Le 10 frasi più usate da chi è passivo-aggressivo

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

Ci sono parole che non sembrano offensive. Parole dette con un sorriso, con tono neutro, a volte persino con una gentilezza che confonde. Ma proprio in questa apparente innocuità si nasconde il cuore di uno dei comportamenti relazionali più logoranti e invisibili: la passività aggressiva.

Essere vittima di un comportamento passivo-aggressivo è come affondare lentamente nelle sabbie mobili. Non c’è un attacco diretto, nessun urlo, nessuna scena plateale. Eppure qualcosa fa male. E quando provi a esprimerlo, ti ritrovi a sentirti esagerato, ipersensibile o addirittura colpevole.

Chi agisce in modo passivo-aggressivo, molto spesso, non ne è pienamente consapevole

Questo comportamento nasce infatti da una difficoltà profonda nell’esprimere rabbia, delusione o frustrazione in modo diretto. Il conflitto viene evitato, ma non risolto: semplicemente, viene spostato sotto la superficie, dove fermenta e prende forma in frasi cariche di ambiguità e disconferma emotiva.

Il passive-aggressivo non dice: “Mi hai ferito.”
Dice: “No, va tutto bene. Non preoccuparti, figurati.”
Ma poi, ti ignora. Ti punisce con il silenzio. Ti lascia nel dubbio.

Le 10 frasi più usate da chi è passivo-aggressivo

Questa modalità relazionale ha radici complesse: spesso nasce in contesti in cui l’espressione della rabbia era proibita, punita o giudicata. In questi ambienti, il bambino impara che mostrare disagio è pericoloso. Così cresce imparando a dissociare l’emozione dal comportamento. Il risultato? Un adulto che non sa arrabbiarsi in modo sano, e che comunica il proprio disagio in modo indiretto, attraverso ironie pungenti, dimenticanze “casuali”, silenzi pieni di significato o frasi taglienti dette con voce dolce. Ma quali sono le frasi che rivelano questo atteggiamento? E perché fanno così male Ecco le 10 frasi più comuni e il messaggio implicito che portano con sé.

1. “Stavo solo scherzando!”

Messaggio implicito: Hai esagerato, non sei in grado di stare al gioco.
Questa frase arriva spesso dopo una frecciatina o un commento pungente. Serve a invalidare la tua reazione, spostando la colpa su di te: sei troppo sensibile, non sai ridere. Ma non era uno scherzo: era un’aggressione travestita.

2. “Fai come vuoi…”

Messaggio implicito: Ti giudico per la scelta che farai, anche se non lo dico.
Detta con tono arrendevole, spesso arriva dopo una discussione non risolta. Il contenuto è di apparente concessione, ma il sottotesto è di punizione silenziosa. È un lasciapassare carico di tensione.

3. “Va bene, hai ragione tu.”

Messaggio implicito: Mi arrendo, ma non ti darò davvero ragione.
Non è un’accettazione sincera, ma un modo per chiudere la conversazione con amarezza e disconnessione. Il problema non è risolto: è solo stato spinto sotto il tappeto.

4. “Certo che se fossi stato avvisato prima…”

Messaggio implicito: È colpa tua, io non c’entro.
Questo tipo di frase viene spesso usata per scaricare la responsabilità, pur restando in una posizione passiva. È una forma sottile di accusa senza dichiararla apertamente.

5. “Mi dimentico sempre tutto, lo sai…”

Messaggio implicito: Non voglio farlo, ma ti ci farò abituare.
La dimenticanza può diventare una forma di sabotaggio. Quando è cronica e selettiva, può essere usata come mezzo per esprimere un rifiuto senza mai verbalizzarlo chiaramente.

6. “Non importa, tanto non cambia mai niente.”

Messaggio implicito: Tu non mi ascolti e io non ci provo più.
È una frase carica di rassegnazione, ma anche di risentimento. Dietro l’apparente apatia si nasconde una rabbia che ha smesso di cercare dialogo.

7. “Scusa se esisto, allora.”

Messaggio implicito: Mi sento ferito, ma ti farò sentire in colpa per questo.
Si tratta di una frase manipolatoria, usata per spostare l’attenzione sul proprio dolore senza prendersi la responsabilità di nominarlo. È uno strumento per colpire l’altro senza esporsi.

8. “Figurati se ti chiedo qualcosa…”

Messaggio implicito: Mi sento deluso, ma preferisco allontanarmi che parlarti.
Questa frase è spesso usata quando l’altro non soddisfa un bisogno che non è stato espresso chiaramente. È una forma di rinuncia carica di veleno silenzioso.

9. “Sì sì, va tutto bene.”

Messaggio implicito: Va tutto male, ma non te lo dirò.
Detta con tono freddo o distaccato, questa frase segnala una chiusura comunicativa. Il vero messaggio è l’opposto, ma chi la pronuncia non è disposto a mettersi in gioco.

10. “Non voglio litigare.”

Messaggio implicito: Non affronterò il problema, ma te lo farò pagare in altri modi.
È la formula perfetta per evitare il confronto diretto. Ma il conflitto non scompare: si sposta sotto forma di silenzi, tensioni o comportamenti sabotanti.

Cosa c’è dietro la passività aggressiva?

Il comportamento passivo-aggressivo è un’arma di sopravvivenza nata in ambienti in cui non era possibile essere autentici. È la risposta adattiva di chi ha imparato che per esprimersi bisogna mascherarsi. Dietro questa modalità comunicativa si nasconde spesso un trauma relazionale, un attaccamento insicuro, una profonda paura del conflitto e del rifiuto.

A livello neurobiologico, il cervello di chi adotta un comportamento passivo-aggressivo può mostrare un’attivazione dell’amigdala in risposta al conflitto, ma un’attivazione insufficiente nella corteccia prefrontale dorsolaterale, deputata alla regolazione affettiva e all’inibizione delle risposte impulsive. Questo significa che la persona può “sentire” la rabbia, ma non riesce a trasformarla in parole costruttive.

In psicoanalisi, si parla spesso di “aggressività depressiva” quando l’aggressività viene ritratta, interiorizzata, o diretta in modo indiretto, perché non può essere integrata nell’immagine di sé. Il passivo-aggressivo non vuole ferire, ma non sa come guarire la propria ferita, e finisce per restituirla al mondo in forma confusa, criptica e dolorosa.

Imparare a dire “sono arrabbiato” senza far male

Il primo passo per uscire da una comunicazione passivo-aggressiva è riconoscerla. Non per colpevolizzarsi, ma per trasformarla. Dietro ogni frase ambigua c’è un’emozione che ha bisogno di un nome. Dietro ogni silenzio punitivo c’è una voce che aspetta di essere ascoltata — prima di tutto da chi lo pronuncia.

Guarire da questo schema significa reimparare la fiducia. Fidarsi del fatto che si può esprimere un bisogno senza essere abbandonati. Che si può dire “mi sento ferito” senza essere umiliati. Che il conflitto non è una minaccia, ma un’occasione di contatto autentico.

E quando inizi a riconoscere le tue emozioni, a metterle in parole vere, a osare la trasparenza… cambia tutto. Non solo nelle tue relazioni, ma anche nel modo in cui ti senti dentro. Perché ogni volta che scegli la chiarezza, stai scegliendo anche te.

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