La psicologia del regalo: cosa si nasconde dietro al fare o ricevere un regalo

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Specialista e professore di Psicologia Clinica e Psicopatologia Alma Mater Sudiorum Università di Bologna, Psicoterapeuta e Psicoanalista

Regalare può essere un momento di conoscenza profonda dell’altro e un’occasione per osservare le sincere reazioni dell’anima, non tanto di cortese ringraziamento, quanto di autentica gioia.

Uno sguardo attento può riuscire persino ad interpretare quelle parti interiori che il destinatario del regalo spesso ignora di sé. Nel senso più estensivo del termine, regalare dovrebbe significare donare se stessi (e il proprio amore).

In teoria, l’atto di regalare dovrebbe presupporre l’intento di dare senza ricevere nulla in cambio

In questo modo, sembrerebbe un gesto fine a se stesso. Nella realtà, la faccenda è più complessa, perché attraverso il regalo si ottiene qualcosa in cambio: dal punto di vista psicologico i passaggi sono tanti, anche se ad un primo sguardo possono sfuggire.

Chi fa un regalo infatti riceve innanzi tutto attenzione da parte dall’altro e poi gratitudine: questi due sentimenti rimandano un’immagine di altruismo che fa molto bene al donatore. Solo in un secondo momento subentra il passaggio vero e proprio dello scambio dei doni materiali. Ciò che è essenziale per la mente, è che regalare ‘fa ottenere e tornare indietro’ qualcosa in termini di positività e calore.

Penso che il senso più profondo di un regalo si riferisca all’emozione di sentirsi più uniti. Regalare è un’azione che idealmente comunica stima e affetto. Se fatta con autenticità può sostituire le parole. Inteso come mezzo di comunicazione, avvicina le persone. Se realmente pensato per il destinatario, il regalo ne interpreta il gusto e il desiderio, sin dal momento della scelta.

Si tratta quasi di indovinare ciò che nell’altro è ancora inconscio, non ancora espresso o confessato in precedenza. Tuttavia spesso si considera solo l’aspetto consumistico del regalo, cioè l’acquisto. In questo contesto, il regalo assomiglia ad un rito.

È un atto da ripetere più per dovere che per iniziativa personale. Si cerca qualcosa in fretta e non ci si identifica con il desiderio del destinatario, non ci si mette nei panni dell’altro pensando a cosa gli piacerebbe ricevere. Pertanto a volte si regala una cosa qualunque, senza calore, guardando più alla spesa per l’acquisto che all’atto affettuoso in sé. Pensiamo al Natale: la festività religiosa evoca senz’altro l’atmosfera di festa, ma se non si riceve o non si regala nulla, ci sembra di essere soli

Purtroppo il regalo non è sempre così romantico

Nella società dei consumi, il regalo può effettivamente equivalere a una mercanzia e lo scambio di regali può essere programmato per scopi materiali o peggio calcolato per vedere esaudite richieste specifiche in futuro. In questo caso si tratta di un baratto che snatura l’essenza del regalo.

Si chiama regalo, ma non è più un dono: ti do questo perché più o meno indirettamente tu mi darai questo altro. Sotto tale aspetto il regalo potrebbe evocare una forma primitiva mascherata di mercanzia. La natura umana in questo caso poggerebbe sul concetto di mercato e di contratto.

Per evitare confusioni sul regalo o posizioni troppo nette che non giovano al benessere dato dal regalo stesso, credo che sia utile comprendere che sia il dono che il contratto siano entrambi espressioni umane che permettono di entrare in relazione con gli altri.

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