La persona medusa: tiene tutti a distanza

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor
La «persona medusa» ha imparato a impostare confini abissali tra sé e l’altro: se ferisce prima di essere ferita, allora sarà al sicuro.

Con il loro corpo planctonico e i tentacoli urticanti, le meduse non godono di grande popolarità, eppure sono creature stupende. Presenti sulla terra ancora prima dei dinosauri, con la loro capacità di adattamento, le meduse hanno superato eventi estremi come l’estinzione di massa del Cretaceo e diverse glaciazioni: esattamente come molti esseri umani, le meduse sono delle autentiche sopravvissute.

Gli esseri umani sopravvissuti ad eventi avversi, hanno imparato a mantenere le distanze: non hanno tentacoli con cellule urticanti (cnidociti) ma dispongono di un altrettanto efficace veleno: la rabbia. La rabbia, proprio come le nematocisti  (cellule velenifere contenute nei cnidociti) ferisce e tiene alla larga gli altri.

I sopravvissuti al trauma hanno imparato a impostare confini abissali tra sé e l’altro: se riescono ad essere abbastanza aggressivi, le altre persone non si legheranno, se feriscono prima di essere feriti, allora saranno al sicuro. L’irritabilità e la rabbia divengono dei mezzi difensivi che però possono confinare alla solitudine; come il “sopravvissuto umano” anche la medusa che popola mari e oceani naviga in solitaria.

La «persona medusa» può fare a meno di tutti

In modo analogo alle meduse, i sopravvissuti hanno imparato a non fare affidamento sugli altri e si ritrovano ad affrontare sfide enormi; le meduse ferite hanno la capacità di auto-curarsi rigenerando le parti lesionate o amputate. Una medusa tagliata a metà può far crescere l’intero corpo, non si arrende mai e di certo non è un organismo così semplice come sembra.

Le meduse sono gli esseri viventi più efficienti al Mondo: si muovo senza sprecare energie, si spostano contraendosi e rilassandosi con frequenti pause intermedie: come tutti i sopravvissuti, sanno che risparmiare energie è indispensabile, perché il viaggio è ancora lungo. La «persona medusa» punta all’efficienza prima di tutto, non riuscendo a essere compassionevole con se stessa deve massimizzare gli sforzi per meritarsi un posto nel mondo.

Non è affatto vero che le meduse si lasciano trascinare dalla corrente, come i sopravvissuti al trauma, anche le meduse fanno attente valutazioni e cercano di tenere tutto sotto controllo.

La «persona medusa» ha bisogno di controllo

Il sistema nervoso delle meduse permette un raffinato monitoraggio delle condizioni esterne e mediante le informazioni raccolte, questi animali riescono a mettere in atto comportamenti organizzati (quelli delle meduse non sono semplici riflessi come si supponeva fino a qualche anno fa).  Questi meravigliosi invertebrati planctonici hanno sensori di gravità (statocisti) che rilevano costantemente la posizione, vanno in immersione in risposta a una turbolenza, riescono a evitare pareti rocciose e quando le circostanze lo richiedono, formano aggregazioni ben controllate con una modalità di nuoto direzionale orizzontale. Controllano fattori come la salinità, la corrente, la presenza di altre meduse, di cibo… Riescono a controllare un gran numero di informazioni. Analogamente, la persona medusa sente il bisogno di tenere tutto sotto controllo per muoversi in un mondo che percepisce come troppo incerto e pericoloso.

La «persona medusa» ha già toccato il fondo

Le meduse nuotano verso la profondità degli abissi quando percepiscono una bassa salinità e si dirigono verso la superficie in risposta a una stimolazione somatosensoriale:

come ogni sopravvissuto, le meduse riescono a risalire dopo aver toccato il fondo e lo fanno liberandosi dai carichi pesanti. Quando la medusa tocca il fondo, i tentacoli adesivi agganciano detriti minerali e composti organici, elementi di cui la medusa è pronta a disfarsi durante la sua risalita. Liberandosi dai carichi pesanti, la medusa rilascia in sospensione preziosi nutrimenti per altre creature marine. Nonostante le sue cellule velenifere, la medusa presta un ottimo servizio all’ecosistema.

Proprio come queste specie filogeneticamente antiche, chi ha affrontato un trauma e ha toccato il fondo può risalire e, mentre lo fa, può liberarsi di tutti i carichi che lo appesantiscono. Il sopravvissuto, man mano che si libera dei suoi fardelli emotivi, può diventare d’esempio e d’ispirazione agli altri, esercitando una forte resilienza. Nonostante il suo carico di rabbia, il sopravvissuto sa essere molto compassionevole (ma solo con gli altri), disponibile e complice. E’ pronto a dare ma non a ricevere.

I movimenti delle meduse sono ben pianificati: nelle acque della Nuova Zelanda nuotano meduse più grandi di squali, con ombrelli di oltre due metri e tentacoli che superano facilmente i 10 metri di lunghezza. Anche se hanno numerosi tentacoli, questi non si aggrovigliano mai.

Le meduse, come gli uomini, non sono immuni ai traumi

Le meduse sono estremamente resilienti, riescono ad auto-curarsi, sono tenaci, efficienti… ma non sono immuni ai traumi. Nel 1991, la NASA ha spedito alcune meduse nello spazio con la missione Spacelab Life Sciences (SLS-1)lo scopo era esaminare le capacità di adattamento di questi meravigliosi animali studiando l’influenza della microgravità nell’ambiente extraterrestre dello Shuttle Space Columbia.

Con la SLS-1, la Nasa ha portato nello spazio un carico di 2.478 piccole meduse. Alla fine della missione, le meduse hanno proliferato diventando all’incirca 60.000. Al rientro sulla terra, le meduse nate nello spazio erano inadatte alla vita terrestre. Le statocisti, cioè quei sensori che inviano informazioni sulla gravità terrestre, nello spazio non avevano avuto modo di svilupparsi compromettendo un ottimale orientamento nelle acque terrestri.

I sopravvissuti al trauma sono un po’ come quelle meduse cresciute nello spazio: si sentono inadatti alla vita, diversi da tutti gli altri terrestri, si sentono difettosi, con parti mancanti, mai abbastanza… hanno bisogno di ricordare che loro, a differenza delle meduse spaziali, sono nati sulla terra, sono completi e privi di difetti di fabbrica. Più di ogni altra cosa, i sopravvissuti al trauma hanno bisogno di accogliere quelle parti difettose (in psicologia definite come le parti ferite del sé.) e riprendere ad adattarsi in un ambiente esterno che, come qualsiasi ecosistema, ha splendide opportunità da offrire.

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