La capacità di regolare le proprie emozioni è in stretta relazione con lo sviluppo delle abilità relazionali. Tale relazione è di tipo biunivoco (Corsano e Cigala 2004) ovvero quando il bambino apprende, nel corso del suo sviluppo, a regolare le proprie emozioni, acquisisce anche le risorse mentali per affrontare sia le relazioni interpersonali positive sia le relazioni conflittuali, in quanto sarà una persona in grado di comprendere le emozioni degli altri, attribuire loro intenzioni ed aspettative e, a loro volta, le relazioni sociali soddisfacenti rappresenteranno per lui un contesto per l’apprendimento di ulteriori modalità per regolare le proprie emozioni in modo efficace.
I vari aspetti della regolazione emozionale, essendo questa così importante sia a livello personale che relazionale, sono stati oggetto di studi in psicologia e in psicopatologia dello sviluppo (Cole et al, 1994; Southam-Gerow e Kendall 2002): più nello specifico tali studi hanno voluto indagare da una parte la capacità di regolazione emozionale in bambini che presentano particolari disturbi dello sviluppo, dall’altra quale tipo di influenza possono avere i contesti problematici sullo sviluppo di tale capacità (Raver, 2004) come ad esempio, i contesti familiari caratterizzati da bassi livelli socio-economici, il maltrattamento e la presenza di sintomi depressivi nella figura genitoriale.
Relativamente alle ricerche in ambito clinico la disregolazione emozionale, così come l’eccessivo controllo delle proprie emozioni, molto spesso correlata con difficoltà nella comprensione emotiva, sono state messe in relazione con diverse forme di psicopatologia sia nei bambini che nei genitori.
Diverse ricerche mettono in evidenza infatti come una scarsa regolazione delle emozioni, sia positive che negative, risulti associata a problemi esternalizzanti del comportamento del bambino, sia in contesto scolastico che familiare, mentre una eccesiva inibizione nella regolazione delle emozioni è correlata a problemi internalizzanti e all’ansia sociale (Eisemberg et al, 1996; Rydell et al, 2003; Rydell et al, 2007).
I disturbi emozionali dovuti al ridotto controllo di tipo inibitorio sono tra le manifestazioni più tipiche dell’alterata regolazione emozionale e possono presentarsi, in modo variabile, con l’aggressività verbale e/o fisica, l’impulsività, l’irascibilità, l’iperattività, l’eccessiva esuberanza o i disturbi della condotta.
In letteratura esistono diversi studi che indagano la capacità di regolazione emozionale in bambini con deficit dell’attenzione ed iperattività ADHD (Pozzoli e Gini 2007): associata a tale disturbo si osserva una scarsa competenza nella regolazione emotiva e vi sono differenti modelli esplicativi che tentano di spiegare le relazioni tra la capacità di regolazione emotiva, l’espressività emotiva, le capacità cognitive e i disturbi della condotta.
Ad esempio, in uno studio di Casey (1996) i bambini con diagnosi di disturbo oppositivo provocatorio, disturbo della condotta, ADHD sono stati confrontati con bambini con disturbo depressivo: dalla ricerca emerge che i bambini con ADHD durante situazioni di gioco condiviso, manifestano espressioni facciali e cambiamenti della mimica in misura maggiore rispetto sia a bambini appartenenti al gruppo di controllo sia a bambini con disturbo oppositivo provocatorio e disturbo depressivo. Manifestano inoltre una maggiore difficoltà nella gestione delle proprie emozioni correlata alla capacità di modulazione attentiva.
La gestione delle emozioni e la capacità di modulazione attentiva sono due sistemi ad influenza reciproca: la funzione regolatoria dell’attenzione nel bambino cresce progressivamente e gli permette di acquisire una sempre maggiore capacità di controllo. Allo stesso tempo una maggiore capacità di modulazione dell’attenzione permette al bambino di focalizzarsi sugli stimoli sensoriali, coordinandoli tra loro e facilitando la regolazione dei sistemi di reazione, con la conseguente organizzazione delle risposte comportamentali ed emotive (Reider e Cicchetti, 1989).
I disturbi emozionali caratterizzati invece da eccessivo controllo inibitorio sono legati a problemi internalizzanti nel bambino correlati ad ansia, paura, vergogna, bassa autostima, tristezza e depressione.
Una conseguenza in ambito clinico della inibizione del processo di regolazione emozionale è l’alessitimia, che è caratterizzata dalla difficoltà nell’identificare le emozioni, nel distinguerle dalle sensazioni corporee che si accompagnano all’attivazione emotiva, oltre che da difficoltà nel descrivere agli altri i propri sentimenti, con processi immaginativi limitati e poveri di fantasie ed uno stile cognitivo legato allo stimolo ed orientato all’esterno.
L’alessitimia inoltre costituisce una predisposizione aspecifica verso disturbi somatici e psichici caratterizzati da una comune matrice di disregolazione affettiva (Porcelli 2004): le persone alessitimiche non sarebbero incapaci di provare le emozioni quanto, piuttosto, sarebbero predisposte a provare stati affettivi indifferenziati e scarsamente regolati tanto che, talvolta, le loro esperienze emotive possono anche manifestarsi in maniera intensa, non modulabile ed elaborabile.
Alcuni studi hanno analizzato la capacità di regolazione delle emozioni in bambini con difficoltà di apprendimento: ad esempio nella ricerca di Bauminger e Kimhi-Kind (2008) emerge che i bambini con difficoltà di apprendimento presentano minori capacità di regolazione delle emozioni, una minore sicurezza nella relazione di attaccamento e maggiori difficoltà di processamento delle informazioni rispetto al gruppo di controllo. La ricerca evidenzia anche come i bambini che si rivelano più competenti nella regolazione delle emozioni e mostrano maggiore sicurezza emotiva sono anche più abili nell’elaborazione delle informazioni.
È chiaro quindi come vi sia una importante influenza della regolazione delle emozioni sullo sviluppo delle capacità cognitive.
Per quanto riguarda invece l’influenza del contesto di appartenenza sulla disregolazione emotiva, le ricerche a riguardo hanno analizzato la relazione tra un contesto maltrattante e lo sviluppo della capacità di regolazione emotiva, mettendo in evidenza come i bambini vissuti in tali contesti non siano in grado di autoregolarsi, sperimentando e manifestando una maggiore emotività negativa (Shields e Cicchetti, 1998).
Questi bambini sono inoltre più distraibili ed iperattivi rispetto a quelli che non vivono in contesti maltrattanti. Gli aspetti di disregolazione emozionale si manifestano soprattutto nella modulazione del comportamento, dell’attenzione e dell’emozione, aspetti importantissimi per l’adattamento sociale in quanto favoriscono lo sviluppo del Sé, una buona realizzazione scolastica e relazioni interpersonali soddisfacenti.
I bambini maltrattati hanno una percezione distorta del pericolo e di fronte ad esso la disregolazione delle emozioni si manifesta come aggressività reattiva, la quale a sua volta incoraggia negli altri atteggiamenti negativi nei confronti del bambino: queste modalità di funzionamento sarebbero mantenute dai bambini perché, nonostante siano disadattive sia nelle relazioni con i coetanei che con gli insegnanti, permettono comunque di mantenere una coerenza interna funzionale all’interazione con il contesto familiare maltrattante.
Da un ulteriore studio (Shipman e Zeman, 2001) su bambini maltrattati in età scolare è emersa la tendenza ad inibire le espressioni di emozioni negative, come la rabbia e la tristezza, rispetto a bambini della stessa età non maltrattati. Questi bambini inoltre si aspettano più conseguenze negative come punizioni o rimproveri e meno supporto materno di fronte alle loro espressioni di emozioni negative.
Per quanto riguarda invece l’influenza della sintomatologia depressiva del genitore sullo sviluppo della regolazione emotiva, alcune ricerche hanno evidenziato che, già dall’età di 2 anni, i bambini di madri depresse presentano un’inibizione a livello del comportamento e all’età di 4 anni esprimono meno emozioni positive (Feng et al. 2008).
A cura della dott.ssa Eugenia Ferrovecchio
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