Esistono incastri relazionali, che per quanto si rivelino malsani e improbabili e pertanto destinati alla rottura, per qualche strana ragione e nonostante tutto, “resistono”. Di qualunque natura essi siano (sentimentali, amicali), si tratta di relazioni estremamente disfunzionali all’interno delle quali si configurano chiaramente due ruoli distinti e complementari fra loro: un carnefice e una vittima, la cui amalgama dà vita a dinamiche dai contorni perversi, che in una escalation senza fine alimentano un’atmosfera tossica di fondo. E’ il caso, per esempio dell’unione fra un narcisista e un empatico.
Cosa è l’empatia?
Il web è pieno di definizioni e vari usi. E’ bene però non confondere l’empatia con la compassione, etimologicamente “provare la sofferenza di qualcun altro” né tanto meno con la simpatia; avere affinità di opinioni o sentimenti- e quindi immedesimazione. I ricercatori già dagli anni ’90 hanno messo in relazione l’empatia con l’intelligenza emozionale: gli empatici hanno la capacità di ascoltare le proprie emozioni, di ascoltare le altre persone e di sentire le emozioni altrui, di esprimere le emozioni in modo produttivo, e di gestirle in modo sano e proattivo.
L’empatia, dunque è una bellissima capacità ma la sua esasperazione, che generalmente equivale all’esasperazione della sua manifestazione non è affatto positiva. Il rischio è quello di rimanere imprigionati nelle propria visione delle cose ripudiando ogni àncora esterna e rifiutando ogni apertura verso la possibilità di essere messi in discussione.
Come spiega Simon Baron-Cohen nel testo “La scienza del male”, l’empatia si esprime su livelli; dal livello zero che corrisponde alla psicopatologia di tipo psicopatico-antisociale, (individuo incapace di rimorso, gratitudine e genuino orientamento all’altro), passando attraverso diversi gradi di empatia fino ad arrivare al livello sei che configurerebbe uno sbilanciamento verso l’altro sopra la media. In questo caso entrano in gioco i meccanismi proiettivi che portano l’empatico a giudicare l’altro buono o malevolo in base a cosa di noi stessi gli proiettiamo addosso.
Le persone altamente empatiche dovrebbero capire il perché della loro forte empatia e come usano questa loro dote
Perché una persona empatica è facile da manipolare? La gente dice che “gli opposti si attraggono”, ma cosa succede quando un empatico è in una relazione con il suo opposto – un narcisista? Una psiche sana ci impedisce di cadere nella trappola di narcisisti patologici, borderline, schizofrenici, in quanto ci consente di riconoscere le altre persone, spogliarle delle loro maschere e renderle nude ai nostri occhi. Il che significa evitare relazioni rovinose o noiose, o semplicemente false perché basate solo su interessi relazionali. Ma se l’empatia è unita a problemi psicologici, ciò che attrarrà dell’altro è la proiezione della propria parte malata, finendo per invischiarsi in una relazione disturbata.
L’empatico che si trascina un difficile vissuto emotivo riuscirà a intravedere quel vuoto, quella ferita, quel dolore per una mancanza profonda di amore e si convincerà che l’amore può sanare ogni ferita. Il suo amore, insomma, saprà colmare l’enorme vuoto affettivo e di autostima del/della narcisista o della persona emotivamente instabile in genere.
Ciò che un empatico non sa tuttavia, è che un narcisista o una persona emotivamente instabile e immatura, entra in una relazione (stabile o meno stabile) con il solo intento di approvvigionarsi di energia vitale senza dare nulla in cambio; per questo, indossa dapprima una maschera di ideale d’amore per entrare nel rapporto e una volta terminata la fase di conquista, si metterà “a riposo”, iniziando a negarsi e a rifiutare di fornire anche le minime attenzioni, che ci si attenderebbe in un rapporto di coppia.
L’intento del narcisista è farsi ammirare, ricevere quelle attenzioni e quelle cure che, con tutta probabilità sono mancate durante l’infanzia e che l’empatico si sente in dovere di fornire.
Per riuscire in questo intento, il narcisista di turno inganna l’empatico asserendo di non poter più dare in quella relazione, non tanto perché non ne ha capacità, ma perché l’empatico non si è comportato bene. Tenderà dunque a spingere la persona empatica a sentirsi costantemente in colpa, al fine di innalzare i suoi livelli di prestazione emotiva: “tu devi darmi di più e allora io, quando avrò ciò che merito e desidero, ti ripagherò, comportandomi cosi come ho fatto all’inizio del rapporto”.
Inizialmente quindi il narcisista si vende molto bene all’empatico, fingendo di essere una vittima, chiedendo aiuto e appoggio emotivo, o mostrandosi ammirevole e valoroso. L’empatico può innamorarsi o semplicemente provare affetto e compassione per il personaggio recitato dal narciso, e quindi impiegherà le sue energie in quello che gli sembra una giusta causa, diventando la fonte primaria di nutrimento narcisistico, anche dopo che il narcisista avrà smesso di recitare il personaggio meraviglioso iniziale.
Quando l’empatico diventa vittima del narciso, è ridotto al rango di co-dipendente
L’empatico è tendenzialmente ingenuo e fa una fatica incredibile a capacitarsi del fatto che esistano persone prive di scrupoli, di etica, di buoni sentimenti e di morale. Quindi trascurerà le discrepanze tra il personaggio favoloso recitato dal narciso e il vero, orribile essere che trapela qua e là man mano che la relazione con il narciso procede. Per evitare che gli crolli il mondo addosso, l’empatico si sentirà costretto a credere all’esistenza di quella persona meravigliosa. Il narcisista e l’empatico entrerebbero nel rapporto con lo stesso intento “narcisistico”: convalidare il proprio valore e colmare i propri vuoti affettivi.
L’empatico tenterà di farlo annullando se stesso, vivendo per e attraverso l’altro, dando e aspettandosi gratitudine incondizionata in cambio, mentre il narcisista lo farà innalzando se stesso e vivendo nutrendosi dell’altro, prendendo e non dando nulla in cambio, per il solo fatto che il suo valore deve essere garantito dalla conferma costante del suo non dover avere doveri, tranne quello di esistere.
Anzi, il narciso darà la colpa delle proprie malefatte all’empatico: non gli fornirebbe abbastanza amore e adorazione. Questo comportamento porterebbe l’empatico ad addossarsi tutte le colpe della relazione al punto da convincersi che per sanare la situazione, lui o lei debba dare, dare sempre di più, fino ad essere totalmente prosciugato/a.
Il grande paradosso!
Il grande paradosso che un empatico vive nella relazione con un narcisista è quello di sentirsi in un contesto familiare in una relazione costellata di instabilità, svalutazioni ed aggressioni. In questo modo l’empatico non riesce mai ad esprimere e a soddisfare i propri bisogni, sempre in attesa che il narcisista lo faccia per lui. Dopo aver provato per migliaia di volte queste dinamiche fino ad essere travolto dalla sofferenza e dal dolore, l’empatico può arrivare al punto di essere stanco di essere vessato e punito ed e’ costretto a scegliere tra se stesso e il narcisista. Solo da questo momento in poi inizia la risalita grazie al fatto di prendere atto che solo lui stesso può prendersi cura di sé.
L’empatico deve tenere presente che nella relazione con un narcisista non esiste il senso del dare e del ricevere, la reciprocità affettiva ed emotiva e’ completamente assente, l’empatico dona e il narcisista prende ad oltranza senza mai ricambiare. Solo quando l’empatico ha tentato più e più volte di riconquistare l’affetto di un narcisista per ripristinare l’idealizzazione che ha di lui, sarà giunto al punto in cui dovrà guardarsi dentro e chiedersi se vuole continuare ad elemosinare affetto per essere riconosciuto o iniziare a prendere atto delle proprie ferite emotive e cominciare a curarle da solo.
In ogni caso, vale la pena di sottolineare che sia l’empatico sia il narcisista sono vittime di abusi emotivi!
Il ruolo genitoriale è davvero importante e un padre e una madre dovrebbero ricordare sempre che se è sano orientare e correggere i comportamenti, è invece dannoso e abusante censurare, umiliare o disconfermare le espressioni emotive.
Come lasciare un partner narcisista
Più facile a dirsi che a farsi, direte voi! E sono d’accordo, lo è. Riprendersi dopo la fine di una relazione con un narcisista è ancora più complesso. Chi è vittima di una relazione con un narciso si sente una persona vuota, inutile, inadeguata. Deve ricostruire la sua vita e, ancor prima, un’immagine positiva di se stessa.
Voglio dirtelo dal profondo del mio cuore, “lasciar andare” è il primo potente passo per disintossicarti. Cosa significa veramente “lasciar andare”? Significa riconoscere che questa persona ti sta distruggendo e non può rimanere nella tua vita, quindi hai bisogno di staccarti. Lasciar andare è un potente atto d’amore verso se stessi.
È difficile perché tutto dentro di te ti urla di non farlo. Vuoi giustizia. Vuoi un riconoscimento. Vuoi ritenere questa persona responsabile. Vuoi che paghi per il danno che ti ha fatto. Capisco tutto questo, ed è completamente giustificabile. Eppure, rimanere aggrappati porta più tossicità e veleno in ogni aspetto della tua vita. A questo fine sarà fondamentale comprendere i motivi che ti hanno portata/o a legarti a una persona del genere: bassa autostima? tendenza alla dipendenza? Ricerca di partner simile alla tua figura paterna/materna? Analizza quindi la tua esperienza di vita per consentirti di elaborare l’accaduto e di essere finalmente un passo più vicina/o alla Libertà e alla riconquista di una sana autostima.
Una lettura preziosa
Se vuoi finalmente costruirti il tuo spazio, fai mille passi indietro, allontanati da chi non sa amare e inizia a costruire le tue consapevolezze. Sai, ho scritto un libro che è diventato il testo più consigliato dagli psicologi. S’intitola «Riscrivi le Pagine della Tua Vita» e ti spiego come ripartire da te stesso per costruire il tuo spazio personale, entro quale prosperare e nel quale far entrare solo chi è davvero degno del tuo amore. Lo trovi in tutte le librerie e online su Amazon.
A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
Autore del libro Bestseller “Riscrivi le pagine della tua vita” Edito Rizzoli
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