Individua e allontana le persone che non ti meritano (e come riuscirci)

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

Nessuno ci obbliga a intessere relazioni con gli altri, a fare favori, a dedicare tempo a loro o a fare quegli atti altruistici che semplicemente vengono dal nostro cuore senza aspettarci nulla in cambio. Tuttavia, c’è chi lo considera un diritto. C’è chi pensa che questa nobiltà sia una corda a cui aggrapparsi per raggiungere i propri interessi e per questo non esita a diventare improvvisamente esigente, a pretendere da noi cose che, alla fine, finiscono per logorarci. Se ti senti così, se noti che qualcuno pratica il più raffinato egoismo approfittando del tuo buon lavoro, non esitare, metti le distanze.

Pazienza, la virtù dei forti

La pazienza è la virtù dei forti, una frase tanto emblematica quanto veritiera. Ma cos’è la pazienza? L’etimologia della parola pazienza aiuta a comprendere il significato di questo termine. Pazienza deriva dal latino patire ma anche dal greco grecopathein e pathos che vuol dire dolore, sia fisico che spirituale. Avere pazienza.. una «virtù eroica», come la definiva Giacomo Leopardi, o anche «una goccia che scava la pietra» secondo le parole di Gandhi, della quale abbiamo sempre più bisogno in tempi di impazienza, di stress.

È molto facile infatti, constatare come la mancanza di questa virtù abbia spesso dei risvolti negativi. Basta pensare agli atleti che si dopano e ci rimettono la salute o ai dottori che comprano la laurea e sono dei veri e propri incompetenti. Oppure, ai bambini che vengono accontentati in ogni loro capriccio e crescono arroganti e senza spina dorsale. E soprattutto alle opportunità sfumate perché non abbiamo voluto aspettare.  La forza dell’essere pazienti  sta, quindi, nella capacità di non farsi deviare dall’obiettivo. Le innumerevoli interferenze che inevitabilmente troveremo sul nostro cammino non devono mai farci cambiare strada o desistere dal portare a compimento il nostro percorso.

Ma la pazienza ha un limite!

Come appena accennato, essere pazienti e fare della pazienza una virtù aiuta ad analizzare più lucidamente la situazione, ad osservare ed essere riflessivi. E questo processo interiore deve essere sempre finalizzato a una migliore comprensione della realtà. Ma quando la nostra pazienza viene messa seriamente in discussione sopportando abusi a tal punto da sperimentare sulla propria pelle la frantumazione della propria integrità, beh forse è il caso di allontanarsi.  Edmund Burke disse: “C’è un limite oltre il quale la pazienza cessa di essere una virtù”. E questo limite è quando non fa più bene a noi stessi!

Non devi importi una sofferenza se non c’è un valido motivo. Se, per esempio, qualcuno confonde la tua gentilezza con la debolezza e cerca di prevaricarti, di abusare della tua disponibilità, di approfittarsene o se accetti di subire tutto senza reagire. Ecco, quello è il momento in cui la pazienza finisce e diventa passività rendendo la tolleranza il proprio stile di vita. Vale la pena avere pazienza con chi…

  • non si preoccupa dei tuoi sentimenti?
  • ti butta a terra psicologicamente?
  • non riconosce quello che fai per lui/lei?
  • ti mette in imbarazzo?
  • ti sminuisce?
  • si approfitta della tua bontà?
  • vuole sempre avere ragione?

Beh, direi che la pazienza ha un limite. Per ogni cosa esiste un limite invalicabile che si chiama amor proprio! Purtroppo, come spesso accade, molti approfittano dell’ autocontrollo di chi è paziente, scambiandolo per bontà d’animo, o peggio ancora per mancanza di personalità; (a volte addirittura cercano di manipolarli).

Allontanarsi da chi esaurisce la propria pazienza non è solo un consiglio, è un atto di rispetto che dobbiamo a noi stessi! Quando infatti si tende ad accumulare rancore, finiamo per sentirci lacerati interiormente, deturpati nel più profondo dell’anima.

La pazienza eccessiva  può nuocere?

Se la pazienza in sé è una qualità positiva, può diventare fonte di sofferenza o frustrazione nelle mani di chi non ha le risorse necessarie perché non gli si ritorca contro. Se sono eccessivamente paziente tanto da accettare che vengano calpestati i miei diritti (fatico a dire di no, metto le richieste degli altri davanti alle mie, mi prendo in carico la responsabilità di risolvere i problemi altrui), probabilmente lo faccio perché ho paura di essere rifiutato, temo che gli altri possano farsi una idea negativa di me come persona. E questo, in genere, è dettato da un’autostima insufficiente a farci vivere con serenità il rapporto con gli altri.

Quello che si può scambiare per “troppa pazienza” in realtà è un atteggiamento passivo, che genererà probabilmente frustrazione, insoddisfazione Quando si è troppo pazienti, il rischio è quello che ad un certo punto il livello di sopportazione cali vertiginosamente. Si perde il controllo delle proprie emozioni; si esplode, con conseguenze davvero distruttive (per se stessi e per coloro che ci circondano).

E’ giusto essere pazienti, è giusto cercare di far ragionare le persone ma è altrettanto giusto tracciare dei confini e a volte lasciar anche perdere, soprattutto se una persona non è predisposta all’ascolto. Non ha senso perdere tempo prezioso con qualcuno che non mette lo stesso impegno nella relazione, di qualsiasi natura essa sia. Non ha senso perdere tempo con chi non è aperto al dialogo. Si può essere pazienti con chi ha UNA giornata sbagliata, non la sua intera vita! Non serve dedicare tempo ed energie a chi si nasconde dietro ad “Io sono fatto così”, perché questa non è una giustificazione valida per continuare a trattare male il prossimo o per non provare ad essere migliore. Impariamo a dire di no! Se ogni tanto rifiuti l’ennesima richiesta dell’amico in crisi amorosa, o del collega stressato, non sentiti in colpa. È importante per il tuo benessere imparare a dire no!

Chiediti perché non riesci ad allontanare le persone che si approfittano della tua bontà

Dietro le scelte c’è sempre un bisogno. Qual è il tuo che ti spinge a continuare a scegliere relazioni di opportunismo? C’è chi mi racconta di voler piacere a tutti, di aver trovato un’intesa di interessi e di essere eccitato all’idea di confermare quella prima impressione. C’è chi preferisce un’amico a convenienza alla solitudine.

Di cosa, invece hai realmente bisogno?

Se ti ascolti, scoprirai che è importante per te trovare gente con cui stare bene ma allo stesso tempo sentirti libero e autentico. Qualcuno che puoi accogliere e da cui puoi sentirti accolto. Investire così tante energie su relazioni che non ti rendono felice è uno spreco che rischia di stancarti e sfiduciarti. Se ti ascolti riuscirai a comprendere su quali rapporti puntare e ti accorgerai che c’è già qualcuno pronto ad esserci per te.

Riprendi il controllo della tua vita

Più sei autonomo nel soddisfacimento dei tuoi bisogni, meno dipenderai dagli altri. Per farlo, non ti serve più quindi essere servile o piegarti totalmente ai desideri degli altri, perché sei in armonia con i tuoi valori. Nel momento in cui puoi contare su di te, non senti più le carenze che pensavi di riuscire a colmare soltanto con l’aiuto degli altri.

Quando cedi a chi si profitta di te non hai il controllo di ciò che ti accade. Che sia un figlio, tuo marito, tua moglie o un amico, quando agisci in piena serenità sai cosa fare: cacciare via di casa, allontanare chi ti fa del male. Si tratta di un gesto drastico, è vero, però sai cosa succede? Se quella stessa persona tiene a te, pur essendo stata allontanata tornerà e la tua relazione potrà fare un salto di qualità. Se così non dovesse essere, avrai sì perso una persona vicina ma con la consapevolezza che non teneva abbastanza a te e che non potrà più ferirti. A tal proposito, orrei dedicare a tutti i miei cari lettori una poesia

La soluzione è l’autoaffermazione

La differenziaziore può essere definita come la capacità di affermare se stessi anche quando siamo emotivamente e/o fisicamente molto vicino agli altri, specialmente quando questi “altri” sono molto importanti per noi. L’autoaffermazione consente di far valere i propri bisogni senza andare a discapito dell’altro, permette di conoscere l’altro per ciò che è realmente e non per le speranze, le paure e le aspettative che vivono dentro di noi.

Nelle relazioni viviamo da un lato, una spinta all’individualità e, dall’altro, la spinta alla relazionalità. L’autoaffermazione può aiutarci a trovare il nostro baricentro concedendoci l’abilità di stare in contatto con l’altro senza rischiare di perdere se stessi, di dimenticare i nostri bisogni o di condannarci a uno stato di perenne abbandono e solitudine. Se credi di vivere con un “eccesso di empatia” che ti fa identificare con l’altro, sappi che l’unica soluzione è restituirti a te stesso, concederti quei “diritti affettivi” che non ti sono mai stati concessi. Possiamo affermarci come persone complete e trasformare la nostra “empatia disfunzionale” in un’empatia sana, che ci possa “proteggere”, iniziando dalla conoscenza di sé. Allora è importante imparare a:

  • Comprendersi e non solo comprendere.
  • Accudirsi e non solo accudire.
  • Amarsi e… non solo amare.

Farti carico del tuo benessere e, in definitiva, imparare a comprenderti, accudirti e amarti, è la scelta più saggia che tu possa fare. La affermazione di sé gioca un ruolo chiave in tutti i legami e garantisce un elevato grado di appagamento anche nell’intimità. Il manuale «d’Amore ci si Ammala, d’Amore si Guarisce» è stato scritto per questo: per consentirti l’affermazione che non hai mai avuto la possibilità di viverti. Ecco perché è il libro più consigliato dagli psicoterapeuti. Lo puoi trovare su Amazon oppure in qualsiasi libreria (Ed. Rizzoli, Mondadori).

L’amore come cura.  Tratto dal libro d’Amore ci si ammala, d’Amore si guarisce”

“Le relazioni d’amore rappresentano il luogo in cui le ferite emotive del passato emergono, in cui i bisogni insoddisfatti si manifestano. Ecco perché sono l’occasione d’oro per guarire quelle stesse ferite che da troppo tempo condizionano la tua vita, non solo di coppia. Come si fa? Si parte dal rapporto con il partner, applicando il principio di non-reazione e auto-osservazione ancor prima che la lite scoppi.

Quando provi fastidio, disagio, rabbia o paura, la prima cosa che fai è re-agire: scarichi quell’emozione sul partner per smettere di viverla come se appartenesse solo a te, sposti tutto su un piano relazionale invece che interiore. Innescando il litigio (lamentandoti, criticando, urlando, attaccando o puntualizzando una mancanza) ti precludi la possibilità di esplorare quell’emozione e risanare a monte la mancanza. Con la non-reazione consenti invece a quel “fuoco emotivo” di bruciare dentro di te, ti permetti di sentirlo profondamente, senza proferire una parola, senza pilota automatico, senza assegnare all’altro l’impossibile compito di sostituirsi a te nel processo di guarigione. Semplicemente, lasci ardere quel risentimento, quell’emozione scomoda, e senti cosa ha da dirti. Il disagio è terribile, non piace a nessuno, ma il punto è che, per stare bene, è necessario passare attraverso molte sofferenze, e non sempre siamo disposti a farlo. Questo passaggio, però, diviene condizione indispensabile per garantirti una vita di coppia soddisfacente.

L’altro non può fare tutto questo per te, non può guarirti, non può soddisfare i tuoi bisogni del passato, sei tu a doverli accogliere, per darti in autonomia quel riconoscimento che ti è tanto mancato. Sei tu a concederti l’amore che cura. L’amore che hai già dentro non devi cercarlo fuori. Se, quando vai a letto la sera, sei nervoso e pensi al tuo partner, al fatto che è superficiale e ti dedica poche attenzioni, e ti logori nella convinzione che non ti tratta come vorresti, anziché andare da lui o da lei e iniziare una discussione, aumenta i tuoi livelli di attenzione.

Diventa il tuo oggetto di studio. Intraprendi un’attenta auto-osservazione: cosa muove quella sensazione di mancanza? C’è stato un episodio particolare? Da dove nasce la tua valutazione dell’altro? Grazie alla pratica quotidiana, allenandoci ad accogliere sempre queste sensazioni e soprattutto a viverle senza spostarle nella relazione, possiamo cominciare a guarire. Prendiamo coscienza che siamo noi a doverci rivolgere quelle premure che cerchiamo fuori e di cui tanto sentiamo il bisogno. Questo processo elimina dal rapporto sentimentale tre elementi logoranti: giudizio, vittimismo e compiacimento” Dal libro “D’amore ci si ammala, d’amore si guarisce” (pag 109-110)

A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
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