in rapporto a eventi anche banali. L’abulia può compromettere gravemente la vita relazionale oltre che creare tensioni croniche nel quotidiano.
Perché si sperimenta questa difficoltà nel prendere decisioni?
La regione del cervello deputata al processo decisionale è la corteccia prefrontale. In chi soffre di indecisione patologica, tale corteccia sembrerebbe essere sopraffatta da informazioni e nel processo cognitivo, l’individuo non riesce a scandire una scala prioritaria. Ci si trova in una situazione critica in cui si vanno ad analizzare tutte le variabile innescando una “paralisi per analisi”.
La valutazione che precede una semplice scelta diventa eccessivamente macchinosa. Più la decisione da prendere appare difficile, più il processo decisionale si paralizza. La situazione peggiora quando la persona reputa di non avere abbastanza informazioni per compiere una scelta. La difficoltà di valutazione e l’incertezza sui risultati possono diventare una vera ossessione. Perché alcune persone si perdono nella fase valutativa tanto da cadere in una “paralisi della volontà”?
Alla radice dell’indecisione patologica
L’indecisione patologica sembrerebbe essere il risultato diretto dell’eccessivo coinvolgimento delle figure primarie di attaccamento. Figure di attaccamento che hanno manifestato, durante i primi anni di vita, un comportamento intrusivo, non hanno permesso lo sviluppo di sé ben differenziato.
Dietro l’indecisione patologica vi è una scarsa autonomia perché fin da bambino, l’indeciso patologico è stato in qualche modo ammonito. La lealtà che il bambino mostrava verso il genitore era premiata e, al contrario, ogni tentativo di indipendenza era punito o ammonito, il bambino è cresciuto associando sensi di colpa all’indipendenza. I bambini che crescono con genitori intrusivi, invalidanti e controllanti, tendono ad avere un ruolo scarsamente definito nella famiglia, un ruolo rigido che con il tempo non sembra cambiare. L’indeciso patologico, anche da adulto, tenderà a sentirsi subordinato al genitore e non sarà trattato (dal genitore) come un suo pari.
Altro fattore che può minare fortemente la capacità di prendere decisioni difficili e non, è il senso dell’auto-efficacia. L’umiliazione sociale, l’emarginazione, il bullismo… sono fattori importanti nello sviluppo dell’abulia. In questo contesto, la persona non solo presenta difficoltà a prendere decisioni, è inoltre riluttante ad assumersi nuove responsabilità e a funzionare indipendentemente dagli altri.
Chi soffre di indecisione cronica, dunque, tenderà a legare con persone che saranno portate a svolgere il ruolo di caregiver, un surrogato genitoriale pronto ad assumersi tutte le responsabilità della coppia e prendere decisioni per l’altro. Queste forme di indecisione possono essere correlate a quadri sintomatici più complessi. I sintomi correlati possono includere:
- Difficoltà a svolgere attività da soli
- Evitare responsabilità personali
- Permalosità
- Sensibilità al rifiuto e alla critica
- Paura di essere abbandonati
- Evitare di passare troppo tempo da soli
- Pausa di essere disapprovati
- Perfezionismo patologico
Non solo decisioni difficili
Non solo decisioni complesse o difficili, chi soffre di indecisione patologica avrà dubbi su quale pantalone scegliere, quale taglio di capelli fare, che menu scegliere o quale tavolo prendere al ristorante.
Nel processo decisionale sano, la persona valuta una decisione difficile in base agli effetti conseguenti della sua scelta. L’indecisione patologica, in realtà, pone un freno a monte: la persona spesso ignora completamente cosa vuole. La paralisi della volontà genera un vortice di dubbi. L’indeciso demanda alla sua figura di accudimento l’onere e le responsabilità delle sue scelte.
Non esistono scelte giuste, non vi sono decisioni approvate da terzi ne’ una giuria votante. Per prendere decisioni importanti, bisognerebbe fare chiarezza dentro di sé e fare solo i conti con ciò che si desidera.
Indecisione in amore
L’abulia non si presenta solo in caso di decisioni difficili. L’indecisione sembra essere più incalzante quando la scelta prevede più opzioni e questo può riflettersi anche in ambito sentimentale.
Il fattore cruciale alla base dell’indecisione in amore è la scarsa auto-consapevolezza. L’eterno indeciso, in realtà, non si conosce abbastanza e così non è in grado di auto-definirsi; si caratterizza per pensieri contraddittori, preconcetti, credenze limitanti che, prima o tardi, finiscono per coinvolgere il partner.
L’indecisione in amore è guidata da meccanismi psicologici ancora più complessi; gioca un ruolo cruciale il senso di colpa. Chi è cresciuto con genitori estremamente invalidanti, cela, dentro di sé, una forte oppressione emotiva. L’indecisione in amore riflette la paura di fallire, l’idea di sbagliare, per l’indeciso, è qualcosa di inaccettabile.
Quando le alternative della scelta sono due, può capitare che appena l’indeciso si orienta verso una, il senso di colpa spinge la persona a considerare l’altra. In questo modo l’indeciso inizia un’oscillazione infinita, che non gli permette di ponderare le conseguenze di una o dell’altra scelta e così finisce per farsi trasportare dagli eventi senza esercitare alcuna volontà. La scelta non riguarda oggettivamente i benefici o le perdite, non riguarda gli effetti… ma si tratta di una scelta soggettiva dove il rischio è di fallire come persona.
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Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in neuropsicobiologia
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