Io non ho bisogno di nessuno: la contro-dipendenza affettiva

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor
Illustrazione di Roberta Guzzardi

Avrai sicuramente sentito parlare di dipendenza affettiva, si tratta ormai di un termine di uso comune. Discorso diverso per la contro-dipendenza, concetto ancora poco diffuso e usato solo dai professionisti della salute mentale. La contro-dipendenza cammina sul binario parallelo, ma in senso contrario, della dipendenza affettiva. Fai attenzione! La contro-dipendenza ha poco o nulla a che fare con l’anaffettività anche se alla base potrebbero esserci meccanismi simili ma con effetti diametralmente opposti.

La teoria della contro-idipendenza

La contro-dipendenza si manifesta con uno stato in cui il soggetto rifiuta l’attaccamento e nega il bisogno dell’altro. In alcuni casi, la contro-dipendenza può sfociare in un senso di onnipotenza (posso tutto da me e non ho bisogno di nessuno!) e può essere il sintomo nelle forme più auto-distruttive del narcisismo. In molti casi, la contro-dipendenza può sfociare nell’isolamento emotivo, nel ritiro sociale e nella depressione. Così come l’anaffettività e la dipendenza affettiva, anche la contro-dipendenza pone le sue radici nella trascuratezza emotiva sperimentata nell’infanzia.

Genesi della contro-dipendenza

Stando a diversi autorevoli autori (come Selma Fraiberg, psicoanalista ed esperta nella salute mentale infantile), le radici della contro-dipendenza potrebbero risalire all’età dei 2 – 3 anni, quando il bambino sperimenta la fase del No.

Con la fase del no, il bambino diventa un piccolo ribelle, quasi come se volesse affermare un primo distacco dalla madre. Quando la madre ha difficoltà ad accettare il bisogno di distanziamento attivo del bambino, il piccolo potrebbe inconsciamente  rimanere bloccato in una perenne ricerca di indipendenza. Da adulto non solo cadrà nella contro-dipendenza ma potrà mostrarsi capriccioso, immaturo e ribelle.

La teoria di Selma Fraiberg è affiancata da altre teoria secondo le quali la contro-dipendenza potrebbe essere un mero meccanismo di difesa atto a proteggersi dal dolore e a lenire un’ancestrale ferita.

Il bambino, rifiutato, non amato e non sapientemente accudito dal genitore, da grande, eviterà di instaurare legami profondi per non sperimentare di nuovo il dolore del rifiuto. In questo contesto, il bambino non è ribelle o capriccioso, ma impara ben presto a badare a se stesso e contare sulle proprie forze. Da adulto, sarà avvolto da una serie di corazze atte a distanziarlo da ogni sorta di legame eccessivamente profondo.

Il controdipendente nelle relazioni amorose

L’atteggiamento apparentemente indipendente del controdipendente può fungere da attrattivo per i co-dipendenti e per chi soffre di dipendenza affettiva creando delle coppie dove le dinamiche sono destinate a essere disfunzionali.

Il dipendente affettivo che si relazione con il controdipendente, nel tentativo disperato di “soddisfarlo”, finisce per annullarsi. Il dipendente affettivo, nel sacrificio di sé non sa più chi è, cosa vuole e di cosa ha bisogno. Inoltre, per contro-dipendente, la normalità del rapporto è percepita come noiosa e, per questo motivo, il contro-dipendente cercherà sempre di innescare, in un modo o nell’altro, crisi di coppia.

Il dipendente affettivo è portato ad agire come se l’amore dovesse essere conquistato attraverso il sacrificio, così, la storia tra dipendente affettivo e contro-dipendente può andare avanti per molti anni. Al contrario, se il contro-dipendente si lega a un adulto sicuro che sa bene cosa è l’amore, la relazione non durerà a lungo. Il contro-dipendente finirà per sfinire il partner che, non avendo la pretesa di “salvarlo”, finirà per cercare il vero amore altrove.

Ancora, se il controdipendente si lega con un anaffettivo (ipotesi plausibile ma meno diffusa perché per penetrare le cinta murarie dell’anaffettivo è necessaria una dose di perseveranza che generalmente solo chi soffre di dipendenza affettiva può avere!), la relazione può andare avanti a oltranza e ognuno baderà a sé più che vivere un reale scambio reciproco.

Io non ho bisogno di nessuno

Il contro-dipendente risolve il proprio bisogno dell’altro attraverso la negazione e l’inibizione del naturale sistema di attaccamento. Quindi:

  • Preferisce fare le cose per conto suo
  • E’ portato a contare solo sulle sue forze
  • Gli è difficile chiedere aiuto
  • Tende a sentirsi a disagio nelle relazioni più strette

Il contro-dipendente basa la sua vita sull’autosufficienza e non riesce ad accettare che la sua felicità e la sua soddisfazione possano dipendere da un altro.

Al contrario dell’anaffettivo totalitario, il contro-dipendente può vacillare e far affiorare la sua vulnerabilità. I sentimenti dimenticati possono riaffiorare in una fase particolare della vita: con la nascita di un figlio, a seguito di un incidente o di un evento improvviso e significativo. Quando ciò accade, il contro-dipendente può sentirsi smarrito, sbagliato e può provare rabbia.

Il contro-dipendente ha una grave e cronica difficoltà ad accedere alle proprie emozioni: non sente niente per se stesso e spesso non è neanche in grado di esprimere empatia per l’altro.

Scissione della propria identità

Quello che si verifica in questi casi  è una scissione tra il vero sé, l’inconscio (sempre carico di bisogni) e il falso sé, cioè la propria immagine (indotta anche dal subconscio rigido e giudicante).

Il “vero sé” viene represso e negato mentre l’immagine viene coltivata in modo spasmodico al punto tale da diventare la struttura portante dell’intera personalità: una sovrastruttura all’apparenza solida ma costruita su bisogni inespressi e paure.

L’immagine (la sovrastruttura) essendo totalmente distaccata dal proprio sé profondo, non consente di sviluppare una struttura di personalità stabile e solida. Si tratta di un castello di cartapesta, un grattacielo altissimo che ostenta stabilità ma che può essere spazzato via alla prima burrasca.

A quel punto, in superficie sorgerebbero le paure e i bisogni dettati dall’inconscio, così come la rabbia e il giudizio del subconscio e una forte confusione legata alla mancata conoscenza del sé. Chi prima poteva affermare “Io non ho bisogno di nessuno” si sentirà spaventato e disorientato ma anche in preda alla rabbia e all’impotenza.

Come uscirne: esperienze emotive correttive

Se ti sei riconosciuto nel profilo del controdipendente, potrebbe essere una scelta saggia iniziare un percorso psicoterapeutico. E fare tanta introspezione, dovrai imparare a:

  • Riconoscere, ascoltare e assecondare i tuoi bisogni.
  • Accettare che, come tutti, anche tu hai bisogno di essere amato.
  • Sperimentare e apprendere nuovi modi di stare in una relazione in cui donarsi e ricevere siano bilanciati.
  • Impara a rimanere nella relazione e affidarti all’altro.
  • Impara a riconoscere i tuoi bisogni e quelli dei tuoi cari.
  • Accetta che non puoi cambiare il passato.
  • Accetta che il genitore che meritavi non è mai esistito ma che oggi, da adulto, i legami puoi crearli tu.

Da un punto di vista relazionale, dovrai dare nuovi feedback al tuo inconscio così da ridimensionare la tua immagine e ristrutturare il tuo vero sé. Come? I feedback si raccolgono con le esperienze.

La qualità dell’esperienze che fai è importantissima perché quello che vivi può rinforzare la tua immagine o ridimensionarla. Le relazioni che instauri possono diventare per te una grande risorsa o viceversa un grande limite. Instaurare relazioni con chi soffre di dipendenza affettiva non farà altro che rafforzare la tua sovrastruttura.

Ricorda che abitualmente, i membri di una coppia alternano i propri ruoli si prendono cura l’uno dell’altro ed entrambi forniscono e chiedono aiuto. Entrambi i partner sanno accudire ma si lasciano anche accudire. Sanno stare insieme ma tollerano anche la solitudine. Modulano la distanza relazionale in modo da trovarsi a metà strada.

So che tu adesso non sei capace di tutto questo, ma so anche che con tanto lavoro e un percorso psicoterapeutico, potrai imparare ad accedere ai tuoi stati interiore, far affiorare le emozioni nascoste e allontanare definitivamente ogni sensazione di vuoto. Quel tuo non ho bisogno di nessuno, è solo una maschera, abbi il coraggio di lavorare sodo per metterla via!

Una lettura preziosa

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Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in neuropsicobiologia
Autore del libro “Riscrivi le pagine della tua vita” edito Rizzoli
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