La trasformazione psicologica di Barbie nel film campione d’incassi

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor

Iniziamo con un po’ di cifre: “Barbie” ha sbancato il botteghino. In Italia ha incassato la bellezza di 7.7 milioni di euro in quattro giorni attestandosi come miglior esordio dell’anno (e siamo in piena estate…). Negli Stati Uniti ha toccato la vertiginosa cifra di 155 milioni di dollari incassati al box office.

Il film di Barbie della regista Greta Gerwing sta facendo tanto parlare di sé. Da appassionata di cinema quale sono, non potevo perderlo anche se… non ho mai avuta una Barbie, quindi non l’ho vissuto con il coinvolgimento emotivo che sicuramente ha interessato chi con le Barbie ci giocava. Il film, infatti, fa molto leva sui ricordi, sulla nostalgia e sul legame madre-figlia e, infine, tenta di proporre un’evoluzione psicologica della bambolina di plastica più discussa di tutti i tempi.

Dalla sua nascita a oggi, Barbie ha subito un mucchio di restyling, ma con il film, la trasformazione non riguarda l’aspetto fisico: l’evoluzione è tutta psicologica. Barbie tenta di dirci che non è più la bambolina prodotta all’epoca da “mamma Mattel” (l’azienda di giocattoli che l’ha ideata e commercializzata fino a oggi), cerca di spiegarci che vuole lasciarsi alle spalle gli stereotipi e che è consapevole di quanto questi siano dannosi per la società tutta, per gli uomini e, ancora di più, per le donne.

Barbie, un capro espiatorio

Gli stereotipi di bellezza che ossessionano la società non sono certo colpa di Barbie. La bambolina ne è sicuramente l’incarnazione perfetta, un simbolo della rappresentazione stereotipata della donna e, in quanto tale, facile bersaglio di disprezzo e rancori. La Barbie commercializzata a partire dagli anni ’60, propone forme completamente impossibili da raggiungere con piedini curvi i cui talloni non toccano mai il suolo! Ha un volto con occhi enormi e pelle liscia e levigata. Oggi, però, anche se le Barbie sono cambiate, a ossessionare le giovani ci pensano i filtri e le app di fotoritocco che assicurano occhi altrettanto enormi e pelle priva di imperfezioni. La nuova vera mania è diventata l’invecchiamento: oggi, infatti, sembra che alla donna sia concesso di ingrassare ma non di invecchiare. La frequenza dei disturbi alimentare sembra essersi abbassata ma il ricorso alla chirurgia estetica conservativa aumentato, così come è impossibile contare i download di app e filtri per il video e fotoediting. Quindi di cosa stiamo parlando? La Barbie degli anni ’60 non è certo la causa di tutti mali ma è solo l’ennesimo sintomo. Oggi, però, ha l’occasione di farsi apprezzare.

Con il film, vuole dirci che è più consapevole di sé, del ruolo della donna e, soprattutto, è pronta a diventare se stessa, discostandosi dal ruolo che mamma Mattel ha pensato per lei.

Un percorso che dovremmo fare anche noi: rompere gli stereotipi invisibili

Proprio come Barbie, anche noi dovremmo essere pronti a evolvere, a discostarci dal ruolo e dall’immagine che ci hanno conferito i nostri genitori. Non dobbiamo dimenticare che, quando veniamo al mondo, il nostro corpo è completamente alla mercè dei nostri genitori. L’alimentazione, l’igiene, la cura, l’abbigliamento, è tutto gestito da chi si prende cura di noi. Solo successivamente, quel corpo, diventa nostro e, con esso, anche l’identità.

Veniamo al mondo con un nome già assegnato alla nascita, mille aspettative su di noi che ci sono e si fanno sentire, anche quando non vengono mai palesate. Non dovremmo essere un po’ tutti come Barbie? C’è chi cresce con l’immagine stampata addosso del “bravo ragazzo” che prima è stato un “bravo bambino” o ancora peggio, un “bambino adultizzato”. Altri crescono con lo stereotipo cucito addosso del “fallito”, della “pecora nera della famiglia”, quello un po’ diverso e messo da parte, quello che si sente sempre solo. Anche qui, non sarebbe bello mettere da parte le etichette?

Tutto questo per dire che gli stereotipi non sono solo sociali. I peggiori stereotipi sono quelli invisibili, sono quell’etichette che, senza volerlo, fin da bambini, ci troviamo appiccicati addosso e non sappiamo come sbarazzarcene. Sono quelle sensazioni pesanti che, almeno per qualche istante, ci fanno desiderare di non essere noi stessi. Ci fanno credere che essere noi stessi sia sbagliato. Non capendo che in realtà stiamo vivendo il condizionamento di uno stereotipo… finiamo davvero per pensare che siamo noi quelli sbagliati!

L’effetto non è solo per il corpo. Lo stereotipo del corpo femminile è qualcosa di macroscopico che è sotto gli occhi di tutti. Ma ci sono condizionamenti più subdoli e sibillini che sono in grado di disfare le nostre vite. Barbie ha capito tutto questo? Probabilmente no. In realtà il film non è così profondo, si ferma sulla superficie di quelli che sono gli stereotipi sociali. Di quello che è il patriarcato e di come le donne si ritrovino a dover lottare in un mondo fatto da uomini, per gli uomini. Ma almeno ho approfittato del film per riflettere con voi su quelli che sono gli stereotipi con i quali ci scontriamo tutti i giorni.

Un piccolo esperimento tra me e te

Facciamo un esperimento semplice. Prova a pensare al nome di sette registi. Probabilmente ti verrà in mente Quentin Tarantino, Christopher Nolan, Martin Scorsese, Steven Spielberg (…), sul fronte italiano, Paolo Sorrentino, Gabriele Muccino, Paolo Virzì… Ti è per caso venuto in mente il nome di una donna? Probabilmente no.

La regia del film Barbie è di Greta Gerwing, una donna. Questo non dovrebbe fare notizia. Eppure, come ogni cosa insolita, la fa. Nell’industria del cinema sono ancora poche le donne che dirigono film, figuriamoci poi che riescano a dirigere film ad alto budget come Barbie! Tale tendenza non si verifica perché alle donne non piace dirigere o perché non sono capaci, questo è un effetto degli stereotipi di cui tanto si parla nel film di Barbie. Allora, per equità, voglio farti ancora qualche nome: Nancy Meyers, Anna Boden, Patty Jenkins, Sofia Coppola, Greta Gerwing, Kathryn Bigelow e, sul fronte italiano, Michela Andreozzi e Giorgia Farina. Adesso conosci il nome di registe donna, inizi a rappresentartele nella tua mente. Quando qualcosa puoi rappresentartela concretamente nella tua mente, allora può diventare reale.

Barbie reinventata

Barbie nel film tenta di discostarsi dall’immagine che altri, nel tempo, hanno costruito di lei. Tenta di re-inventarsi ed è quello che dovremmo fare anche noi, tutti i giorni. Nel 2023 sono uscite Barbie curvie, Barbie extra, Barbie yoga che ha polpacci più grossi del tipico “stereotipo” filiforme.

Del film ho apprezzato molto l’ironia, le coreografie, la vivacità e dinamicità della fotografia. Poi, per il resto, come dicevo, non ho avuto il tipico coinvolgimento emotivo che ha potuto avere chi con le Barbie ci giocava. Nella mia infanzia, quella bambolina rappresentava tutto ciò che era diverso da me, un mondo al quale non sarei mai potuta appartenere. E questo mi faceva male? Sì. Ma all’epoca non me ne rendevo ben conto: come tutti, anche io sono stata “addestrata” a ignorare le mie sensazioni per sorridere e accondiscendere, come ogni brava bambina dovrebbe fare. Poi ho reinventato me stessa? Certo. Ma questa è un’altra storia che, francamente, auguro anche a te!

Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in psicobiologia
Autore del bestseller «Riscrivi le pagine della tua vita» (tradotto in 5 lingue) e del libro più consigliato dai terapeuti «d’Amore ci si Ammala, d’Amore si Guarisce».
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