La vita continua: come rafforzare l’autostima durante una pandemia

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

 

Fermi, a casa, giorni e giorni. Privati dei soliti ritmi frenetici che fino a qualche settimana fa scandivano le nostre giornate, ci tocca schiacciare il tasto pausa da tutti i nostri impegni.

Mettere in stanby la nostra vita per poi riprendercela quando tutto sarà finito, come se fosse stato solo un brutto sogno da lasciarci rapidamente alle spalle, potrebbe essere allettante…  Ma non lo è… e dunque ci tocca fare i conti con la realtà; le nostre vite non sono in pausa! Anzi, dentro la quarantena  la vita è più intensa di prima.

Credere che la nostra vita sia in pausa ci porta a due tremendi errori: vivere questa dolorosa esperienza senza apprendere nulla e pensare che quando ne usciremo riprenderemo tutto dallo stesso punto in cui ci siamo fermati.

La vita continua, che ci piaccia o no

La sofferenza in sé non insegna nulla.  Ma il modo in cui affrontiamo questa sofferenza può rafforzarci. Non possiamo evitare ciò che sta accadendo. Ma possiamo assicurarci che tutto ciò che sta accadendo non sia in vano.

Cercare di distrarre la mente con delle banalità, per non pensare troppo alle preoccupazioni che crescono sempre di più nella nostra testa, è legittimo. Per un po’. Ma non dovrebbe essere la nostra strategia maestra. Smettiamo di fare la caccia alle streghe, di domandarci di chi è la colpa o perché è accaduto tutto questo. Ora, più che mai, abbiamo bisogno di riflettere. Fare delle congetture,  cercare il colpevole di turno ci nega in anticipo la possibilità di un cambiamento che trasforma.

E quando tutto finirà?

“Negli ultimi duecento anni o più, il mondo è andato sempre più veloce. Ma tutto ciò è stato interrotto. Viviamo in un momento unico di calma. Stiamo vivendo un momento storico di rallentamento, come se giganteschi freni fermassero le ruote della società”, dice il filosofo Hartmut Rosa.

Quella frenata improvvisa ci ha lasciato attoniti. Perché il peso dell’imprevisto si è aggiunto al disastro. Ma può servirci. Non per mettere in pausa la nostra vita, ma per rimetterla in carreggiata.

Il mondo a cui torneremo non sarà più lo stesso. Il trauma è stato troppo grande. Molte persone non saranno le stesse. Hanno perso i loro cari senza nemmeno avere la possibilità di dirgli addio. Senza poterne piangere la morte in famiglia. Altre persone hanno perso il loro sostentamento economico e con esso la stabilità e i progetti di vita.

Prima o poi tutto questo finirà, e dopo, forse e se avremo usato bene il nostro tempo, ci ritroveremo a pensare che era una pausa necessaria per recuperare un contatto più consapevole con noi stessi e quello che eravamo diventati.

Ora siamo una società che è stata lasciata nuda di fronte alla sua vulnerabilità. E questo lascia il segno. Dobbiamo tenerlo presente quando finalmente le porte si apriranno e riempiremo nuovamente le strade. E il tempo di prepararsi è adesso. Quindi dobbiamo assicurarci di non andare in pausa. Non cedere all’apatia che disattiva il nostro pensiero. Non arrenderci alla depressione che ci affonda, all’anedonia che ci disconnette.

Invece, dobbiamo continuare a combattere. Per chi amiamo. Per il mondo che vogliamo. Con le armi che abbiamo. Perchè quando si ritornerà alla normalità, dovremo essere pronti a rimetterci in  discussione

La psicologia ci insegna che quando non possiamo intervenire sugli eventi esterni possiamo intervenire sui sentimenti interni, provando a modificare il nostro punto di vista sugli eventi. È ormai riconosciuto che, alla fine, soffre meno e ha più probabilità di superare i momenti difficili chi riesce ad attribuire un significato e un senso a quello che sta vivendo e soprattutto chi riesce a proiettarsi in uno scenario futuro.

Nei momenti difficili, dunque, vince chi si sforza di costruire nonostante tutto, scenari e progetti futuri, e riesca a far diventare costruttive anche le esperienze più brutte.

Proviamo a capire se questo stop può comunque avere un significato all’interno del nostro percorso di vita: se per esempio ci impedisce di realizzare un progetto, per il quale magari ci rendiamo conto di non essere ancora pronti; se ci costringe a rimandare decisioni che comunque non volevamo prendere; se ci permette di riflettere di più su qualcosa di importante da fare; se ci permette di prepararci meglio per un altro esame di vita. Insomma proviamo a far emergere l’aspetto positivo.

 

Cerchiamo di comprendere anche meglio la paura, sfruttando la funzione protettiva che svolge e che ci spinge a evitare comportamenti a rischio per noi e per gli altri. Se è troppo forte e impedisce di realizzare qualsiasi attività forse non è solo una paura attuale ma è possibile che i rischi attuali si siano “alleati” ad altre paure e insicurezze personali o meglio, che le insicurezze personali e le paure che ci portiamo dietro amplifichino la percezione di rischi, contagi, conseguenze… anche al di là del dato reale.

E in tal caso, può essere utile richiedere il supporto di un professionista, anche attraverso in canali tecnologici oggi a nostra disposizione. Tanti psicoterapeuti hanno attivato servizi utili alla popolazione, portando avanti varie attività di supporto grazie alle videochiamate o ai canali social.

Concediamoci i momenti di sconforto, ma facciamoli poi diventare lo spunto per potenziare altri aspetti delle relazioni, per esempio quello della comunicazione emotiva: impariamo ad esprimere i nostri sentimenti più profondi, diciamo all’altro quanto ci manca, diamo valore, esprimendolo, alla bellezza dei piccoli gesti quotidiani che ci mancano.

Per concludere….Domandiamoci cosa possiamo imparare da questo, credo che abbiamo tutti molto su cui riflettere ed impegnarci.

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