Nessuno ci obbliga a intessere relazioni con gli altri, a fare favori, a dedicare tempo a loro o a fare quegli atti altruistici che semplicemente vengono dal nostro cuore senza aspettarci nulla in cambio. Tuttavia, c’è chi lo considera un diritto. C’è chi pensa che questa nobiltà sia una corda a cui aggrapparsi per raggiungere i propri interessi e per questo non esita a diventare improvvisamente esigente, a pretendere da noi cose che, alla fine, finiscono per logorarci. Se ti senti così, se noti che qualcuno pratica il più raffinato egoismo approfittando del tuo buon lavoro, non esitare, metti le distanze.
Pazienza, la virtù dei forti
La pazienza è la virtù dei forti, una frase tanto emblematica quanto veritiera. Ma cos’è la pazienza? L’etimologia della parola pazienza aiuta a comprendere il significato di questo termine. Pazienza deriva dal latino patire ma anche dal greco grecopathein e pathos che vuol dire dolore, sia fisico che spirituale. Avere pazienza.. una «virtù eroica», come la definiva Giacomo Leopardi, o anche «una goccia che scava la pietra» secondo le parole di Gandhi, della quale abbiamo sempre più bisogno in tempi di impazienza, di stress.
È molto facile infatti, constatare come la mancanza di questa virtù abbia spesso dei risvolti negativi. Basta pensare agli atleti che si dopano e ci rimettono la salute o ai dottori che comprano la laurea e sono dei veri e propri incompetenti. Oppure, ai bambini che vengono accontentati in ogni loro capriccio e crescono arroganti e senza spina dorsale. E soprattutto alle opportunità sfumate perché non abbiamo voluto aspettare. La forza dell’essere pazienti sta, quindi, nella capacità di non farsi deviare dall’obiettivo. Le innumerevoli interferenze che inevitabilmente troveremo sul nostro cammino non devono mai farci cambiare strada o desistere dal portare a compimento il nostro percorso.
Ma la pazienza ha un limite!
Come appena accennato, essere pazienti e fare della pazienza una virtù aiuta ad analizzare più lucidamente la situazione, ad osservare ed essere riflessivi. E questo processo interiore deve essere sempre finalizzato a una migliore comprensione della realtà. Ma quando la nostra pazienza viene messa seriamente in discussione sopportando abusi a tal punto da sperimentare sulla propria pelle la frantumazione della propria integrità, beh forse è il caso di allontanarsi. Edmund Burke disse: “C’è un limite oltre il quale la pazienza cessa di essere una virtù”. E questo limite è quando non fa più bene a noi stessi!
Non devi importi una sofferenza se non c’è un valido motivo. Se, per esempio, qualcuno confonde la tua gentilezza con la debolezza e cerca di prevaricarti, di abusare della tua disponibilità, di approfittarsene o se accetti di subire tutto senza reagire. Ecco, quello è il momento in cui la pazienza finisce e diventa passività rendendo la tolleranza il proprio stile di vita. Vale la pena avere pazienza con chi…
- non si preoccupa dei tuoi sentimenti?
- ti butta a terra psicologicamente?
- non riconosce quello che fai per lui/lei?
- ti mette in imbarazzo?
- ti sminuisce?
- si approfitta della tua bontà?
- vuole sempre avere ragione?
Beh, direi che la pazienza ha un limite. Per ogni cosa esiste un limite invalicabile che si chiama amor proprio! Purtroppo, come spesso accade, molti approfittano dell’ autocontrollo di chi è paziente, scambiandolo per bontà d’animo, o peggio ancora per mancanza di personalità; (a volte addirittura cercano di manipolarli).
Allontanarsi da chi esaurisce la propria pazienza non è solo un consiglio, è un atto di rispetto che dobbiamo a noi stessi! Quando infatti si tende ad accumulare rancore, finiamo per sentirci lacerati interiormente, deturpati nel più profondo dell’anima.
La pazienza eccessiva può nuocere?
Se la pazienza in sé è una qualità positiva, può diventare fonte di sofferenza o frustrazione nelle mani di chi non ha le risorse necessarie perché non gli si ritorca contro. Se sono eccessivamente paziente tanto da accettare che vengano calpestati i miei diritti (fatico a dire di no, metto le richieste degli altri davanti alle mie, mi prendo in carico la responsabilità di risolvere i problemi altrui), probabilmente lo faccio perché ho paura di essere rifiutato, temo che gli altri possano farsi una idea negativa di me come persona. E questo, in genere, è dettato da un’autostima insufficiente a farci vivere con serenità il rapporto con gli altri.
Quello che si può scambiare per “troppa pazienza” in realtà è un atteggiamento passivo, che genererà probabilmente frustrazione, insoddisfazione Quando si è troppo pazienti, il rischio è quello che ad un certo punto il livello di sopportazione cali vertiginosamente. Si perde il controllo delle proprie emozioni; si esplode, con conseguenze davvero distruttive (per se stessi e per coloro che ci circondano).
E’ giusto essere pazienti, è giusto cercare di far ragionare le persone ma è altrettanto giusto tracciare dei confini e a volte lasciar anche perdere, soprattutto se una persona non è predisposta all’ascolto. Non ha senso perdere tempo prezioso con qualcuno che non mette lo stesso impegno nella relazione, di qualsiasi natura essa sia. Non ha senso perdere tempo con chi non è aperto al dialogo. Si può essere pazienti con chi ha UNA giornata sbagliata, non la sua intera vita! Non serve dedicare tempo ed energie a chi si nasconde dietro ad “Io sono fatto così”, perché questa non è una giustificazione valida per continuare a trattare male il prossimo o per non provare ad essere migliore. Impariamo a dire di no! Se ogni tanto rifiuti l’ennesima richiesta dell’amico in crisi amorosa, o del collega stressato, non sentiti in colpa. È importante per il tuo benessere imparare a dire no!
Chiediti perché non riesci ad allontanare le persone che si approfittano della tua bontà
Dietro le scelte c’è sempre un bisogno. Qual è il tuo che ti spinge a continuare a scegliere relazioni di opportunismo? C’è chi mi racconta di voler piacere a tutti, di aver trovato un’intesa di interessi e di essere eccitato all’idea di confermare quella prima impressione. C’è chi preferisce un’amico a convenienza alla solitudine.
Di cosa, invece hai realmente bisogno?
Se ti ascolti, scoprirai che è importante per te trovare gente con cui stare bene ma allo stesso tempo sentirti libero e autentico. Qualcuno che puoi accogliere e da cui puoi sentirti accolto. Investire così tante energie su relazioni che non ti rendono felice è uno spreco che rischia di stancarti e sfiduciarti. Se ti ascolti riuscirai a comprendere su quali rapporti puntare e ti accorgerai che c’è già qualcuno pronto ad esserci per te.
Riprendi il controllo della tua vita
Più sei autonomo nel soddisfacimento dei tuoi bisogni, meno dipenderai dagli altri. Per farlo, non ti serve più quindi essere servile o piegarti totalmente ai desideri degli altri, perché sei in armonia con i tuoi valori. Nel momento in cui puoi contare su di te, non senti più le carenze che pensavi di riuscire a colmare soltanto con l’aiuto degli altri.
Quando cedi a chi si profitta di te non hai il controllo di ciò che ti accade. Che sia un figlio, tuo marito, tua moglie o un amico, quando agisci in piena serenità sai cosa fare: cacciare via di casa, allontanare chi ti fa del male. Si tratta di un gesto drastico, è vero, però sai cosa succede? Se quella stessa persona tiene a te, pur essendo stata allontanata tornerà e la tua relazione potrà fare un salto di qualità. Se così non dovesse essere, avrai sì perso una persona vicina ma con la consapevolezza che non teneva abbastanza a te e che non potrà più ferirti.
Pensi di conoscerti davvero?
Fin dalla nascita, mentre cresciamo, da un lato affiora la nostra personalità e dall’altro il nostro senso d’identità. Personalità e identità hanno un legame indissolubile. L’identità è un contenitore enorme che, al suo interno, raccoglie anche la personalità. Per semplificare, in vero stile Psicoadvisor, ti diremo che l’identità risponde alla domanda «chi sei». Chi sei per te stesso a un livello più intimo e interiore, chi sei per gli altri in una dimensione interpersonale e, infine, chi sei per la società.
L’identità ha quindi due prospettive: una interna e una esterna. Quando non riusciamo a rintracciare e validare la nostra lente interna, finiamo spesso per osservarci con un occhio esterno. I pasticci iniziano qui: sentendoci intrappolati nelle visioni altrui andiamo avanti assecondando il modo in cui gli altri ci vedono oppure, in netta antitesi, ci sforziamo di disconfermare le visioni altrui, ci ribelliamo ma, ancora una volta, non diamo spazio a ciò che vorremmo davvero per noi stessi. È così che perdiamo la nostra autenticità. Tutto questo, infatti, si riflette sul “come siamo”, ha un impatto sul nostro comportamento, sulle nostre reazioni emotive e, in definitiva, sulla nostra personalità.
La soluzione è l’autoaffermazione
La differenziaziore può essere definita come la capacità di affermare se stessi anche quando siamo emotivamente e/o fisicamente molto vicino agli altri, specialmente quando questi “altri” sono molto importanti per noi. L’autoaffermazione consente di far valere i propri bisogni senza andare a discapito dell’altro, permette di conoscere l’altro per ciò che è realmente e non per le speranze, le paure e le aspettative che vivono dentro di noi.
Nelle relazioni viviamo da un lato, una spinta all’individualità e, dall’altro, la spinta alla relazionalità. L’autoaffermazione può aiutarci a trovare il nostro baricentro concedendoci l’abilità di stare in contatto con l’altro senza rischiare di perdere se stessi, di dimenticare i nostri bisogni o di condannarci a uno stato di perenne abbandono e solitudine. Se credi di vivere con un “eccesso di empatia” che ti fa identificare con l’altro, sappi che l’unica soluzione è restituirti a te stesso, concederti quei “diritti affettivi” che non ti sono mai stati concessi. Possiamo affermarci come persone complete e trasformare la nostra “empatia disfunzionale” in un’empatia sana, che ci possa “proteggere”, iniziando dalla conoscenza di sé. Allora è importante imparare a:
- Comprendersi e non solo comprendere.
- Accudirsi e non solo accudire.
- Amarsi e… non solo amare.
Farti carico del tuo benessere e, in definitiva, imparare a comprenderti, accudirti e amarti, è la scelta più saggia che tu possa fare. La affermazione di sé gioca un ruolo chiave in tutti i legami e garantisce un elevato grado di appagamento anche nell’intimità. Il mio nuovo libro “Il mondo con i tuoi occhi” l’ho scritto per questo: per consentirti l’affermazione che non hai mai avuto la possibilità di viverti.
Curare i nostri legami, le nostre ferite, i nostri conflitti… curare il nostro benessere, è un dovere imprescindibile che abbiamo verso noi stessi. Allora impara a farlo, impara a rivendicare il tuo posto nel mondo a guardarti con i tuoi occhi….. Ed è quello che ti auguro. Se senti che è giunto il momento di costruire una vita che rifletta veramente chi sei, liberandoti dalle pressioni esterne e interne, questo percorso di crescita personale è ciò che fa per te. Cinque capitoli che ti porteranno alla scoperta di quel potenziale che, da troppo tempo, è assopito dentro di te e non chiede altro di esplodere! Il libro “Il mondo con i tuoi occhi” puoi ordinarlo qui su Amazon oppure in libreria.
A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
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