Le esperienze corporee possono incidere sulla scelta del partner: la “cognizione incarnata”

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Per esprimere una condizione di disequilibrio emotivo o relazionale usiamo spesso metafore legate al senso di stabilità, come “mettere un piede in fallo” o “avere un piede in due scarpe”; analogamente commentiamo che un “rapporto può essere traballante” o che qualcuno può essere il bastone della vecchiaia per qualcun altro” e via dicendo.

Non si tratta solamente di modi di dire: una serie di studi che fanno capo ad un innovativo filone della psicologia, l’Intelligenza Corporea o “cognizione incarnata” ha dato prova che quando ci utilizziamo espressioni figurate come quelle illustrate si attivano, non solo le aree cerebrali linguistiche, ma anche quelle sensomotorie.

Questa constatazione ha portato a capire che se associamo ad un argomento o ad una situazione la sola componente sensoriale (una sensazione tattile, viscerale, olfattiva, ecc.) o motoria della metafora, quest’ultima viene richiamata in toto condizionando il nostro atteggiamento al riguardo.

Ad esempio, é stato dimostrato che tenere in mano una tazza calda aumenta il calore umano; mangiare qualcosa di dolce rende più “sdolcinati” o aver tenuto in mano una cosa pesante fa sì che diamo un peso (un valore) maggiore a qualcosa che stiamo valutando.

Partendo da questi presupposti, gli psicologi Amanda Forest, David Kille, Joanne Wood e Lindsay Stehouwer hanno voluto verificare se modificando il senso di equilibrio fisico fosse possibile alterare la percezione della stabilità del proprio rapporto di coppia.

Per accertarlo, i ricercatori hanno reclutato un piccolo gruppo di studenti universitari che avessero una relazione seria che durava per almeno un anno. I volontari sono stati poi assegnati in modo casuale a due diverse condizioni sperimentali: metà di loro veniva invitata a sedersi ad una scrivania solida; l’altra metà in una “postazione” sbilenca.

Tutti i soggetti, quindi, hanno compilato i questionari sulla loro vita e sulle proprie relazioni sentimentali: le domande era del tipo se si sentissero soddisfatti del partner e se ritenessero che il rapporto sarebbe durato. L’esito ha dimostrato che, a paragone con il gruppo , gli studenti che erano rimasti in “bilico” erano molto più inclini a ritenere che il loro legame fosse vacillante.

Per accertarsi che il risultato non fosse condizionato dal fatto di aver coinvolto solo giovani “rampolli”, il cui impegno nelle relazioni sentimentali poteva essere sottovalutato, i ricercatori hanno pensato di estendere lo studio anche a individui più “maturi” e sposati. Così, per la seconda parte successiva dell’esperimento, i gli psicologi hanno utilizzato un portale online per raccogliere un gruppo molto più grande e diversificata di volontari; tra cui alcuni anziani, coniugati da anni e con un rapporto stabile e monogamo.

A tutti i soggetti é stato chiesto di posizionarsi di fronte a uno schermo di computer. Qualcuno doveva farlo stando su una sola gamba, mentre gli altri poteva stare poggiati su entrambi piedi. Tenendo la posizione assegnata, i volontari hanno quindi compilato dei questionari su se stessi e sulla loro relazione di coppia; inoltre, avevano il compito di comporre una breve frase sul partner.

La stragrande maggioranza, quei volontari che si erano trovati con un equilibrio precario avevano giudicato le loro relazioni più instabile e e incerte. I loro “pensierini” suoi propri cari tendevano, poi, ad essere più “asettici” o ad esprimere lagnanze. Gli stessi autori hanno voluto verificare se quanto emerso dallo studio illustrato valesse, non solo nella valutazione della stabilità del proprio rapporto di coppia, ma anche nel giudizio espresso sulle relazioni altrui e nei criteri di scelta del partner.

Riguardo a quest’ultimo aspetto, Kille e gli altri ricercatori hanno ipotizzato che se, nel valutare un potenziale compagno, uno che avverta un disequilibrio , si senta maggiormente attratto da persone che diano un senso di stabilità rispetto a chi appaia meno più imprevedibile.

Per verificare le loro supposizioni, hanno reclutato 47 studenti universitari (25 uomini e 22 donne, di età media attorno ai 21 anni), assegnandoli in modo casuale a due condizioni: fisicamente instabile oa una condizione fisicamente stabile.

Nella condizione fisicamente instabile, i partecipanti venivano fatti sedere ad un tavolo e su una sedia che erano stati resi sbilenchi (accorciando le gambe o mettendo uno spessore sotto una di esse). Nell’altra, invece, l’arredo era ben bilanciato.

Una volta accomodati, i volontari venivano invitati a giudicare la stabilità di rapporti coniugali consolidati: per farlo sono state scelte coppie ridate come Barack e Michelle Obama, sposati da ben 19 anni e con due figli). In pratica veniva chiesto loro quale era la probabilità che la relazione si sciogliesse nei prossimi 5 anni, indicandolo su una scala da uno a sette (1 = altamente improbabile da sciogliere, 7 = estremamente probabile).

Successivamente, sempre nella stessa posizione, i partecipanti dovevano indicare le proprie preferenze riguardo ai tratti che dovrebbe possedere un partner desiderabile, scegliendo tra caratteristiche legate alla stabilità (rettitudine, lealtà, sincerità) o all’instabilità (eccentricità, indipendenza, impulsività). Il risultato ha messo in luce che chi era “in bilico” tendeva a ritenere meno solidi i legami sentimentali dei personaggi noti e preferiva nel possibile partner tratti che garantissero una maggiore stabilità.

La scelta del compagno é, comunemente intesa come un processo che riflette una valutazione di aspetti fisici, caratteriali, culturali, ecc., ma questo studio dimostra che fare una valutazione (anche di altro tipo) in condizioni fisiche disagevoli (caldo, freddo eccessivo, stanchezza, ma anche senso di disequilibrio) influenza il nostro giudizio; e questo non vale solo in relazione a questo specifico tema, ma può essere esteso a qualsiasi decisione dobbiamo prendere.

Le nostre scelte quindi non sarebbero semplicemente il risultato del modo in cui pensiamo, ma anche dello stato fisico in cui ci troviamo nel momento stesso in cui svolgiamo quella determinata attività cognitiva. La realtà non viene percepita in modo passivo ma attraverso la nostra continua attività corporea. È anche in base alla propria esperienza corporea che gli oggetti circostanti, così come le persone, possono sembrare attraenti, significativi o minacciosi.

Conclusioni. I risultati sembrerebbero confermare che le esperienze corporee possono incidere sulla percezione che abbiamo delle persone e perfino sui nostri desideri, tanto che possono guidare, o meglio motivare, la nostra idea di partner ideale.

Un suggerimento che ci danno questi studi é che la pratica di discipline come lo joga che implicano lo sviluppo di un grande controllo dell’equilibrio possono aiutare a migliorare la nostra stabilità psicologica.

A cura di Marco Pacori, psicologo psicoterapeuta
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